Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11188 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. II, 28/04/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 28/04/2021), n.11188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5721/2016 proposto da:

F.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LOMBARDIA

23/C, presso lo studio dell’avvocato ENRICO GUIDI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO CORDELLA, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.M.I.M., rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCA MORO, giusta procura speciale per Notaio;

– controricorrente –

e contro

F.M.E., CORAL INVEST S.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 343/2015 della CORTE D’APPELLO CAGLIARI SEZ.

DIST. di SASSARI, depositata il 27/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FRANCESCA CUCCHIARELLI, comparsa con delega scritta,

difensore del ricorrente, che si riporta agli atti depositati e

chiede l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Il Tribunale di Sassari, con sentenza n. 785/2010, accoglieva la domanda proposta da M.M.I.M. nei confronti di F.N. e di Coral Invest S.r.l. e dichiarava al comproprietà, in ragione del 50% ciascuno in capo al detto F. ed all’attrice medesima della quote della società evocata in giudizio.

La domanda veniva accolta sul presupposto che, stante il regime di comunione legale all’epoca dell’acquisto da parte del F. delle anzidette quote, queste ultime quali beni equiparabili ai beni mobili ricadevano, ex artt. 177 e 178 c.c., nella comunione.

Avverso la decisione del Giudice di prime cure il F.N. e la Coral Invest S.r.l. interponevano appello, resistito dalla M..

L’adita Corte di Appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari, con sentenza n. 343/2015, rigettava l’interposto gravame, ritenendo – nell’occasione e per quanto oggi ancora rileva – del tutto infondati i tre proposti motivi d’appello.

F.P., quale erede del defunto F.N., propone oggi ricorso per la cassazione della suddetta decisione della Corte di Appello.

Il ricorso, fondato su tre ordini di motivi è resistito con controricorso dalla intimata M..

Parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si eccepisce la nullità della sentenza impugnata e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per omessa pronuncia su tutte le domande proposte con l’impugnazione in appello.

Parte ricorrente si duole, in sostanza, della omessa pronuncia in ordine, più specificamente, al secondo motivo dell’appello a suo tempo interposto.

Con tale motivo, a sostegno dell’impugnazione svolta nei confronti della decisione di primo grado, veniva prospettata la violazione delle norme sull’onere probatorio ex art. 2697 c.c.. Secondo l’odierno ricorrente in appello era censurata la mancata cura, ad pera del giudice di prime cure, della verifica della prova degli atti di acquisto da parte del F. ( N.), prova incombente all’attrice.

Il motivo non può essere accolto.

La decisione oggetto dell’odierno ricorso non ha omesso di scrutinare l’esposto e ricostruito motivo di appello.

Nè vi è stata omessa pronuncia al riguardo.

Viceversa (e ciò vale ad escludere la fondatezza della censura qui scrutinata) la Corte territoriale ha ritenuto con la propria sentenza (v.: p. 4) che le “quote erano state acquistate in costanza matrimonio” e, quindi, rientravano nella comunione.

E’, dunque, evidente che – nella concreta ipotesi per cui è giudizio – non vi è stata omessa pronuncia.

Il motivo, in quanto infondato, deve – pertanto – essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Tale fatto, in sintesi, sarebbe consistente – secondo la prospettazione del ricorrente – nella omessa necessaria acquisizione degli atti (documenti) di acquisto indispensabili

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 177,178 e 179 c.c.).

La Corte territoriale avrebbe, in sostanza e secondo il ricorrente, errato nell’aver applicato la comunione legale di beni anche a bene (quota societaria) venduto dalla stessa coniuge (15%) il 22.12.1990.

4.- I due motivi per ultimo esposti possono essere trattati congiuntamente in quanto collegati e fra loro legati da connessione logica e argomentativa.

In effetti è ben vero, come controdedotto dalla parte controricorrente a confutazione delle censure in esame, che “il Giudice non tenuto a valutare tutte circostanze ma solo quelle decisive”.

