Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1121 del 18/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1121 Anno 2018
Presidente: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI
Relatore: TEDESCO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18470/2011 R.G. proposto da
G.L.W. s.r.l. (già Moreschini Danilo s.r.I.), rappresentata e difesa
dagli avv. Manuel Seri e Mario Matticoli, con domicilio eletto in Roma,
via Marco Attilio 14, presso lo studio dell’avv. Mario Matticoli;
– ricorrente contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-contro ricorrenteavverso la sentenza della Commissione tributaria regionale delle
Marche n. 14/01/11, depositata il 13 gennaio 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25
settembre 2017 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.
Rilevato che:
-la G.L.W s.r.l. (già Moreschini Danilo s.r.I.) ha proposto ricorso
per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria
regionale della Marche, che ha riformato la sentenza di primo grado,

Data pubblicazione: 18/01/2018

favorevole per la contribuente, in relazione a cartella di pagamento
emessa a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione
Modello Unico 2004, con la quale era recuperato un credito Iva
relativo all’anno di imposta 2002, per il quale era stata omessa la
dichiarazione;
– la Ctr è andata in contrario arrivo rispetto a quanto statuito dalla

-questa aveva ritenuto che, essendo il credito sussistente nella
sostanza, non se ne verificava la perdita in conseguenza della
mancata presentazione della dichiarazione annuale;
-secondo la Ctr «il contribuente che vanta un credito Iva, nel caso
in cui ometta di presentare la dichiarazione annuale, non può
riportare in detrazione tale eccedenza nell’anno successivo, ma può
solamente richiedere il rimborso ai sensi dell’art. 30 del d.P.R. n.
633/1972: la ratio di tale disposizione va ricercata nella necessità di
accertare l’esistenza del credito, vista l’assenza della dichiarazione
relativa al periodo in cui lo stesso è maturato»;
-contro la sentenza la contribuente ha proposto ricorso per
cassazione affidato a sei motivi, illustrati con memoria, cui l’Agenzia
delle entrate ha reagito con controricorso.
Considerato che:
-con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360,
comma primo, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 112, comma primo,
n. 4, c.p.c., per non avere la Ctr pronunciato sulla eccezione,
proposta con il ricorso introduttivo e riproposta in appello,
riguardante l’illegittimità dell’atto impugnato per inutilizzabilità della
procedura automatizzata prevista dall’art. 54-bis del d.P.R. n. 633 del
1972;
-si sostiene da parte della ricorrente che se la Ctr avesse
esaminato la questione, ne sarebbe derivata una pronuncia di segno
opposto rispetto a quella assunta, essendo illegittima la pretesa

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Commissione di primo grado;

impositiva fatta valere nelle forme seguite nel caso di specie
dall’Ufficio;
– il motivo è infondato;
-«ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta
la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario

indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica
quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta
valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica
argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di
rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non
espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione
logico-giuridica della pronuncia» (Cass. n. 20311/2011; conf. n.
21612/2013; n. 17956/2015);
-tale incompatibilità deve riscontrarsi nel caso in esame, perché,
come rilevato del resto dalla stessa contribuente, l’accoglimento della
relativa eccezione avrebbe comportato, per ciò solo, il riconoscimento
della illegittimità della pretesa impositiva, pretesa che la Ctr ha
invece riconosciuto fondata, con ciò, appunto, assumendo una
decisione incompatibile con la supposta deduzione non esaminata,
che è stata così implicitamente rigettata;
– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma
primo, n. 5, c.p.c., omessa motivazione della sentenza, in relazione a
due aspetti:
– la sentenza non ha chiarito la ragione per cui, fra le divergenti
interpretazioni seguite dalla giurisprudenza in questa materia, ha
ritenuto di preferire quella che nega la possibilità di riportare a nuovo
il credito Iva sorto in annualità per la quale la dichiarazione era stata
omessa;
– nel non aver considerato che il credito oggetto di recupero non
derivava solo dall’anno di imposta del 2002, per il quale la

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che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa

dichiarazione fu omessa, ma anche dal precedente anno 2001, per il
quale la dichiarazione era stata presentata e non rettificata;
– il motivo è complessivamente inammissibile;
– per quanto riguarda la prima censura, l’inammissibilità discende
dal fatto che il vizio di motivazione non è riferito alla motivazione in

