Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11220 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. I, 28/04/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 28/04/2021), n.11220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21713/2017 proposto da:

C.L., in proprio e personalmente quale titolare dell’omonima

ditta individuale, Autogamma S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in Roma, Viale

dei Misenati n. 50 (Lido di Ostia), presso lo studio dell’avvocato

Palomba Paola, rappresentati e difesi dall’avvocato Santinon

Federica, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del curatore Dott.

T.G., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza della Libertà n.

20, presso lo studio dell’avvocato Reytani Vincenzo Antonio, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 963/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

pubblicata il 09/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 dal cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza depositata il 9.07.2017, ha rigettato l’appello proposto da C.L. e da Autogamma s.r.l., di cui C. è legale rappresentante, avverso la sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda L.Fall., ex art. 67, comma 1, n. 2 svolta dal Fallimento (OMISSIS) s.r.l., aveva dichiarato inefficaci gli atti con i quali la società poi fallita, nel c.d. periodo sospetto, aveva ceduto agli appellanti una serie di beni di sua proprietà (condizionatori, mobilia, un furgone Fiat Ducato) in luogo dei pagamenti dovuti al C. a titolo di canoni di locazione

La corte del merito, preso atto che non era in contestazione che le cessioni integrassero atti anomali di pagamento, ha escluso che i cessionari avessero fornito la prova della loro inscientia decoctionis, secondo quanto richiesto dalla L.Fall., art. 67, comma 1 comma cit., stante la palese inconsistenza degli elementi addotti a riguardo (inidoneità del mancato pagamento dei canoni di locazione ad assurgere ad indice di insolvenza; diversità del settore commerciale in cui opera l’impresa di C.; “insignificanza” economica dei beni ceduti, che si trovavano all’interno del capannone locato ed erano stati lì volontariamente lasciati dalla conduttrice).

C.L. e Autogamma s.r.l. hanno proposto ricorso congiunto per la cassazione della sentenza, affidato ad unico motivo, cui il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo, che denuncia in rubrica la violazione della L.Fall., art. 67, comma 1, n. 2, il vizio di inesistenza della motivazione e l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, i ricorrenti lamentano che la corte del merito abbia escluso che essi avessero fornito prova idonea a vincere la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza gravante sul creditore che accetti beni in luogo del pagamento.

Assumono che, sul punto, la motivazione del giudice d’appello è totalmente mancante e, in ogni caso, erronea, sia perchè il ritardato pagamento dei canoni di locazione non poteva assurgere a prova della scientia decoctionis, ma integrava un mero segnale di crisi di (OMISSIS) – tanto più che i ritardi si erano già verificati in passato – sia perchè non sarebbe stato considerato che essi non avevano mai intrattenuto rapporti commerciali con la fallita, operante in un diverso settore merceologico, che i beni loro ceduti avevano un insignificante valore economico (ed anzi la rimozione dei condizionatori avrebbe danneggiato le pareti del capannone oggetto di locazione) e che la conduttrice non era destinataria di atti esecutivi: circostanze, queste, tutte idonee ad integrare la prova contraria richiesta dalla L.Fall., art. 67, comma 1, n. 2, che può essere offerta anche attraverso presunzioni.

2. Il motivo, in parte infondato e in parte inammissibile, deve essere respinto.

La corte d’appello ha ampiamente motivato la propria decisione, rilevando in diritto come, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’onere della prova contraria, gravante sul convenuto in revocatoria ai sensi della L.Fall., art. 67, comma 1, non ha contenuto meramente negativo, e non può quindi essere assolto con la sola dimostrazione dell’assenza di circostanze idonee ad evidenziare lo stato d’insolvenza del debitore, occorrendo invece la positiva dimostrazione che, nel momento in cui è stato posto in essere l’atto revocabile, sussistessero circostanze tali da fare ritenere ad una persona di ordinaria prudenza ed avvedutezza che l’imprenditore si trovava in una situazione di normale esercizio dell’impresa; accertando poi in fatto che nessuno degli elementi (debitamente elencati ed esaminati) allegati dai ricorrenti a sostegno dell’affermata propria inscientia decoctionis poteva valere ad assolvere all’onere probatorio richiesto.

Esclusa dunque la ricorrenza del vizio processuale di cui all’art. 132 c.p.c., comma 4, va osservato che per il resto il motivo, lungi dall’illustrare in qual modo il giudice a quo abbia violato il disposto della L.Fall., art. 67, comma 1, si risolve nella denuncia di un vizio di motivazione ed è pertanto inammissibile (prima ancora che perchè privo dell’indicazione delle circostanze decisive omesse e perchè volto ad ottenere da questa Corte una valutazione delle risultanze istruttorie difforme da quella operata dal giudice del merito)- ai sensi del comb. disp. dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5 che, in ipotesi, quale quella di specie, di c.d. doppia conforme, escludono che la sentenza d’appello possa essere impugnata in cassazione sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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