Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11207 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. II, 28/04/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 28/04/2021), n.11207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14297/2016 proposto da:

DHL SUPPLY CHAIN (ITALY) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato LORENZO SPALLINA,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato RENATO

FIUMALBI;

– ricorrente –

contro

SUN FAB TRADE SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1611/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

RITENUTO

che:

– il Tribunale di Milano ha accertato la risoluzione del contratto di appalto di servizi di magazzino intercorso fra Dhl Supply Chain (Italy) S.p.A. (DHL) e Sun Fab Trade S.r.l. (SFT) formalizzato il 29 settembre 2004;

– con tale contratto DHL aveva affidato a SFT l’esecuzione di taluni servizi di custodia e di movimentazione merci presso il proprio magazzino di (OMISSIS);

– il tribunale, in particolare, da un lato, ha riconosciuto la legittimità della risoluzione, operata dalla DHL avvalendosi di clausola risolutiva espressa, dall’altro, ha respinto la domanda di risarcimento del danno dalla stessa proposta;

– ha accolto la domanda riconvenzionale di SFT per il pagamento del residuo corrispettivo contrattuale;

– la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza;

– per la cassazione della sentenza d’appello DHL ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi, illustrati con memoria;

– SFT è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– ai fini della migliore comprensione delle ragioni di censura, occorre considerare, per quanto ancora interessa in questa sede, che DHL, nel proporre l’impugnazione contro la sentenza di primo grado, ha insistito nella pretesa di conseguire, a titolo di risarcimento del danno, quanto versato, a seguito della risoluzione del rapporto, per il pagamento delle retribuzioni del personale impiegato nell’appalto da SFT: questa si era avvalsa nell’esecuzione del contratto della cooperativa CLS, alla quale aveva affidato i servizi di movimentazione merci nel magazzino di (OMISSIS);

– DHL, secondo quanto emerge dalla stessa sentenza d’appello, ha eseguito il pagamento in forza di un accordo intercorso direttamente con CLS il 9 novembre 2007;

– secondo il primo giudice il pagamento aveva una diversa giustificazione, costituendo il corrispettivo di prestazioni eseguite da SFT nel mese di ottobre 2007, precedente la risoluzione del rapporto;

– in appello la DHL aveva sostenuto che le prestazioni di ottobre erano state compensate in via anticipata a seguito di un precedente accordo del 21 ottobre 2007;

– tale primo accordo si era reso necessario al fine di consentire a SFT il pagamento delle retribuzioni in favore di CLS, a favore della quale fu immediatamente ceduto il credito derivante dall’accordo medesimo;

-la corte d’appello, pur condividendo tale ricostruzione sul diverso significato del pagamento eseguito in forza del secondo accordo del mese di novembre 2007, riconosce testualmente che “all’esborso di Euro 641.190,50 DHL pervenne per perseguire il proprio interesse alla continuità del servizio prestato fino a quel momento dalla non più affidabile SFT. Se avesse scelto altre cooperative che potevano garantire il servizio con propri dipendenti (piuttosto che con quelli che in precedenza avevano lavorato per SFT) non sarebbe stata costretta a quell’esborso. Ne consegue che quel pagamento intervenne non quale conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.) dell’inadempimento di SFT ma per una precisa scelta aziendale di DHL di introdurre quelle due cooperative (senza dipendenti) e con quei dipendenti (ex CLS) nella prestazione dei servizi di cui aveva necessità”;

– tale ratio della decisione è oggetto del primo motivo di ricorso, il quale denuncia la violazione dell’art. 1223 c.c.;

– si sostiene che il pagamento in favore di CLS non costituiva affatto una libera scelta imprenditoriale di DHL, essendo la stessa obbligata ex lege in solido con l’appaltatore al pagamento delle retribuzioni del personale impiegato nell’appalto ed essendo nello stesso tempo tenuta, in forza di contratto collettivo, a dare preferenza ai lavoratori della gestione uscente;

– DHL evidenzia che la risoluzione del contratto è stata da essa operata, in virtù di clausola risolutiva espressa, proprio in conseguenza dell’inadempimento di SFT agli obblighi retributivi e contributivi relativi al personale impiegato nell’appalto;

– il motivo è infondato, anche se per ragioni non coincidenti con quelle indicate dalla Corte d’appello milanese:

– del D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 29, comma 2, nel testo applicabile ratione temporis, “In caso di appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonchè con ciascuno degli eventuali ulteriori subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti”;

– la ratio della norma è generalmente identificata nell’esigenza di incentivare il corretto utilizzo dei contratti di appalto, inducendo il committente a selezionare imprenditori affidabili, per evitare che i meccanismi di decentramento e di dissociazione tra titolarità del contratto di lavoro e utilizzazione della prestazione vadano a danno del lavoratore (Cass. n. 31768/2018);

