Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11210 del 11/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 11/06/2020), n.11210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28803-2019 proposto da:

T.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ELEONORA

DUSE 35, presso lo studio dell’avvocato STEFANO PANTALANI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA CARMELA MANZELLA;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

GIAMBATTISTA RANDO, FRANCESCA RANDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 617/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 21/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. T.C. ricorre in cassazione con due motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia pubblicata il 21.02.2019 che statuendo sull’impugnazione proposta da B.M. avverso la sentenza del Tribunale di Vicenza – la quale, accolta la domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dai coniugi T. e B., determinava in Euro 460,00 mensili l’importo dell’assegno al mantenimento della figlia minore, M., fissato a carico del padre – rideterminava l’assegno di contributo al mantenimento della figlia nella somma di Euro 370,00 mensili.

2. B.M. resiste con controricorso.

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alle norme che determinano il concorso al mantenimento dei figli in carico ai genitori in misura proporzionale ai redditi, l’onere della prova ed il libero convincimento del giudice nella valutazione delle prove, oltre che l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, quale sarebbe stata la situazione reddituale del padre per contrasto con le risultanze documentali.

Nonostante la Corte territoriale avesse accolto le difese spiegate nel grado dal patrocinatore della resistente e tanto in adesione, anche, agli argomenti già spesi dal Tribunale, essa aveva poi in modo incoerente ridotto l’importo dell’assegno.

Il motivo è manifestamente infondato.

In tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 2697 c.c. si configura soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni mentre, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunziare che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente la regola posta da tale disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. n. 26769 del 23/10/2018).

La Corte di appello nel riformare la sentenza di primo grado appellata sulla misura del contributo al mantenimento della figlia minore si è attenuta all’indicato principio mantenendo la valutazione delle prove introdotte dalle parti nei limiti del sindacato consentitole dall’art. 116 c.p.c..

I giudici di appello chiamati a pronunciare sulla misura dell’assegno, premessa la non condivisibilità delle determinazioni sul punto raggiunte dal giudice di primo grado, che si era a sua volta discostato dalla misura così come fissata dalla medesima Corte territoriale – già investita della questione in sede di reclamo in esito a procedimento incidentale promosso ex art. 709 c.p.c. da B. riapprezzato l’intero materiale istruttorio in atti,

fermo il principio della proporzione dei redditi dei genitori chiamati all’assolvimento, hanno individuato il quantum dovuto nell’indicata misura e tanto nel libero esercizio della valutazione delle prove in cui risulta pure stimata la natura sottodimensionata dei redditi del padre.

L’impugnata decisione non rappresenta il termine logico entro il cui perimetro deve muoversi il giudice di secondo grado che, per l’effetto devolutivo proprio del giudizio di appello, è chiamato a rivalutare l’intero materiale istruttorio e nell’esercizio del proprio libero convincimento ben può giungere ad una conclusione diversa da quella fatta propria dal primo giudice anche in ragione delle medesime premesse, segnatamente ben potendo rideterminare in misura diversa l’ammontare dell’assegno di mantenimento del figlio a carico del genitore non collocatario.

4. Il secondo motivo sulla regolamentazione delle spese di lite con cui si deduce l’errore in cui la Corte di merito sarebbe incorsa compensando le spese di lite in ragione dell’errore dedotto nel primo motivo, resta assorbito.

5. Il ricorso, in via conclusiva, va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento in favore di B.M. delle spese di lite che liquida in Euro 2.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge. Dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente T.C. a rifondere a B.M. le spese di lite che liquida in Euro 2.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi oltre spese generali al 15 o forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.

Dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2020

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