Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11203 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. II, 28/04/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 28/04/2021), n.11203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARRATO Aldo – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18572/2016 proposto da:

Z.M.G. O M., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEL VASCELLO 6, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI ROCCHI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA FINZI;

– ricorrente –

contro

FORMULA 2 SRL, IN PERSONA DELL’AMM.RE UNICO, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio

dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BRUNO GIAMPAOLI;

– controricorrente –

contro

Z.F.;

– intimato –

contro

Z.M.G. O M., elettivamente domiciliata in ROMA,

DEL VASCELLO 6, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI ROCCHI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDREA FINZI;

– controricorrente al ricorso incidentale –

Z.C., Z.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell’avvocato

GABRIELE PAFUNDI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BRUNO GIAMPAOLI;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 311/2016 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 11/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda, per quel che qui residua d’utilità, può riassumersi nei termini seguenti:

– Z.M.G. citò in giudizio il fratello F. e i nipoti S., P. e C., figli dell’altro fratello premorto, nonchè la s.r.l. Formula 2;

– l’attrice, esposto che il (OMISSIS) era deceduta la madre, B.M.R. e il (OMISSIS) il padre, Z.G.U.; che dal (OMISSIS) Z.F. e P. avevano portato a vivere presso di loro l’anziana coppia, così sottraendola alla figlia, che se ne era presa cura fino a quel momento; che, pur ignorando l’esatto ammontare del patrimonio relitto, era a conoscenza del fatto che successivamente a quell’evento, in forza di due procure speciali, F. e P. avevano venduto alla s.r.l. Formula 2, società di comodo in mano ai medesimi, un immobile sito in (OMISSIS), in proprietà del padre, per il prezzo di Euro 500.000,00, nonchè, ad altri, un immobile sito in (OMISSIS), in proprietà della madre, per il prezzo di Euro 350.000,00; che la vendita dell’immobile di (OMISSIS) andava dichiarato nullo perchè frutto di simulazione assoluta o relativa, o, comunque, d’illecito, dovendosi, inoltre, considerare inefficaci le procure, a motivo delle condizioni psico-fisiche del rappresentato; che era necessario ricostruire la massa ereditaria, in essa ricomprendendovi il fabbricato di (OMISSIS) e, imputate le donazioni, ridurre le disposizioni lesive della sua quota di riserva, avuto riguardo a entrambe le successioni;

Z.F., costituitosi, contrastate le avverse domande, chiedeva che venisse dichiarata aperta la successione di entrambi i genitori, i quali avevano disposto con testamenti olografi;

– anche Z.P. e C., con la comparsa di risposta si opponevano alle domande attoree, insistendo sulle due disposizioni di ultima volontà, con le quali i testatori avevano nominato propri eredi il figlio F. e i nipoti P. e C., attribuendo alla figlia M.G. la sola quota di legittima;

– con memoria ex art. 183 c.p.c., l’attrice chiese annullarsi i due testamenti per captazione e, comunque, ai sensi dell’art. 624 c.c. e, in subordine, instò perchè l’atto di vendita dell’immobile di (OMISSIS) fosse annullato ai sensi dell’art. 1395 c.c.;

– il Tribunale, esclusa invalidità dei due testamenti, dichiarata aperta la successione di ognuno dei “de cuius”, determinate le rispettive masse, rigettò l’azione di riduzione quanto alla successione di Z.G.U., avendo l’attrice ricevuto in liberalità oltre quanto alla medesima spettante quale legittimaria; l’accolse, invece, quanto alla successione di B.M.R., condannando gli altri eredi a pagare la differenza;

– la Corte d’appello di (OMISSIS) con la sentenza di cui in epigrafe, investita dell’appello principale di M.G. e di quello incidentale di P. e C., escluse che la compravendita dell’immobile di (OMISSIS) fosse simulata (sia in senso assoluto, che relativo), escluse del pari che il negozio fosse stato stipulato in contrasto con norme imperative e, in particolare, che fosse frutto di circonvenzione d’incapace; affermò l’inammissibilità delle domande di annullamento, ai sensi degli artt. 1394 e 1395 c.c., poichè la prima (conflitto d’interessi) del tutto nuova e la seconda (contratto con sè stesso), tardivamente proposta in primo grado (solo con la memoria di cui all’art. 183 c.p.c.); disattese, inoltre, il motivo con il quale l’appellante aveva lamentato la quantificazione del portafoglio titoli dei defunti; accolto, invece, il motivo con il quale l’appellante aveva censurato la sentenza del Tribunale per avere incluso tra i crediti della massa ereditaria la somma di Euro 180.000,00, quale compenso per l’occupazione da parte di M.G. di una porzione dell’immobile di (OMISSIS) e ricondotto il rapporto a quello di comodato gratuito, escluse la posta dal “relictum”; rigettò, per contro, il motivo con il quale l’appellante si era doluta dell’attribuzione in favore della massa della somma di Euro 23.550,43, riferita alla indebita riscossione di canoni locativi di immobili materni;

ritenuto che Z.M.G. ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di due motivi; che Z.P. e C. resistono con controricorso, in seno al quale svolgono ricorso incidentale, articolato su unitaria censura; che la s.r.l. Formula 2 resiste con controricorso;

ritenuto che con il primo motivo la ricorrente principale lamenta omesso esame di un fatto controverso e decisivo, nonchè violazione o falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., comma 1 e art. 2043 c.c., art. 643 c.p., assumendo che:

– il rilascio della procura in data 6/12/2001 da parte del defunto padre, che aveva permesso l’alienazione dell’immobile di (OMISSIS), era stata frutto di circonvenzione d’incapace, da qui la nullità dell’atto dispositivo;

– la Corte locale aveva errato nel reputare che lo stato d’incapacità del padre non fosse rimasto provato, stante che dalla relazione della consulenza medico – legale, stilata a riguardo dell’impugnazione testamentaria, era emerso che, alla data della redazione del testamento (25/9/2001), “la capacità di intendere e di volere era… moderatamente deteriorata per Z.G., non tale comunque da far scadere la sua capacità di testare”; ma la Corte di Brescia aveva ignorato l’accertamento;

– ove il fatto fosse stato preso in esame “ne sarebbe conseguita la declaratoria di nullità”;

– non era, di poi, rilevante che la quietanza non fosse stata dichiarata falsa, non escludendo la sua genuinità la sussistenza della circonvenzione;

considerato che la doglianza non supera il vaglio d’ammissibilità, dovendo osservarsi quanto segue:

a) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014);

b) qui, i risultati della consulenza medico-legale non appaiono decisivi nel senso auspicato dalla ricorrente; come riporta la medesima, il CTU ha ipotizzato la sussistenza solo di un modesto deterioramento cognitivo, tale da non influire sulla capacità di disporre di tutto il proprio patrimonio col testamento;

c) era indubbiamente onere della ricorrente dimostrare che in epoca successiva rispetto a quella considerata dal consulente del giudice le condizioni psichiche del “de cuius” si fossero così degradate da dover considerare quest’ultimo in uno stato tale da renderlo preda di circonvenzione al momento del rilascio della procura;

d) val la pena soggiungere che la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (S.U., n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459);

ritenuto che con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., prospettando quanto appresso:

– il Tribunale aveva dato atto che il portafoglio titoli, alla data del (OMISSIS), aveva un controvalore di Euro 106.320,00 per Z.G. e di Euro 95.688,00 per la moglie, avendo però attribuito, al fine della ricostruzione dell’asse, il valore, rispettivamente, di Euro 49.000,00 e di Euro 23.211,00;

– la Corte d’appello, rispondendo alla doglianza di M.G., la quale aveva lamentato non essere rimasta provata la perdita di valore dei titoli nella indicata misura, aveva affermato che il deprezzamento di quei titoli era di notoria conoscenza, essendo onere dell’appellante dimostrare il contrario;

– così statuendo il Giudice di secondo grado aveva violato le norme richiamate poichè l’unico valore certo era quello indicato dall’attrice e fatto proprio dal Tribunale, anche se riferito a epoca anteriore all’apertura della successione, spettando alla controparte dimostrare il contrario; inoltre l’evocazione del notorio non si confaceva alle variazioni borsistiche di un titolo, non trattandosi di un dato “acquisito alla conoscenza della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile e, come tale, conosciuto da un uomo di media cultura in un dato tempo e luogo”;

considerato che la doglianza è infondata tenuto conto delle ragioni che seguono:

– il riferimento al notorio effettuato dal Giudice d’appello non assume rilievo, stante che l’argomento decisivo sul quale la statuizione si fonda è costituito dalla constatazione che non era rimasta provata l’esistenza dei titoli nel patrimonio dei genitori al momento della di loro morte, essendo di palmare evidenza che la mancanza di prova sul punto priva in radice l’aspettativa della ricorrente, dovendosi reputare ben possibile che i titoli in parola fossero stati venduti in vita dai predetti genitori e, quindi, il loro controvalore, quale che si fosse considerato, non avrebbe potuto confluire nell’asse;

– di conseguenza, anche a riguardo di questa seconda censura debbono richiamarsi le osservazioni di cui alla precedente lett. d);

ritenuto che con l’unico motivo del ricorso incidentale Z.P. e C. denunziano violazione degli artt. 1803-1809 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sostenendo che la Corte d’appello aveva erroneamente divisato che M.G. non fosse debitrice nei confronti del padre e, quindi, verso la massa ereditaria del compenso per avere goduto dell’appartamento a titolo di comodato gratuito, pur dopo venuta meno la ragione di una tale concessione (giustificata dalla ricorrente col fatto di essere diuturnamente intenta ad assistere i genitori) e pur dopo la richiesta di un compenso da parte del titolare, contrastava con la disciplina codicistica, dovendosi reputare perciò solo l’ipotizzato contratto di comodato revocato o venuto a scadenza;

considerato che la doglianza non supera il vaglio d’ammissibilità dovendosi osservare che la stessa poggia su una ricostruzione fattuale congetturale e, comunque, aspecifica sotto il profilo dell’autosufficienza: non è dato, infatti, sapere perchè debbasi presumere che il padre avesse inteso por fine all’uso gratuito del bene da parte della figlia per il solo fatto che egli e la moglie si erano trasferiti altrove; nè è dato conoscere sulla base di quale emergenza processuale gli appellanti incidentali affermano che costui avrebbe richiesto il compenso per il godimento dell’appartamento;

considerato che, a motivo della reciproca soccombenza le spese legali della ricorrente principale e di quelli incidentali debbono compensarsi; quelle, invece della s.r.l. Formula 2, debbono seguire la soccombenza, e le stesse, liquidate siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate, vanno poste a carico della ricorrente;

che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e quello incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente s.r.l. Formula 2, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge; compensa le spese del giudizio di legittimità tra la ricorrente principale e i ricorrenti incidentali;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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