-secondo il costante e pacifico insegnamento di questa Corte i
relativi vizi o costituiscono errori in iudicando censurabili ex art. 360,
comma primo, n. 3 c.p.c. oppure, se attengono propriamente e
soltanto alla motivazione, non danno luogo a cassazione della
sentenza, ma a correzione della motivazione in diritto ex art. 384,
ultimo corna c.p.c. (Cass. n. 19567/2017; conf, n. 19618/2003; n.
6328/2008; n. 7050/1997);
-sulla seconda parte l’inammissibilità discende dal fatto che la Ctr,
come risulta dalla trascrizione della motivazione della sentenza
impugnata, non ha rilevato la distinzione sulla diversa epoca di
insorgenza del credito, ma ha giudicato supponendo, per l’intero
importo, omessa la dichiarazione relativa al periodo in cui lo stesso è
maturato;
– la statuizione andava pertanto impugnata per tale profilo, per
avere accertato il fatto in termini diversi da quelli effettivi, mentre è
stata impugnata ancora una volta sotto il profilo di un vizio di
ricostruzione giuridica;
– in particolare per avere complessivamente negato la detrazione
sulla base di un argomento in parte inconferente, e cioè l’impossibilità
di recuperare nell’anno successivo i crediti Iva non esposti nella
dichiarazione relativa all’anno della loro formazione, argomento,
appunto, non riferibile al credito del 2001, rispetto al quale la
contribuente aveva eccepito che la dichiarazione era stata
regolarmente presentata;

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fatto, ma alla motivazione in diritto;

-il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n.
5 c.p.c., la contraddittorietà della motivazione sui seguenti aspetti;
a) la Ctr identifica la ratio che impedisce di riconoscere il credito
Iva non riportato nella dichiarazione nella esigenza di accertare
l’esistenza del credito e nondimeno nega il diritto di detrazione pur

Commissione di primo grado;
b) ritiene che il credito per il quale non sia stata presentata la
dichiarazione potrebbe essere solamente chiesto a rimborso ai sensi
dell’art.30 del d.P.R. n. 633 del 1972, che invece si occupa dei crediti
ricompresi nella dichiarazione annuale;
– il motivo è inammissibile;
– ancora una volta il vizio di motivazione riguarda l’interpretazione
di norme di diritto e non la ricostruzione in fatto;
-resta da aggiungere che, diversamente da quanto si sostiene nel
ricorso, la Ctr non ha preso alcuna posizione sulla effettiva
sussistenza del credito oggetto della cartella;
– la frase riportata nel ricorso, in cui si assume il credito come
accertato, è nella parte della sentenza dedicata alla esposizione del
fatto ed è riferita alla sentenza di primo grado;
– l’esigenza di accertamento a cui la Ctr riconnette la ratio della
impossibilità del riporto a nuovo del credito non è riferita a un
accertamento operato avanti al giudice tributario in sede di
impugnazione della cartella, ma all’accertamento da farsi nella
procedura di rimborso, in conformità all’orientamento della Suprema
corte che i giudici d’appello hanno ritenuto di fare proprio;
– l’eventuale esistenza del credito, secondo la impostazione
seguita dal giudice, non aveva alcuna rilevanza ai fini della soluzione,
negativa per la contribuente, della lite tributaria;
-con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma
primo, n. 3, c.p.c. la violazione degli art. 19, comma 1, 28, comma 3,

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riconoscendo che l’esistenza del credito era stata accertata dalla

55, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, della Direttiva 112/06 e
dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998 e dell’art. 5, del d.
Lgs. n. 471 del 1997;
– il motivo è articolato in due parti, di cui la prima censura la
sentenza per avere ritenuto che, in tema di Iva, l’omissione della

è sorto impedisce di computare in detrazione il credito nella
dichiarazione relativa all’anno successivo, potendo il credito esser
fatto valere solo attraverso la procedura di rimborso;
– la seconda censura la sentenza per avere negato la detrazione
anche con riferimento al credito del 2001, per il quale la dichiarazione
era stata invece presentata;
-è stato già chiarito che la distinzione proposta dalla ricorrente
non ha ragion d’essere, perché la fattispecie in fatto ricostruita dalla
Ctr ha quale punto di riferimento il riporto a nuovo, nella
dichiarazione per il 2003, di un credito relativo al 2002, in assenza
«della dichiarazione relativa al periodo in cui la stessa è maturata»;
-del resto la distinzione a cui la ricorrente si riferisce – omessa
dichiarazione relativa all’annualità nella quale il diritto alla detrazione
è sorto, da un lato, omesso riporto nella dichiarazione annuale
successiva di un credito già esposto nella dichiarazione relativa
all’anno in cui esso è sorto, dall’altro – non ha nella specie effettiva
rilevanza, in relazione all’evoluzione giurisprudenziale avutasi in
materia (infra);
-fatta salva tale precisazione il motivo è fondato;
– la possibilità del recupero dell’imposta a credito, in caso di
dichiarazione omessa o di presentazione della stessa oltre i novanta
giorni dalla scadenza del termine, ha creato parecchi problemi per le
diverse interpretazioni fornite da prassi e giurisprudenza fino a tutto il
2016;

