Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11200 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/05/2011, (ud. 18/03/2011, dep. 20/05/2011), n.11200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GRAMSCI

36, presso lo studio dell’avvocato DE TILLA MAURIZIO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DEL MATERANO S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLA GIULIANA N. 82, presso lo studio dell’avvocato GIOCOLI

VIRGINIA, rappresentata e difesa dall’avvocato CHIETERA FRANCESCA,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 801/2006 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 19/07/2006 R.G.N. 53/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/03/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 9 maggio 2003, G.G. conveniva in giudizio dinanzi Pretore di Matera in funzione di Giudice del Lavoro la datrice di lavoro società Banca Popolare di Matera S.p.A. al fine di ottenere il riconoscimento della qualifica di Dirigente per avere svolto le relative mansioni fin dal settembre 1992.

Con sentenza del 26 novembre 1998 il Giudice adito accoglieva la domanda.

Interponeva appello la società Banca Popolare di Matera S.p.A. e,in esito, il gravame veniva rigettato con sentenza del 24 gennaio – 9 febbraio 2001 dal Tribunale di Matera.

Il Collegio di merito valorizzava la deposizione di un teste che aveva rivestito il ruolo di direttore generale della Banca. Detto teste aveva riferito di essersi avvalso, in mancanza di un vice direttore generale, della fattiva collaborazione prestata dal G. il quale aveva così svolto compiti del massimo rilievo in modo da ampliare e rendere più redditizia l’attività dell’Azienda di credito. Il Collegio ravvisava quindi, nell’attività in concreto svolta dal G., i caratteri dell’autonomia e della discrezionalità operativa. Propri della categoria dirigenziale.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la Banca.

Resisteva il G. con controricorso.

La Cassazione, con sentenza 21 gennaio 2004 n. 983, richiamata la propria giurisprudenza, secondo cui “nella determinazione della categoria o qualifica da attribuirsi al lavoratore, il giudice del merito deve seguire un procedimento logico che si articola in tre fasi: la prima rivolta all’accertamento dell’attività lavorativa in concreto svolta; la seconda diretta all’individuazione delle categorie, qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo applicabile alla specie; la terza consistente nella determinazione della qualifica concretamente applicabile alle mansioni svolte, mettendo in rapporto il risultato della prima indagine con i testi normativi contrattuali individuati nella seconda (ex plurimis, Cass. Sez. lav., 3 aprile 1982, n. 2049, Cass., sez. lav., 27 febbraio 2001, n. 2859, Cass., sez. lav., 21 maggio 2002, n. 7453.), evidenziava che a tale insegnamento non si era uniformato il Collegio di merito poichè nella sentenza denunciata si leggeva solamente una descrizione dei compiti svolti dal G. e non risultavano le ragioni per cui questi dovevano eccedere le mansioni proprie della qualifica di funzionario e rientrare in quelle del dirigente.

Cassava dunque con rinvio alla Corte di appello di Potenza, per un nuovo esame del materiale probatorio, da svolgersi secondo il procedimento argomentativo sopra richiamato.

La Corte di merito designata, valutate le prove raccolte ed in particolare le testimonianze in atti, raffrontandole con le definizioni contrattuali, escludeva che al G. potesse spettare la categoria dirigenziale.

Avverso tale sentenza, in epigrafe indicata, propone ricorso per cassazione il G., affidato a tre motivi.

Resiste la Banca Popolare del Materano s.p.a. con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. -Con primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ravvisato nell’insufficiente esame delle prove testimoniali, da cui emergerebbe, ad avviso del G., incontrovertibilmente la natura dirigenziale delle mansioni da lui svolte.

Con secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e segg., artt. 2103 e 2095 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 37 e 45 dello Statuto e dell’art. 1 del Regolamento dell’Istituto.

Lamentava che la corte territoriale aveva basato la sua motivazione sulla circostanza che il G. fosse gerarchicamente sottoposto ad un dirigente, mentre la giurisprudenza affermava la compatibilità tra la qualifica (categoria) dirigenziale e l’esercizio delle relative mansioni con vincolo di dipendenza gerarchica (Cass. n. 8650 del 2005, n. 1899 del 1994, n. 9195 del 1987). Formulava il prescritto quesito di diritto.

Con terzo motivo il G. denuncia ancora omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, relativamente alla circostanza dell’aver fatto parte della direzione generale della banca sin dal 1982, ciò che era a suo avviso sufficiente per qualificarlo come dirigente.

2. -I motivi, stante la loro connessione possono essere congiuntamente trattati, e risultano in parte inammissibili e per il resto infondati.

Deve infatti richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, Cass. 9 agosto 2007 n. 17477, Cass. 5 marzo 2007 n. 5066, Cass. 16 gennaio 2007 n. 828), secondo cui la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento.

Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione.

Diversamente opinando, il motivo di ricorso di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 finirebbe per risolversi in una inammissibile richiesta di sindacato del giudice di legittimità sulle valutazioni riservate al giudice di merito.

3. -Nella specie la Corte di merito ha adeguatamente e logicamente motivato l’inconfigurabilità, nella specie, della richiesta categoria dirigenziale, valutando adeguatamente le risultanze istruttorie e testimoniali in particolare, evidenziando che seppure il G. avesse un ruolo di iniziativa e propositivo all’interno della banca, tale ruolo non superava i confini di una attività consultiva, anche presso la direzione generale, senza tuttavia assumere decisioni rilevanti ai fini dell’andamento aziendale, con la connessa responsabilità di risultato, e senza concorrere direttamente al perseguimento dei fini dell’azienda attraverso autonome decisioni, limitandosi a sottoporre ad altri le sue iniziative e progetti.

Ciò risulta conforme agli orientamenti di legittimità in materia (Cass. 22 dicembre 2006 n. 27464, Cass. 19 settembre 2005 n. 18482, Cass. 27 aprile 2004 n. 8064, Cass. 30 agosto 2004 n. 17344, tra le tante).

4. -Quanto al secondo motivo deve evidenziarsi che la corte di merito ha correttamente ritenuto che ai fini della valutazione del diritto al riconoscimento della qualifica di dirigente, occorre che le mansioni in concreto svolte dal dipendente siano coordinate – e non subordinate – a quelle di altri dirigenti, essendo caratterizzata la figura professionale di questi dalla autonomia e discrezionalità delle decisioni, nonchè dalla mancanza di una vera e propria dipendenza gerarchica (Cass. 19 luglio 2007 n. 16015, Cass. 27 aprile 2004 n. 8064).

5. -Il ricorso deve essere in definitiva respinto.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 28,00 per spese, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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