Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11227 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. I, 28/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 28/04/2021), n.11227

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9298/2016 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via R. Grazioli

Lante n. 16, presso lo studio dell’avvocato Bonaiuti Paolo,

rappresentato e difeso dall’avvocato Nicolini Antonio, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Me.De., elettivamente domiciliata in Roma, Via F. S. Nitti n.

11, presso lo studio dell’avvocato Gallo Gaia Lucilla, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Canino Giovanni,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per la lotta

alla contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8/2016 della COMMISSIONE dei RICORSI contro i

PROVVEDIMENTI dell’UFFICIO ITALIANO BREVETTI E MARCHI di ROMA,

depositata il 02/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E’ proposto ricorso, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso la sentenza n. 8 del 2016 della “Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi”, che ha respinto il ricorso proposto da M.M., volto all’annullamento del provvedimento comunicato in data 11 luglio 2014, con il quale è stata annullata la precedente registrazione del marchio “(OMISSIS)”, in quanto riproducente un nome notorio in campo artistico e rilasciato senza il consenso previsto dal D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 8, comma 3.

L’intimata si difende con controricorso.

Il ricorrente ha depositato anche la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 21-nonies in tema di annullamento d’ufficio, in quanto, nella specie, non si è trattato dell’annullamento in autotutela del provvedimento, ma di opposizione, dal momento che difettano i requisiti della prima, quali le ragioni di interesse pubblico, la comparazione degli interessi ed il decorso di un termine ragionevole; il provvedimento dell’U.I.B.M. fu preso, inoltre, su sollecitazione degli eredi del cantante non notificata ai controinteressati, nè risulta considerato un interesse pubblico all’annullamento in autotutela o l’elemento temporale, essendo ormai trascorsi circa 22 mesi dalla registrazione.

Con il secondo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 176 in quanto non avrebbe potuto essere accolta l’opposizione alla registrazione del marchio, in mancanza di un ricorso che formalmente la proponesse.

2. – La sentenza impugnata ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che: a) con il provvedimento dell’11 luglio 2014, su denunzia di alcuni eredi, fu comunicato l’annullamento della registrazione del marchio “(OMISSIS)”, in quanto riproducente un nome notorio in campo artistico e rilasciato senza il consenso previsto dal D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 8, comma 3; b) in tal modo, è stato posto in essere un provvedimento d’ufficio di annullamento della registrazione, avvenuta irregolarmente in mancanza del consenso dell’avente diritto, a norma della disposizione richiamata; c) quando l’U.I.B.M. rilevi l’illegittimità di una registrazione, sia pure su segnalazione di terzi, non è precluso ad essa di provvedere, alla stregua delle norme generali del procedimento amministrativo, all’annullamento d’ufficio in autotutela, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21-nonies a seguito dell’adeguata ponderazione dell’interesse leso, in rapporto all’insieme degli interessi coinvolti; potere discrezionale che non è limitato per la mera esistenza del procedimento di opposizione alla registrazione D.Lgs. n. 30 del 2005, ex artt. 176 e ss.; d) sebbene sia mancato l’avviso L. n. 241 del 1990, ex art. 7 la natura vincolata del provvedimento non lo avrebbe potuto rendere diverso, atteso l’agganciamento indebito del marchio contestato a nome notorio e, nella parte grafica, alla sua fisionomia, estremamente palese, con perpetrata usurpazione del nome notorio altrui; e) restano assorbite le censure concernenti il procedimento di opposizione alla registrazione del marchio, nella specie non esperito.

3. – Occorre preliminarmente ricordare come il carattere giurisdizionale delle decisioni della Commissione ricorsi comporti che le stesse siano suscettibili di impugnazione per violazione di legge o per difetto di giurisdizione, ai sensi dell’art. 111 Cost., con esclusione del ricorso per questioni di fatto (Cass. 14 novembre 2008, n. 27229; e già Cass. n. 3444/73; n. 3169/81; n. 3133/92, n. 784/93).

4. – Ciò posto, il primo motivo è infondato.