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dichiarazione relativa all’annualità nella quale il diritto alla detrazione

- i dubbi e le perplessità si riferivano sia alla legittimità e modalità
di recupero dell’IVA da parte del contribuente (“indebito oggettivo” o
“ripresa del credito” in una dichiarazione successiva a quella omessa),
sia all’azione che poteva esperire l’Amministrazione finanziaria
(“avviso di accertamento” o “procedura automatizzata” conseguente

– le questioni possono dirsi in parte risolte dopo l’intervento delle
Sezioni Unite della Cassazione che, con due sentenze «gemelle»
hanno posto i seguenti principi:
– è possibile riportare a nuovo un credito IVA derivante da una
dichiarazione omessa al più tardi con la dichiarazione relativa al
secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, se e nella
misura in cui sia dimostrata l’effettività dello stesso credito;
– è consentito chiedere il rimborso con la procedura prevista
per l’indebito

oggettivo come,

peraltro,

già

ammesso

dall’Amministrazione finanziaria;
– l’Ufficio può disconoscere il credito IVA riportato a nuovo con la
procedura automatizzata dell’iscrizione a ruolo, senza che sia
necessario procedere alla notifica di un avviso di accertamento, fatta
salva, nel successivo giudizio d’impugnazione della cartella,
l’eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la deduzione
d’imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione
della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui
il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passi00
d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati a operazioni imponibili
(Cass., S.U. n.17757 e 17758 del 2016);
– ciò posto, la sentenza non ha fatto corretta applicazione di tali
principi, perché si è fermata al dato formale che l’omissione in cui era
incorsa la contribuente, a causa della mancata presentazione della
dichiarazione annuale pregiudicava, per ciò solo, l’esercizio del diritto
di detrazione dell’eccedenza Iva nell’anno successivo;

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a controllo formale);

-al contrario avrebbe dovuto riscontrare, sulla base degli elementi
offerti dalla interessata nel procedimento contenzioso, l’esistenza dei
presupposti sostanziali per l’esercizio di quel diritto, secondo
l’insegnamento delle Sezioni Unite sul tema dell’omessa o tardiva
dichiarazione IVA del credito maturato nell’anno;

impregiudicato tale aspetto e che il positivo riscontro del credito risale
alla Ctp, la cui decisione è stato travolta dall’appello dell’Agenzia
dell’entrate, in quanto proposta sulla base di un motivo formale
assorbente, che rendeva del tutto irrilevante il riscontro positivo del
credito in sede giudiziale;
– con il quinto e il sesto motivo la sentenza è censurata, in
relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., per avere ritenuto
che l’istanza di rimborso, supposta quale unica via per il recupero del
credito Iva in caso di omessa dichiarazione, dovesse essere fatta ai
sensi dell’art. 30, mentre invece la norma applicabile sarebbe semmai
stata l’art. 21 del d. Igs. n. 546 del 1992;
– in ciò la ricorrente ravvisa la violazione di entrambe le norme,
violazione denunciata con i due motivi in esame;
– i motivi sono inammissibili;
– l’errore in cui è incorsa la Ctr nell’identificare la norma di
riferimento per il rimborso del credito Iva non esposto nella
dichiarazione (che è effettivamente l’art. 21 del d. Igs. n 546 del 1992
e non l’art. 30 del decreto Iva) non ha avuto alcuna incidenza sulla
decisione;
– in conclusione, infondato il primo motivo, inammissibili il
secondo, il terzo, il quinto e il sesto, l’accoglimento del quarto
comporta la cassazione della sentenza d’appello e in rinvio della
causa alla Commissione regionale competente che, in diversa
composizione, procederà riesame della vicenda, facendo applicazione

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– è stato già sopra chiarito che la Ctr lascia del tutto

dei principi innanzi richiamati e regolerà anche le spese del presente
giudizio di legittimità;
P.Q.M.

rigetta

il primo motivo di ricorso;

dichiara

inammissibili il

secondo, il terzo, il quinto e il sesto motivo; accoglie il quarto motivo;

anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale delle
Marche in diversa composizione.
Roma 25 settembre 2017.
Il presidente

cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa,

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