Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11207 del 11/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 11/06/2020), n.11207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 19011-2019 proposto da:

R.S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MASSIMO GENTILI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

SCALIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. R.S.S. ricorre per cassazione con cinque motivi avverso il decreto del Tribunale di Ancona, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea depositato il 02/05/2019, con cui è stato rigettato il ricorso proposto ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, avverso il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale aveva respinto la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nella parte in cui il tribunale aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato nonostante egli avesse riferito con dovizia di particolari nel racconto reso, e documentato in atti, circa la sussistenza dei presupposti di riconoscimento della misura ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951, ex art. 1, lett. a), punto 2.

3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione, per l’impugnato decreto, dell’art. 738 c.p.c., comma 3 e degli artt. ss. c.p.c. e dell’art. 345 c.p.c., comma 3 e degli artt. 359 e 184 c.p.c..

Il tribunale non avrebbe scrutinato minuziosamente nel procedere all’assunzione della prova del richiedente la storia narrata interpretando erroneamente la normativa sul rifugio e sull’onere della prova gravante sul richiedente in violazione della Convenzione di Ginevra e del Protocollo relativo allo statuto dei rifugiati adottato a New York il 31 gennaio 1967 e la direttiva 2004/83/CE non raccogliendo le prove necessarie a sostegno della domanda.

4. Con il terzo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251/del 2007, art. 14, lett. c), premessi i presupposti al cui ricorso viene riconosciuta la misura sussidiaria (D.Lgs. cit., art. 14, lett. a-c)), il tribunale non avrebbe apprezzato le condizioni del paese di origine il Bangladesh, i disordini e gli attentati legati agli integralisti islamici, nonostante i contenti del sito web “Viaggiare sicuri” del Ministero per gli affari eteri ed altri siti “facilmente consultabili” ed il principio di non refoulement.

5. Con il quarto motivo si fa valere la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; il ricorrente avrebbe avuto un lavoro stabile da cui percepiva una busta paga di quasi mille Euro al mese e parlando la lingua italiana egli si sarebbe inserito positivamente nel tessuto italiano e non avrebbe potuto far rientro nel suo Paese devastato dalla criminalità e dai continui attentati da parte degli integralisti.

6. Con il quinto motivo si fa valere una errata interpretazione dell’art. 10 Cost., comma 3, per quanto riguarda il diritto a restare in Italia “una volta chiarita la sua provenienza da un regime meno libertario del nostro” poichè il diritto di asilo costituzionale non postula requisiti ulteriori e non può essere “subordinato alla sussistenza di una persecuzione in patria”.

7. I motivi si prestano tutti ad una valutazione di loro inammissibilità nei termini previsti e disciplinati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (ex multis: Cass. n. 15430 del 13/06/2018).

Il ricorrente nulla deduce per vero circa il proprio status di rifugiato quanto ai contenuti delle dichiarazioni rese e dei documenti prodotti nel giudizio di merito che dell’indicata condizione attesterebbero l’esistenza, assertivamente limitandosi a richiamare le qualificazioni che dell’indicata condizione offre la normativa di riferimento.

Sulla mancata valutazione del racconto reso, il ricorrente non si perita di indicare quali sarebbero i fatti rilevanti rispetto ai quali fa valere l’onere, rimasto inosservato, del tribunale della collaborazione istruttoria nè egli provvede ad allegare gli estremi mancati nella valutazione quanto alla protezione sussidiaria (art. 14, lett. c) ed, ancora, i gravi motivi integranti la condizione di vulnerabilità legittimante il riconoscimento della protezione umanitaria, in tal modo mancando ad ogni dovere di allegazione sul medesimo gravante senza che in difetto venga in considerazione l’attivazione dell’onere di collaborazione denunciato (Cass. n. 16925 del 27/06/2018).

La violazione dell’art. 10 Cost. sul riconoscimento diritto asilo, che si vuole in ricorso destinato ad operare là dove è impedito l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla nostra Costituzione, risente, del pari, della descritta inconferenza non valendo il motivo a descrivere dell’indicata previsione neppure l’operatività rispetto al sistema.

8. Il ricorso è conclusivamente inammissibile.

Nulla sulle spese essendo l’Amministrazione rimasta intimata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2020

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