Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11196 del 11/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 11/06/2020), n.11196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17585-2019 proposto da:

D.S., elettivamente domiciliato in ROMA, in PIAZZA MAZZINI

8, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE FACHILE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIOVANNI ANNALORO, con procura speciale in

atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE’, di CALTANISSETTA, depositato il

19/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO

ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto dell’1.4.19 il Tribunale di Caltanisetta rigettò il ricorso di D.S., cittadino della Costa D’Avorio, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di diniego della domanda di protezione internazionale ed umanitaria, osservando che: non sussistevano i presupposti dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, per l’inattendibilità del racconto del ricorrente, per l’insussistenza di una situazione di pericolo per l’incolumità del ricorrente e di una situazione di violenza indiscriminata da conflitto armato, come desumibile da varie fonti; era da escludere anche la protezione umanitaria, non essendo stata allegata alcuna situazione individuale di vulnerabilità o di privazione di diritti umani, non bastando a tal fine l’apprendimento della lingua italiana.

Ricorre in cassazione il D. con tre motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito con memoria del 28.6.19, dando atto del mancato deposito del controricorso nel termine di legge, al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione; successivamente, è stato depositato, tardivamente, il controricorso.

Il giudice designato ha formulato la proposta ex art. 380bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3, art. 27, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g), art. 14, comma 1, lett. b), avendo il Tribunale ritenuto inattendibile il racconto reso dal ricorrente innanzi alla Commissione territoriale, senza applicare correttamente i criteri di valutazione della credibilità dell’istante, omettendo di tenere conto delle sue specifiche circostanze personali. A sostegno di tale doglianza, il ricorrente lamenta l’omesso espletamento degli accertamenti ufficiosi riguardanti la situazione socio-politica aggiornata della Costa D’Avorio con riguardo alla violazione dei diritti umani, alle pratiche corruttive e alle condizioni di vita nelle carceri.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, avendo il Tribunale omesso di compiere accertamenti sulla situazione interna del paese.

Con il terzo motivo si denunzia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 5, non avendo il Tribunale considerato, ai fini della protezione umanitaria, la situazione di vulnerabilità personale del ricorrente determinata dalla difficile situazione generale del paese di provenienza.

Il primo e il secondo motivo- esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi- sono inammissibili. Il ricorrente si duole della violazione dei criteri legali di valutazione della credibilità del ricorrente, anche considerando l’omesso esperimento dei poteri istruttori d’ufficio sulla situazione interna del paese di provenienza.

Al riguardo, va osservato che, in tema di protezione internazionale, il D.Lgs. n. 251 dei 2007, art. 3, comma 5, obbliga il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove” non soltanto ad un controllo di coerenza interna ed esterna ma anche ad una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda, verifica sottratta al controllo di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 bis (Cass., o. 21142/19; o. 20580/19),

Il Tribunale ha argomentato in ordine alla non credibilità del ricorrente attraverso un esame critico comparativo e complessivo dei fatti narrati, esaminando tutti i particolari del racconto del ricorrente ed evidenziandone le relative lacune e le contraddizioni, anche rispetto a quanto dichiarato in udienza. Il ricorrente ha dedotto in modo del tutto generico la violazione di norme di legge, avuto riguardo alla valutazione sulla sua credibilità, ed ha in concreto proceduto ad una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal tribunale, così operando una inammissibile censura di merito. Inoltre, è stato affermato che la valutazione di non credibilità del racconto costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5 lett. c) (Cass., n. 27503/2018). Tale apprezzamento di fatto è censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (Cass., n. 3340/19).

Nella fattispecie, giova rilevare che il ricorrente non ha dedotto il vizio motivazionale. Infine deve evidenziarsi l’irrilevanza del riferimento del ricorrente all’omesso espletamento dei poteri istruttori ufficiosi, in applicazione del consolidato orientamento di questa Corte a tenore del quale, in materia di protezione internazionale, qualora le dichiarazioni dell’istante siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass., n. 16925/18; n. 28862/18; n. 33096/18).

Va comunque rilevato che il Tribunale ha acquisito dettagliate informazioni attraverso l’esame di vari aggiornati report internazionali da cui è desumile l’insussistenza di un rischio di danno grave alla persona, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub lett. a) e b), in ordine ad una situazione di violenza generalizzata derivante da un conflitto armato indiscriminato.

Il terzo motivo è del pari inammissibile. Il ricorrente si duole del fatto che il giudice di primo grado abbia respinto la domanda di protezione umanitaria, omettendo di valutare la situazione generale in cui versa la Costa D’Avorio di effettiva deprivazione dei diritti fondamentali, caratterizzata altresì da precarietà e instabilità.

Giova rilevare che il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, se da un lato deve essere frutto di valutazione autonoma- non potendo conseguire automaticamente dal rigetto delle altre domande di protezione internazionale-, dall’altro è necessario che l’accertamento da svolgersi sia fondato su uno scrutinio avente ad oggetto l’esistenza delle condizioni di vulnerabilità che ne integrano i requisiti (Cass., n. 28990/18).

Al riguardo, il ricorrente non ha allegato situazioni individuali di vulnerabilità, limitandosi ad invocare la generale situazione socio-politica in cui versa la Costa D’Avorio, senza prospettare il concreto pericolo di subire violazione di diritti fondamentali o gravi ragioni umanitarie che lo potrebbero attingere in caso di rimpatrio.

Nulla per le spese, atteso che il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione, depositando il controricorso tardivamente, oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c..

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 11 giugno 2020

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