Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11214 del 31/05/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 11214 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 5070-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
COMUNE di SAMARATE;
– intimato –

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Data pubblicazione: 31/05/2016

avverso la sentenza ti. 141/11/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 20/09/2016,
depositata il 14/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
06/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA;

riporta ai motivi scritti.
SVOLGIMENTO DF,L PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a due motivi, per la
cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria
Regionale Lombardia, nel rigettare l’appello dell’Ufficio, ha
confermato la decisione di primo grado con la quale la CTP di Varese
aveva accolto il ricorso proposto dal Comune di Samarate avverso il
silenzio-rifiuto opposto dall’Ufficio alla richiesta di rimborso della
tassa sulle concessioni governative pagata dal Comune dal 2006 al 2010
per utenze telefoniche ad esso intestate; la CTR, in particolare, ha
evidenziato che il nuovo codice delle Telecomunicazioni (d.lgs
259/2003) aveva introdotto il principio della liberalizzazione della
fornitura dei servizi di telecomunicazioni, abrogando il precedente
ordinamento a carattere concesso rio e, in particolare, l’art. 318 del dpr
156/73, che prevedeva la licenza governativa di esercizio per le
stazioni radiamobili, con ciò venendo meno il presupposto stesso per
l’applicazione della tassa di concessione governativa.
Il contribuente non resiste.
La causa, chiamata all’udienza del 4/02/2015, è stata rinviata a N.R. in
attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia UE sulla questione
di coerenza con il diritto comunitario della tassa in questione.
Quindi la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 6/4/2016.

Ric. 2014 n. 05070 sei. MT – urt. 06-04-2016
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udito l’Avvocato Stefano Varone difensore della ricorrente che si

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3
cpc- la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 dpr 641/1972 e 21
tariffa annessa, anche in combinato con l’art. 25 e 160 d.lgs 259/2003,
con il d.m. 33/90, con l’art. 1,cornma 203, L. 244/2007, con l’art. 3

telecomunicazioni abbia liberalizzato il settore abbandonando il regime
concessorio, la fornitura di servizi di comunicazione elettronica restava
comunque soggetta ad una disciplina autorizzatoria.
Con il secondo motivo l’Agenzia, denunziando —ex art. 360 n. 3 cpcviolazione e falsa applicazione di specifiche disposizioni di legge,
sostiene che nessuna esenzione è prevista per i Comuni dal dpr
641/72.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto correlati, sono
fondati.
Questa Corte ha, invero, chiarito che “in tema di radiofonia mobile,
l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera
dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259, non ha fatto venire meno
rassoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa
di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in
quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259
cit. Va, infatti, esclusa – come anche desurnibik dalla norma
interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del dl. 24 gennaio 2014,
n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la
nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio
radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di
regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”,
risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs.
259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva
Ric. 2014 n. 0070 sez. MT – ud. 06-04-2016
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2002/20/CE,

d.1.151/91 e 28 d.m. 484/88, sostiene che, nonostante il codice delle

cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la
messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della
direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio,
operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art.
160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del

non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque,
neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in
ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la
disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni
incompatibilità affermata dalla Corte di giustizia (CGC1-.:,, 12 dicembre
2013 in C-335/2013)” (Cass. sez. unite 9560/2014, che ha anche
precisato che “in tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti
al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici
cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13
bis, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, a favore
dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione
fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2,
d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, l’inesistenza di una generalizzata
assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità
presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata)
legislativa”); in senso conforme, Cass. 26386/2014, che, nel ribadire la
natura interpretativa e la conseguente retroattività dell’ art. 2, comma 4,
L. n. 4 del 2014, ha confermato anche la compatibilità delle dette
disposizioni con la disciplina comunitaria di settore e la manifesta
infondatezza di sollevati dubbi di costituzionalità.
Da ultimo la Corte di Giustizia UE, con la sentenza del 17 settembre
2015, causa C – 416/14, ha ritenuto che la disciplina UE va interpretata

Ric. 2014 n. 05070 sez. MT – ud. 06-04-2016
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medesimo d.lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni

nel senso che non osta a una normativa nazionale relativa
all’applicazione di una tassa, quale la tassa di concessione governativa,
in forza della quale l’impiego di apparecchiature terminali per il
servizio radiomobile terrestre, nel contesto di un contratto di
abbonamento, è assoggettato a un’autorizzazione generale o a una

abbonamento sostituisce di per sé la licenza o l’autorizzazione generale
e, pertanto, non occorre alcun intervento dell’amministrazione al
riguardo; in tale contesto, è stato poi aggiunto che l’articolo 20 della
direttiva 2002/22/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE,

e l’articolo 8 della direttiva 1999/5/CEE vanno interpretati nel senso
che non ostano, ai fini dell’applicazione di una tassa quale la tassa di
concessione governativa, all’equiparazione a un’autorizzazione generale
o a una licenza di stazione radioelettrica di un contratto di
abbonamento a un servizio di telefonia mobile, che deve peraltro
precisare il tipo di apparato terminale di cui si tratta e l’omologazione
di cui è stato oggetto. Inoltre, secondo la Corte, il quadro comunitario,
unitamente all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, va interpretato nel senso che non osta a un
trattamento differenziato degli utenti di apparecchiature terminali per il
servizio radiomobile terrestre, a seconda che essi sottoscrivano un
contratto di abbonamento a servizi di telefonia mobile o acquistino tali
servizi in forma di carte prepagate eventualmente ricaricabili, in base al
quale solo i primi sono assoggettati a una normativa nazionale come
quella che istituisce la tassa di concessione governativa.
Alla luce di tali considerazioni , pertanto, in accoglimento del ricorso,
va cassata l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384 cpc, con
il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Ric. 2014 n. 05070 sez. MT – ud. 06-04-2016
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licenza nonché al pagamento di detta tassa, in quanto il contratto di

In considerazione dei solo recenti su citati interventi giurisprudenziali,
si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti
le spese dei gradi di merito ed irripetibili quelle del presente giudizio di
legittimità.
P. Q. M.

nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; dichiara
compensate tra le parti le spese dei gradi di merito ed irripetibili quelle
del presente giudizio di legittimità.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo

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