– la disposizione, variamente modificata nel tempo, stabilisce un vincolo di solidarietà tra committente ed appaltatore, nel perseguimento dell’obiettivo della garanzia dell’adempimento delle obbligazioni retributive e contributive a favore dei lavoratori e degli istituti previdenziali, in tutte le ipotesi di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione, assicurando in tal modo tutela omogenea a tutti quelli che svolgono attività lavorativa indiretta, qualunque sia il livello di decentramento (Cass. n. 25172/2019);

– si tratta di un’azione “diretta”, incidente direttamente sul patrimonio di un terzo (il committente) e solo indirettamente su un credito del debitore (Cass. n. 6333/2019);

– la funzione della solidarietà, secondo il principio generale, si esaurisce nel rapporto esterno e non riguarda il rapporto interno fra gli obbligati in solido (Cass. n. 459/1984; n. 21482/2007; n. 26887/2014);

– consegue da quanto sopra che il diritto del committente nei confronti dell’appaltatore, eseguito il pagamento, è regolato dall’azione di regresso (art. 1299 c.c.), laddove, nella specie, DHL ha preteso la restituzione dell’importo erogato per il pagamento dei dipendenti a titolo di risarcimento del danno;

– il rilievo che SFT si era obbligata verso DHLL ad assolvere, nei confronti del personale utilizzato, agli obblighi retributivi e previdenziali, non incide nè sulla genesi dell’obbligazione di DHL, che trova il proprio titolo nella solidarietà imposta dalla legge, nè sulla natura del diritto spettante al committente, il quale abbia pagato, verso l’appaltatore, tenuto verso il primo in via di regresso;

– la decisione della Corte d’appello, pertanto, nella parte in cui, con riferimento a quanto pagato ai dipendenti dell’appaltatore, ha negato il diritto della committente di pretenderne la ripetizione a titolo di risarcimento del danno, è conforme a diritto;

– deve quindi trovare applicazione il principio secondo cui “nel caso in cui si discuta della corretta interpretazione di norme di diritto, il controllo del giudice di legittimità investe direttamente anche la decisione e non è limitato soltanto alla plausibilità della giustificazione, sicchè, come desumibile dall’art. 384 c.p.c., comma 4, il giudizio di diritto può risultare incensurabile anche se mal giustificato perchè la decisione erroneamente motivata in diritto non è soggetta a cassazione ma solo a correzione quando il dispositivo sia conforme al diritto” (Cass. n. 20719/2018);

– il secondo motivo denuncia la nullità parziale della sentenza per omissione di pronuncia sul motivo d’appello contro la decisione di primo grado nella parte in cui il tribunale aveva condannato DHL al pagamento, in favore di SFT, di un supposto residuo del corrispettivo dovuto per le prestazioni del mese di ottobre del 2007;

– la corte di merito ha inteso il motivo d’appello come se DHL avesse posto solo una questione di interpretazione del primo accordo: se il pagamento dovuto in base ad esso costituisse un’anticipazione che faceva salvo il diritto dell’appaltatore di pretendere una eventuale differenza, come sostenuto dal primo giudice, ovvero se comprendesse ogni prestazione, secondo la tesi di DHL;

– l’appellante aveva posto una questione più ampia, e cioè che SFT non aveva diritto comunque a compensi ulteriori a causa dell’inadempimento e del danno che ne era derivato;

– su tale questione, costituente censura autonomamente apprezzabile, la corte milanese ha omesso di pronunciare;

– il motivo è fondato;

-la censura, così come formulata, imponeva alla corte d’appello non solo di accertare il significato della scrittura che prevedeva l’anticipato pagamento del compenso per le prestazioni di ottobre, ma si chiedeva di accertare, nell’ambito di una valutazione complessiva del sinallagma, se il pagamento ulteriore fosse comunque dovuto;

– deve escludersi che ricorra una ipotesi di rigetto implicito: infatti il riconoscimento che l’accordo non chiudeva il passo a pretese ulteriori non si pone in rapporto di incompatibilità logico giuridica con la possibilità del disconoscimento della pretesa per l’altra ragione fatta valere da DHL (Cass. n. 2436/2009; n. 12652/2020);

– sono assorbiti gli altri motivi, con i quali si censura il mancato recepimento nel merito delle obiezioni che si opponevano all’accoglimento della domanda di controparte;

– in conclusione, è rigettato il primo motivo, è accolto il secondo, sono assorbiti i restanti;

-la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Milano perchè pronunci sul motivo di impugnazione di cui sopra;

– la corte di rinvio liquiderà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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