Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11221 del 07/05/2010
Cassazione civile sez. I, 07/05/2010, (ud. 24/06/2009, dep. 07/05/2010), n.11221
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Presidente –
Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –
Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –
Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 8033/2006 proposto da:
D.V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.
MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato TOBIA Gianfranco, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati PIZZORNI PIER GIORGIO,
STURLESE RICCARDO, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 274/04 V.G. della CORTE D’APPELLO di TORINO del
9/02/05, depositato il 14/02/2005;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
24/06/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RICCARDO FUZIO che ha concluso visto l’art. 375 c.p.c., per
l’accoglimento del terzo e quarto motivo di ricorso e per il rigetto
degli altri, con le conseguenze di legge.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La corte d’appello di Torino, con decreto del 14 febbraio 2005, ha condannato il Ministero della giustizia al pagamento di Euro 750,00, a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata del fallimento di D.V.C., dichiarato dal tribunale di La Spezia l’11 gennaio 1990 ancora pendente alla data di presentazione del ricorso ex L. n. 89 del 2001, in data 5 novembre 2004. La corte d’appello, ritenendo ragionevole, in relazione all’oggetto del procedimento nel corso del quale sono state presentate circa milleseicento domande di ammissione al passivo, si è dovuto procedere alla vendita di quote indivise di proprietà immobiliare e sono state promosse diverse cause, una durata di sette anni e quindi irragionevole l’ulteriore durata di circa otto anni ha liquidato in favore del D.V. la somma complessiva di Euro 750,00.
Per la cassazione di tale decreto il D.V. ha proposto ricorso per cassazione, illustrato con memoria, al quale resiste con controricorso il Ministero della giustizia.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deducendo diversi profili di violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 e dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla giurisprudenza di Strasburgo, nonchè vizi di motivazione, le ricorrenti lamentano che la corte territoriale:
1) abbia determinato la durata irragionevole in soli otto anni;
2) abbia quantificato il danno patrimoniale in maniera incongrua;
3) abbia omesso di applicare i parametri di liquidazione normalmente seguiti dalla corte di Strasburgo per la liquidazione dell’indennizzo;
2. Il primo motivo non è fondato perchè la corte d’appello ha adeguatamente motivato, con riferimento alla peculiarità del procedimento, lo scostamento dal parametro dei tre anni di durata dell’ordinario procedimento contenzioso.
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto la corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi seguiti da questa Corte in tema di danni patrimoniale da irragionevole durata del processo.
3. E’ manifestamente fondato, nei limiti di cui in motivazione, il terzo motivo.
La corte d’appello si è discostata in modo palesemente irragionevole dai parametri seguiti dalla giurisprudenza di Strasburgo, liquidando un indennizzo di Euro 95,00 per anno di ritardo.
4. Accolto il ricorso, nei sensi di cui in motivazione può procedersi alla decisione nel merito del ricorso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatto essendo richiesto. Infatti, la liquidazione dell’equa riparazione può essere effettuata applicando lo standard minimo di Euro 1.000,00 per anno di ritardo pari a complessivi Euro 8.000,00. Le spese seguono la soccombenza, tenendo presente, per quanto riguarda il giudizio di legittimità, dell’esito largamente favorevole al ricorrente.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e decidendo ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna il Ministero della giustizia al pagamento di Euro 8.000,00 in favore del ricorrente con gli interessi dalla domanda; condanna l’amministrazione convenuta al pagamento delle spese del giudizio di merito nella misura di Euro 1.412,00 (di cui Euro 100 per esborsi, Euro 412,00 per diritti ed Euro 900,00 per onorari) e di quelle del giudizio di legittimità in Euro 1.600,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre alle spese generali e agli accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura unificata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 24 giugno 2009.
Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010