Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 112 del 04/01/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 112 Anno 2013
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 8971-2008 proposto da:
MELUCCI ANNA RITA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA MARCONI 15, presso lo studio dell’avvocato
D’AMBROSIO MASSIMO, rappresentata e difesa
dall’avvocato LUCCHETTI DINO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2012
3701

POSTE ITALIANE S.P.A.;
– intimata –

sul ricorso 12787-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del

Data pubblicazione: 04/01/2013

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FICRILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
-controricorrente e ricorrente incidentale –

MELUCCI ANNA RITA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 423/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 10/04/2007 r.g.n. 8756/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/11/2012 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi.

contro

R.G. 8971+12787/2008
FATTO E DIRITTO
Con sentenza n. 15599/2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma
rigettava la domanda proposta da Anna Rita Melucci nei confronti della s.p.a.

al contratto di lavoro stipulato per “necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, per il periodo
13-6-1998/30-9-1998, con le pronunce consequenziali.
La Melucci proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con l’accoglimento della domanda.
La s.p.a. Poste Italiane si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 10-4-2007,
rigettava l’appello.
Avverso la detta sentenza la Melucci ha proposto ricorso con due motivi.
La società ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale
con un unico motivo.
La Melucei ha depositato memoria ex art. 378 e.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto, riuniti preliminarmente i ricorsi avverso la stessa sentenza ex
art. 335 c.p.c.. va rilevato che con il primo motivo la ricorrente principale si
duole che la Corte di merito “ha totalmente omesso di motivare il proprio
convincimento in ordine al primo motivo d’appello”, con il quale si era
lamentata la scadenza del ceni del 26-11-1994 alla data del 31-12-1997, con
conseguente inapplicabilità postuma dell’art. 8 attesa la sua giuridica
inesistenza dalla data del 1-1-1998 in poi-.

Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto

EI motivo non merita accoglimento.
A ben vedere la Corte territoriale sul punto ha implicitamente respinto la
censura della appellante, rilevando in particolare che comunque “la conferma
della comune intenzione delle parti di ritenere vigente tale ipotesi a prescindere
da autorizzazioni ulteriori contenenti limitazioni di carattere temporale si ha

possibilità di utilizzare lo strumento del contratto a termine, presuppone
l’implicito riconoscimento della operatività di tale ipotesi per gli altri mesi
estivi a prescindere da ulteriori autorizzazioni”.
Al di là, quindi, dalla scadenza del contratto collettivo originariamente
fissata al 31-12-1997, la Corte ha accertato il successivo riconoscimento delle
parti collettive del perdurare della operatività dell’ipotesi legittimante la
stipulazione di contratti a termine per necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie anche per il periodo successivo alla detta
scadenza (ed in specie nei mesi estivi del 1998).
Tale decisione è conforme a diritto ed è idonea a sostenere la impugnata
decisione sul punto.
Come è stato affermato da questa Corte e va qui ribadito, “i contratti
collettivi di diritto comune, costituendo manifestazione dell’autonomia
negoziale degli stipulanti, operano esclusivamente entro l’ambito temporale
concordato dalle parti, atteso che l’opposto principio di ultrattività sino ad un
nuovo regolamento collettivo – secondo la disposizione dell’art. 2074 cod. civ
— ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali,
sarebbe in contrasto con la garanzia prevista dall’art. 39 Cot.” (v. Cass. S.U.
30-5-2005 n. 11325). Pertanto, come pure è stato affermato, “a seguito della

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con l’accordo 27-4-1998 che, nel limitarsi ad estendere al mese di maggio la

naturale scadenza del contratto collettivo, in difetto di una regola di ultrattività
del contratto medesimo, la relativa disciplina non è più applicabile, ed il
rapporto di lavoro da questo in precedenza regolato resta disciplinato dalle
norme di legge, salvo che le parti abbiano inteso, anche solo per .fficia

2009 n. 2590), con la conseguenza che comunque ben possono assumere
rilevanza il comportamento successivo delle parti medesime e gli accordi
successivamente intercorsi, come nella specie l’accordo 27-4-1998 (sul tema
specifico in tal senso v. Cass. 10-12-2009 n. 25934, Cass. 24-2-2011 n. 4513,
Cass. 24-2-2011 n. 4514, Cass. 1-3-2011 n. 4990 e da ultimo v. anche Cass.
25-5-2012 n. 8288).
Con il secondo motivo la ricorrente principale censura l’impugnata
sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la ipotesi legittimante de qua
“essendo legata ad un dato obbiettivo (la concomitanza con il periodo feriale),
non richiede per sua natura alcuna verifica” di guisa che “l’unico presupposto
per l’operatività della particolare autorizzazione conferita” dalle parti collettive
“è costituito dalla stipulazione del contratto a termine nei limiti temporali
giugno-settembre (salvo per il 1998 in cui è estesa anche a maggio) in cui di
norma i dipendenti fruiscono di ferie”.
In particolare la ricorrente principale sostiene che, avendo essa dedotto fin
dall’inizio di non essere stata destinata a sostituire personale effettivamente
assente per ferie ma di essere stata destinata a far fronte ad una generale
carenza di organico, la società avrebbe dovuto provare il rispetto della causale
contrattuale ed il concreto nesso causale tra questa e la assunzione a termine de
qua.

concludentia, proseguire l’applicazione delle norme precedenti” (v. Cass. 2-2-

Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio che questa Corte Suprema, decidendo in tema di
contratti a termine stipulati ex art. 8 c.e.n.l. 26.11,1994, in relazione alla

“necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per .ferie

del nominativo del lavoratore sostituito (v. fra le altre, Cass. 2 marzo 2007 n.
4933), in base al principio della “delega in bianco” conferita dall’art. 23 I.
56/1987, ha anche più volte (cfr. ad esempio Cass. 6 dicembre 2005 n. 26678,
Cass. 7-3-2008 n. 6204) confermato le sentenze di merito che avevano ritenuto
l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto
autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire
dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal
contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività
fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti
fruiscono delle ferie.
Peraltro è stato anche affermato (v. fra le altre Cass. 28-3-2008 n. 8122)
che “l’unica interpretazione corretta della norma collettiva in esame (art. 8
ceni 26-11-1994) è quella secondo cui. stante l’autonomia di tale ipotesi
rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti in
ferie, l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo non prevede come
presupposto per la sua operatività l’onere, per il datore di lavoro di provare le
esigenze di servizio in concreto connesse all’assenza per ferie di altri
dipendenti nonché la relazione causale fra dette esigenze e l’assunzione del
lavoratore con specifico riferimento all’unità organizzativa alla quale lo stesso

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nel periodo giugno-settembre”, oltre a ritenere non necessaria la indicazione

è stato destinato” (in tali sensi v., fra le altre, Cass. 30-11-2009 n. 25225 e

ÌO

Cass. 7-4-2011 n. 7945).
Il ricorso principale va pertanto respinto, restando assorbito il ricorso
incidentale della società (riguardante la questione della risoluzione del rapporto

rapporto stesso) e la Melucci, in ragione della soccombenza, va condannata al
pagamento delle spese in favore della società.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale, condanna la Melucci a pagare alla società le spese liquidate in euro
50,00 per esborsi e euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Roma 8 novembre 2012
IL CONSIGLIERE ESTENSORE

per mutuo consenso tacito, logicamente subordinata alla conversione del

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