Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11228 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. I, 28/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 28/04/2021), n.11228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29597/2017 r.g. proposto da:

M.V., (cod. fisc. (OMISSIS)), in proprio e nella qualità

di ex socio della (OMISSIS) s.n.c. rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Valerio

Di Gravio, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in

Roma, Via Barnaba Oriani n. 85;

– ricorrente –

contro

DITTA INDIVIDUALE C.F., (cod. fisc. P. Iva (OMISSIS)),

con sede in Cerignola, alla via Napoli n. 27, in persona del legale

rappresentante pro tempore C.F., rappresentato e

difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso,

dall’Avv. Paolo Pantano, presso il cui studio è elettivamente

domiciliata in Foggia, alla Via Zezza n. 2;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.n. c (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore Dott. A.F.,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al

controricorso, dall’Avvocato Pasquale Caso, con il quale

elettivamente domicilia in Roma, alla Via Pietralata n. 320, presso

lo studio dell’Avvocato Gigliola Mazza Ricci;

– controricorrente –

contro

P.R.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, depositata in

data 9.11.2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/1/2021 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto, ai sensi della L.Fall., art. 18, da M.V. (in proprio e nella qualità di ex socio della (OMISSIS) s.n.c.) nei confronti del fallimento (OMISSIS) s.n. c e di C.F. e P.R. (rimasta contumace), avverso la sentenza dichiarativa di fallimento della predetta società emessa dal Tribunale di Foggia in data 17 febbraio 2017.

La corte del merito, per quanto qui ancora di interesse, ha ricordato che M.V. aveva proposto reclamo quale socio per l’intervenuta estensione del fallimento di una società di persone anche ai soci illimitatamente responsabili; ha inoltre osservato che le censure sollevate dal reclamante in ordine all’invalidità delle notificazioni degli atti introduttivi del giudizio prefallimentare al M. e alla impresa individuale di cui era titolare quest’ultimo erano infondate, evidenziando che: i) la notifica effettuata presso l’indirizzo di posta elettronica dell'(OMISSIS) s.n.c., come risultante dal registro delle imprese, aveva avuto esito negativo; ii) la notifica si era dunque perfezionata, presso la sede della società fallita (che coincideva con il luogo di residenza dello stesso M.), tramite la consegna a P.R., qualificatasi all’Ufficiale giudiziario incaricato della notifica, quale “moglie incaricata della ricezione degli atti”, come emergeva dalla documentazione versata in atti; iii) l’unico atto notificato in (OMISSIS), residenza della P., era quello indirizzato a quest’ultima, come emergeva sempre dalla relata di notifica; iv) la notificazione di un atto, se effettuata presso l’abitazione del destinatario mediante consegna al familiare, è assistita dalla presunzione di ricezione, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2; v) anche la moglie separata con pronuncia giudiziale di addebito al marito è considerata come persona di famiglia, posto che il rapporto di coniugio cessa solo con la pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio; vi) le relazioni di notificazione, il cui contenuto fa fede sino a querela di falso circa le attestazioni riguardanti l’attività svolta dall’ufficiale giudiziario procedente, certificavano, dunque, che le notificazioni degli atti introduttivi del giudizio prefallimentare si erano perfezionate presso l’indirizzo della sede sociale e della residenza del socio (coincidenti), tramite la consegna alla P., persona di famiglia, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2 e dunque erano da considerarsi validamente effettuate; ha dunque osservato che nessuna violazione del diritto di difesa si era consumata ai danni della ditta individuale e del socio rispetto alla domanda di fallimento presentata dal creditore C.; ha infine evidenziato come il socio reclamante non avesse neanche contestato l’esistenza del vincolo che lo legava alla compagine sociale nè i presupposti per la dichiarazione di fallimento, così risultando inevitabile il rigetto del reclamo.

2. La sentenza, pubblicata il 9.11.2017, è stata impugnata da M.V. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il Fallimento (OMISSIS) s.n. c e C.F. hanno resistito con controricorso.