Non ha pregio l’assunto di negare la qualificazione di autoannullamento d’ufficio, attribuita condivisibilmente dalla sentenza impugnata al provvedimento ivi censurato: di tale qualificazione, invero, la Commissione ricorsi ha dato adeguata motivazione, senza che essa sia in nessun modo validamente attaccata dal motivo.

Si è, infatti, rilevato come, in assenza di disposizioni di segno contrario, sussista il generale potere della p.a. di agire a tutela dell’interesse pubblico, anche rivedendo sue precedenti determinazioni, attraverso l’esercizio del potere di autotutela rispetto all’atto di primo grado, il quale può essere, a seconda dei casi, revocato ex nunc oppure annullato ex tunc.

In particolare, al fine dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio si richiede la previa valutazione dell’eventuale prevalente interesse a riconsiderare la decisione, in quanto esista un provvedimento illegittimo e la contestuale sussistenza dell’interesse pubblico al ritiro del provvedimento, esercitando in tal caso la p.a. un potere volto al perseguimento dell’interesse generale alla correttezza e liceità dei marchi registrati. L’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo consiste, invero, nell’esigenza che questo cessi di produrre i suoi effetti, siccome confliggenti, in concreto, con la protezione attuale di valori pubblici specifici, all’esito di un giudizio comparativo in cui questi ultimi vengono motivatamente giudicati maggiormente preganti di (e prevalenti su) quello privato alla conservazione dell’utilità prodotta da un atto illegittimo (cfr., es., Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2017, n. 4626; Cons. Stato, sez. VI, 27 gennaio 2017, n. 341).

Peraltro, nella specie, il ricorso difetta di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., in quanto esso non riporta la motivazione del provvedimento di annullamento, da cui possa trarsi la fondatezza della censura di qualificazione erronea, asseritamente operata dalla Commissione ricorsi.

Anche la censura relativa al lasso temporale, trascorso prima dell’esercizio di tale potere, non ha pregio: ciò, sia perchè lo stesso giudice amministrativo ha chiarito che, con riferimento al termine di 18 mesi previsto dalla L. n. 241 del 1990, art. 21-nonies per l’esercizio del potere di autotutela, detta norma si interpreta nel senso che il superamento del rigido termine di diciotto mesi, entro il quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, è consentito, fra l’altro, quando l'(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti del primo provvedimento risulti imputabile allo stesso richiedente, nel qual caso non sarebbe ragionevole pretendere dalla amministrazione il rispetto di tempi stringenti nella gestione della iniziativa in autotutela, dovendosi far capo al canone di ragionevolezza per apprezzare e gestire la confliggente correlazione tra gli opposti interessi in gioco (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 febbraio 2019, n. 849); sia perchè, in concreto, nell’economia dello sfruttamento di un simile marchio non potrebbe dirsi irragionevolmente ponderato l’interesse a porne nel nulla la registrazione, avvenuta usurpando un nome notorio, senza il consenso degli aventi diritto.

Nè è vietato alla p.a. di attivarsi dietro un esposto o una denuncia, procedendo poi all’annullamento di un determinato provvedimento amministrativo, che resta effettuato nell’esercizio del potere di autotutela e costituisce un provvedimento d’ufficio, emesso per il raggiungimento di finalità di pubblico interesse (tanto che l’autore di un esposto-denuncia non assume per ciò solo le vesti di contro interessato: Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2016, n. 399, ed altre).

Ed il potere di autotutela trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità, buon andamento, cui deve essere improntata l’attività della p.a. (Cons. Stato, sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3659), mentre in varie occasioni si è osservato che l’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio di un provvedimento seriamente illegittimo possa individuarsi, in taluni casi eclatanti, in re ipsa e non richieda specifica motivazione (fra le altre, Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2012, n. 4007).

5. – Il secondo motivo è inammissibile, in quanto deduce la violazione di una disposizione di legge – il D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 176 – che non è stata applicata dalla sentenza impugnata.

6. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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