Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11220 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. I, 07/05/2010, (ud. 24/06/2009, dep. 07/05/2010), n.11220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5997/2006 proposto da:

D.P. familiare di S.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi (avviso postale Centro

Direzionale G1 – 80143 Napoli), giusta mandato a margine del ricorso,

nonchè l’avv. M.A.L. in proprio quale antistatario

delle spese liquidate;

– ricorrenti –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto n. 1464/04 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

17.12.04, depositato l’8/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/06/2009 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE SALME’;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Libertino Alberto RUSSO che ha concluso visto l’art. 375 c.p.c., per

l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso per manifesta

fondatezza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La corte d’appello di Napoli, con decreto dell’8 febbraio 2005 ha condannato la Presidenza del consiglio dei ministri al pagamento di Euro 750,00 a titolo di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo (avente ad oggetto la richiesta di contributo assistenziale regionale per i portatori di handicap) introdotto da D.P. innanzi al t.a.r. Campania con ricorso dell’11 aprile 2000 e non ancora deciso al 10 dicembre 2004, ritenendo irragionevole, in relazione alla materia e alla questioni all’esame del giudice, il periodo eccedente la durata di tre anni, pari a un anno e sei mesi e liquidando equitativamente in Euro 500,00 l’anno l’indennizzo per danni non patrimoniali e non liquidando le spese processuali per essere rimasta contumace la Presidenza del Consiglio.

Per la cassazione di tale decreto l’interessata ha proposto ricorso per cassazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deducendo diversi profili di violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla giurisprudenza di Strasburgo, nonchè vizi di motivazione, la ricorrente lamenta che la corte territoriale:

1) abbia determinato in tre anni, invece che in due la durata ragionevole del processo;

2) abbia individuato l’inizio della decorrenza del termine di durata del processo dal deposito dell’istanza di prelievo, invece che da quello della notifica del ricorso;

3) abbia omesso di applicare i parametri di liquidazione normalmente seguiti dalla corte di Strasburgo per la liquidazione dell’indennizzo;

4) abbia omesso di pronunciare la condanna dell’amministrazione soccombente alle spese.

2. Il primo motivo non è fondato perchè la corte d’appello ha esattamente determinato in tre anni la durata ragionevole del processo in conformità con i parametri normalmente seguiti dalla giurisprudenza di Strasburgo.

.3. Sono fondati, nei limiti di cui in motivazione gli altri motivi.

Come è stato affermato dalle sezioni unite, con sentenza n. 28507 del 2005, in adesione all’orientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza della corte di Strasburgo, la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo va riscontrata, anche per le cause proposte davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo di tempo decorso dall’instaurazione del procedimento, senza che su di esso possa incidere la mancata o ritardata presentazione dell’istanza di prelievo. Infatti la presenza di strumenti sollecitatori non sospende nè differisce il dovere dello Stato di pronunciare sulla domanda, nè implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento dell’entità del lamentato pregiudizio.

Fondata è anche la censura con la quale si denuncia che la corte territoriale, liquidando un indennizzo di Euro 500,00 per anno di ritardo, si sia discostata in modo irragionevole dai parametri con i quali la corte europea liquida l’indennizzo stesso, non essendo tra l’altro convincente nella specie il ricorso al criterio dell’entità della “posta in gioco”, utilizzato senza che sia rapportato alle qualità soggettive del ricorrente.

Fondato è anche il motivo con il quale si lamenta l’omessa condanna al pagamento delle spese perchè la contumacia del convenuto non è d’ostacolo all’applicazione del principio della soccombenza. Nè può ritenersi che l’azione di cui alla L. n. 89 del 2001 abbia natura di azione costitutiva necessaria, sull’esito della quale non abbia alcun rilievo, come causa della soccombenza, il comportamento stragiudiziale della parte. Infatti il privato svolge una normale azione di condanna al pagamento di una somma di denaro, che ben può essere evitata dall’amministrazione convenuta accogliendo la richiesta dell’attore e applicando i parametri normalmente usati dalla corte di Strasburgo.

5. Accolto il ricorso, nei sensi di cui in motivazione può procedersi alla decisione nel merito del ricorso ai sensi dell’art. 384 c.p.c., nessun accertamento di fatto essendo richiesto. Infatti, la liquidazione dell’equa riparazione può essere effettuata sulla base di un ritardo da quantificare in un anno e otto mesi, decorrenti dalla notifica del ricorso davanti al T.a.r., e applicando uno standard minimo di Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per gli anni successivi e, pertanto, si deve riconoscere all’istante un indennizzo complessivo pari a Euro 1.250,00, con gli interessi dalla data della domanda.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, mentre vanno liquidate interamente quelle del giudizio di merito, attesa la parziale soccombenza della ricorrente, possono compensarsi sino alla metà quelle del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa il decreto impugnato e decidendo ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna la Presidenza del consiglio dei ministri al pagamento di Euro 1.250,00 in favore della ricorrente, con gli interessi dalla data della domanda; condanna l’amministrazione convenuta al pagamento delle spese del giudizio di merito nella misura di Euro 100,00 per esborsi, Euro 313,00 per diritti ed Euro 420,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori, come per legge; compensa fino alla metà le spese di questo giudizio e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della restante metà, che liquida in Euro 450,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi), oltre alle spese generali e agli accessori come per legge; le spese liquidate per il giudizio di merito e per quello di legittimità dovranno essere distratte in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, che si dichiara antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della struttura unificata per l’esame preliminare dei ricorsi, Sezione Prima Civile, il 24 giugno 2009.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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