Il ricorrente ed il Fallimento hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 18 per aver la corte di appello ritenuto definitiva la dichiarazione di fallimento della società. Si evidenzia che legittimato attivo a proporre reclamo L.Fall., ex art. 18 è qualsiasi interessato e dunque anche il socio della società di persone che vanta un legittimo interesse a contraddire sulla istanza di fallimento della società che comporterebbe anche il fallimento del socio illimitatamente responsabile.

2. Con il secondo mezzo si denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 15 e art. 145 c.p.c. per aver ritenuto la corte di appello valida la notificazione del ricorso per la dichiarazione di fallimento indirizzata alla società. Si evidenzia la violazione della L.Fall., art. 15, in quanto la procedura speciale di notificazione prevista da quest’ultimo articolo esclude l’applicabilità del disposto normativo di cui all’art. 145 c.p.c., sicchè l’unico soggetto legittimato a ritirare l’atto presso la sede della società era il M., quale legale rappresentante della fallenda, e non già la P., qualificatasi quale moglie addetta alla ricezione degli atti.

3. Il terzo motivo articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c. per aver la corte di appello ritenuto valida la notificazione dell’istanza di fallimento al socio attuale ricorrente. Si evidenzia che l’art. 139 c.p.c., comma 2, introduce nel nostro ordinamento processuale una presunzione di conoscibilità dell’atto se quest’ultimo è consegnato a “persona di famiglia”, con la precisazione che tale presunzione è iuris tantum e dovendosi dunque ammettere la prova contraria a carico di chi assume di non aver ricevuto l’atto, prova consistente nel dimostrare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario nella propria residenza. Si osserva ancora che la P. è coniuge legalmente separato ed è pertanto residente in luogo diverso da quello di esso ricorrente, tanto ciò è vero che la P. ricevette la notifica della stessa istanza di fallimento presso il suo domicilio, (OMISSIS), e con ciò dimostrandosi la mera occasionalità della presenza della P. nella abitazione del socio che corrispondeva anche con la sede sociale della fallita.

4. Il quarto mezzo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L.Fall., art. 10 e art. 354 c.p.c. per non aver la Corte di appello di Bari revocato il fallimento della società e, in subordine, per non aver rimesso gli atti al Tribunale di Foggia.

5. Il ricorso è infondato.

5.1 Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha interesse ad impugnare la statuizione contenuta nella sentenza impugnata relativa alla carenza di legittimazione attiva del socio illimitatamente responsabile all’impugnazione della dichiarazione di fallimento della società. Ed invero, tale statuizione non ha carattere decisorio e deve essere considerata come un mero obiter dictum all’interno della motivazione impugnata, tanto ciò è vero che la sentenza – dopo la contestata affermazione (non corretta giuridicamente) – si è pronunciata espressamente anche sulle doglianze sollevate dal socio in ordine alla declaratoria di fallimento della società (e ciò con particolare riferimento alla questione del perfezionamento della notifica degli atti introduttivi del giudizio prefallimentare alla società), così riconoscendo, correttamente, la piena legittimazione del socio illimitatamente responsabile anche all’impugnativa della dichiarazione di fallimento della società.

5.2 Il secondo motivo è invece infondato.

La doglianza non coglie nel segno, posto che – per stessa ammissione del ricorrente – la notifica del ricorso per fallimento alla società è stata eseguita, nel caso di specie, proprio nella sede della società fallenda, nelle mani di persona qualificatasi come addetta alla ricezione degli atti, con ciò dovendosi comunque ritenere perfezionata la notificazione, ai sensi del sopra richiamato L.Fall., art. 15, comma 3, dopo il tentativo infruttuoso di notificazione attraverso la pec della società fallenda.

