Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11218 del 31/05/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 11218 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CIGNA MARIO

ORDINANZA
sul ricorso 8052-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –

COMUNE DI BELLAGIO, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO SOMALIA 67, presso
Io studio dell’avvocato RITA GRADARA, che 1() rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NADIA RESTIVO, giusta procura a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

5384

Data pubblicazione: 31/05/2016

avverso la sentenza n. 4661/27/2014 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 27/06/2014,
depositata il 18/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA;

che si riporta ai motivi, chiedendo in caso di soccombenza spese
compensate.
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza con la
quale la Commissione Tributaria Regionale, rigettando l’appello
principale dell’Uffici() e dichiarando inammissibile quello incidentale
del contribuente, ha confermato la decisione di primo grado con la
quale la CTP aveva accolto il ricorso proposto dal Comune di Bellagio
avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Ufficio alla richiesta di rimborso
della tassa sulle concessioni governative pagata dal Comune dal 2007 al
2010 per utenze telefoniche ad esso intestate; la CTR, in particolare, ha
evidenziato che il nuovo codice delle Telecomunicazioni (d.lgs
259/2003), in applicazione della normativa comunitaria, aveva
introdotto il principio della liberalizzazione della fornitura dei servizi di
telecomunicazioni, abrogando il precedente ordinamento a carattere
concessorio; di conseguenza, doveva ritenersi abrogato l’art. 318 del
dpr 156/73, che prevedeva la licenza governativa di esercizio per le
stazioni radiomobili, con ciò venendo meno il presupposto stesso per
l’applicazione della tassa di concessione governativa (tributo che lo
Stato impone ai beneficiari di determinati provvedimenti
amministrativi, quali autorizzazioni, concessioni e licenze); la stessa
CTR ha, inoltre, precisato che i Comuni, costituendo “la Repubblica al
pari di province, Città Metropolitane, Regioni e Stato”, sono
comunque esenti dalla tassa in questione.
Ric. 2015 n. 08052 sez. MT – ucl. 06-04-2016
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udito l’Avvocato RITA GRADARA, difensore del controticorrente,

Il contribuente resiste, proponendo anche “ricorso incidentale”.
Con il primo e secondo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex
art. 360 n. 3 cpc- la violazione e falsa applicazione di specifiche
disposizioni di legge, sostiene che, nonostante il su menzionato codice
delle telecomunicazioni abbia liberalizzato il settore abbandonando il

regime concessorio, la fornitura di servizi di comunicazione elettronica
resta comunque soggetta ad una disciplina autorizzatoria (primo
motivo), e che nessuna esenzione è prevista per i Comuni dal dpr
641/72 (secondo motivo).
Il Comune chiede che venga sollevata questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2, comma 4, d.l. 4/2014, conv. in L. 50/2014.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi,
sono fondati, con assorbimento del “ricorso incidentale”.
Questa Corte ha, invero, chiarito che “in tema di radiofonia mobile,
l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera
dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno
l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa
di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in
quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del digs. n, 259
cit. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma
interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014,
n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la
nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio
radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di
regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”,
risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs.
259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE,
cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la
messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della
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direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio,
operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art.
160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del
medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni
non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque,

ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la
disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni
incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGCE, 12 dicembre
2013 in C-335/2013)” (Cass sez. unite 9560/2014, che ha anche
precisato che “in tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti
al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici
cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13
bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore
dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione
fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2,
d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’inesistenza di una generalizzata
assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità
presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata)
legislativa”); in senso conforme, Cass. 26386/2014, che, nel ribadire la
natura interpretativa e la conseguente retroattività dell’ art. 2, comma 4,
L. n. 4 del 2014, ha confermato anche la compatibilità delle dette
disposizioni con la disciplina comunitaria di settore e la manifesta
infondatezza di sollevati dubbi di costituzionalità (dubbi riproposti
anche nel presente “controricorso e ricorso incidentale”).
Va ancora evidenziato che, in epoca successiva, la Corte di Giustizia
UE, con la sentenza del 17 settembre 2015, causa C – 416/14, ha
ritenuto che la disciplina VE va interpretata nel senso che non osta a

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neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in

una normativa nazionale relativa all’applicazione di una tassa, quale la
tassa di concessione governativa, in forza della quale l’impiego di
apparecchiature terminali per il servizio radiomobile terrestre, nel
contesto di un contratto di abbonamento, è assoggettato a
un’autorizzazione generale o a una licenza nonché al pagamento di

la licenza o l’autorizzazione generale e, pertanto, non occorre alcun
intervento dell’amministrazione al riguardo; in tale contesto, è stato poi
aggiunto che l’articolo 20 della direttiva 2002/22/CE, come modificata
dalla direttiva 2009/136/CE, e l’articolo 8 della direttiva 1999/5/CEE
vanno interpretati nel senso che non ostano, ai fini dell’applicazione di
una tassa quale la tassa di concessione governativa, all’equiparazione a
un’autorizzazione generale o a una licenza di stazione radioelettrica di
un contratto di abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che
deve peraltro precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e
l’omologazione di cui è stato oggetto.
Inoltre, secondo la Corte, il quadro

comunitario,

unitamente

all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
va interpretato nel senso che non osta a un trattamento differenziato
degli utenti di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile
terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un contratto di
abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali servizi in
forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al quale
solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come quella
che istituisce la tassa di concessione governativa.
Alla luce di tali considerazioni, pertanto„ in accoglimento del ricorso
principale (assorbito quello incidentale), va cassata l’impugnata
sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la

Ric, 2015 n. 08052 sez. MT – ud. 06-04-2016
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detta tassa, in quanto il contratto di abbonamento sostituisce di per sé

causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del
contribuente.
In considerazione del solo recente intervento, da un lato, delle Sezioni
Unite di questa Corte e, dall’altra, della Corte di Giustizia, vanno

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale; assorbito quello incidentale; cassa
l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo del contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese
di lite dell’intero E, dizio.
C ì ec

4 in R a il 6-4-2015
Presidente
dott. Nlarc

Iacobellis

compensate integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero

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