5.3 Il terzo motivo è anch’esso infondato.

5.3.1 Sul punto, è stato affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che “In tema di notificazioni, la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139 c.p.c., non postula necessariamente nè il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – nè l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando, all’uopo, sufficiente l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo” (così, verbatim, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 21362 del 15/10/2010; v. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18085 del 25/07/2013). E’ stato altresì precisato nell’arresto da ultimo menzionato che “La notifica, quando effettuata a mezzo del servizio postale, va considerata rituale, ai sensi della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, comma 2 ove l’agente postale abbia consegnato il plico a persona di famiglia (nella specie, al coniuge separato), qualora risulti la presenza consuetudinaria e non occasionale della stessa presso l’abitazione del destinatario, accertata dal giudice di merito” (v. anche: n. 24852 del 2006; n. 22607 del 2009). In realtà, la giurisprudenza ha ritenuto sussistente il vincolo presuntivo di cui all’art. 139 c.p.c., comma 2 ritenendo che la notificazione mediante consegna a persona di famiglia richiede che l’atto da notificare sia consegnato a persona che, pur non avendo uno stabile rapporto di convivenza con il notificando, sia a lui legato da vincolo di parentela, che giustifichi la presunzione di sollecita consegna; presunzione superabile da parte del notificando, che assuma di non avere ricevuto l’atto, con la dimostrazione della presenza occasionale e temporanea del familiare consegnatario (così le pronunce n. 187/2000, 5671/1997, 7371997). Ma se tale è la formula adottata, è anche palese che il testo non impone alcuna indicazione, nella formula notificatoria, della convivenza, posto che, come più volte da questa Corte precisato, viene instaurata la presunzione della convivenza temporanea del familiare nella abitazione del destinatario per il solo fatto che detto familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l’atto (cfr.: Cass. 1843/98 – 7544/97 – 615/95 – 6100/942348/94), presunzione certamente superabile da prova contraria fornita dall’interessato (e ad oggetto la carenza di alcuna pur temporanea convivenza) e sulla quale il legislatore ha fondato l’ulteriore presunzione normativa, quella di consegna immediata dell’atto al suo destinatario da parte del ridetto familiare.

5.3.2 Ne consegue che occorre in primis affermare la qualità di “persona di famiglia” della P., quale coniuge del M., anche se separata con pronuncia giudiziale e residente altrove, posto che il rapporto di coniugio cessa solo con la pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (cfr. Cass. 18085/2013).

5.3.2 Ciò posto, risulta evidente come la parte oggi ricorrente sia venuta meno all’onere di dimostrare il carattere solo occasionale della presenza del consegnatario (moglie separata) in casa propria, non rilevando a tal fine le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo che attestino una diversa residenza del coniuge non convivente del destinatario della notificazione. Invero, emerge dalla lettura della sentenza impugnata che la prova testimoniale articolata dal ricorrente vertesse solo sulla veridicità dell’attestazione contenuta nella relata in relazione al luogo della ricezione della notifica, profilo quest’ultimo da contestare solo attraverso la presentazione della querela di falso, non avendo il ricorrente articolato altra prova diretta invece a dimostrare, come era suo onere, il carattere occasionale della presenza del consegnatario in casa propria.

5.3.3 A ciò va aggiunto che – in senso contrario a quanto affermato (e non provato) dal ricorrente, e cioè nel senso della dimostrazione della non “occasionalità” della presenza della P. nella residenza del coniuge separato – depone l’ulteriore circostanza fattuale, neanche controversa tra le parti, secondo cui, nella relata di notificazione dell’ufficiale giudiziario la P. si era dichiarata come “incaricata della ricezione degli atti” presso la residenza dell’altro socio (v. anche folio 4 della sentenza impugnata), residenza che coincide – è il caso di sottolinearlo – con la sede della società fallenda, con ciò dimostrandosi uno stabile vincolo tra la presenza della P. (socia e “incaricata della ricezione degli atti”) e la residenza anagrafica dell’altro socio, coniuge ormai separato dalla P..

5.4 Il quarto motivo è assorbito.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da separato dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per i compensi, in favore della Ditta individuale C.F. in Euro 5.600 e in favore del Fallimento (OMISSIS) s.n. c in Euro 7.200, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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