E’, tuttavia, altrettanto vero e, nella fattispecie, assolutamente rilevante che documenti, come quelli di cui alla doglianza dell’appellante-odierno ricorrente, devono ritenersi necessari al fine di evitare erronee valutazioni.

Quei documenti non potevano e non possono non considerarsi e tenersi presente una volta – beninteso – necessariamente acquisiti. Orbene nella concreta ipotesi la sentenza impugnata, senza la valutazione dei documenti relativi agli atti di acquisto delle quote societarie per cui è controversia ha provveduto alla decisione. Tanto sulla scorta di una valutazione di inammissibilità e di non indispensabilità di tali suddetti documenti (oggetto del terzo motivo di appello).

Così facendo la Corte distrettuale ha creduto di poter non far ricorso al principio in allora invocato dall’appellante di cui a Cass. n. 7437/1994. E ciò nonostante l’allegazione svolta innanzi alla Corte territoriale ed oggi riformulata, della erronea applicazione della comunione legale di beni anche a un bene (quota societaria) che si asseriva documentalmente venduto dalla stessa coniuge (per il 15%) il 22.12.1990.

Le svolte censure colgono nel segno l’erronea mancata acquisizione dei documenti in quanto essi erano fondamentali non solo per la valutazione in fatto, ma per la conseguente corretta applicazione del principio di diritto.

Ed, infatti, solo alla stregua della corretta valutazione, previa acquisizione dei necessari documenti, era possibile ricostruire non in via presuntiva, ma sulla sorta dei titoli di acquisto se la quota venduta dalla stessa coniuge con atto del 22.12.1990 rientrava o meno fra i beni per i quali veniva invocata l’operatività della comunione legale.

Al riguardo non può che rammentarsi il principio che questa Corte ha già avuto moto di enunciare allorchè ha affermato che “in tema di comunione legale tra coniugi, la previsione normativa contenuta nell’art. 177 c.c., lett. a), secondo la quale entrano a far parte della comunione gli acquisti compiuti dai coniugi anche separatamente durante il matrimonio, ai sensi dell’art. 177 c.c., riguarda esclusivamente gli acquisti provenienti da terzi e non gli atti di disposizione intercorsi tra i coniugi stessi (nel caso di specie, in costanza di matrimonio, erano stati alienati da un coniuge, all’altro propri beni personali, consistenti in quote sociali, cui era seguito, all’atto dello scioglimento della società, l’attribuzione di un cespite immobiliare al coniuge acquirente, escluso dalla comunione per espressa indicazione contenuta nel rogito, seguita dalla dichiarazione adesiva dell’altro coniuge. La Corte, confermando la sentenza di secondo grado, ne ha escluso al riconduzione alla comunione legale, richiesta dal cedente). (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 6 marzo 2008, n. 6120).

Alla stregua di tale stessa decisione in tema, insomma, di acquisti effettuati da uno dei coniugi in costanza di matrimonio, “al fine di escludere l’applicazione del regime della comunione legale dei beni è necessario, oltre ai requisiti indicati dell’art. 179 c.c., comma 1, lett. c); d); ed f), che l’altro coniuge partecipi all’atto di acquisto e che risulti espressamente tale esclusione. La mancata contestazione o l’esplicita conferma da parte del coniuge non acquirente, pur avendo natura ricognitiva e non negoziale, costituisce tuttavia un atto giuridico volontario e consapevole, cui il legislatore attribuisce l’efficacia di una dichiarazione a contenuto sostanzialmente confessorio, idonea a determinare l’effetto di una presunzione “juris et de jure” di non contitolarità dell’acquisto, di natura non assoluta ma superabile mediante la prova che la dichiarazione sia derivata da errore di fatto o da dolo e violenza nei limiti consentiti dalla legge. (Nella fattispecie, il coniuge non acquirente, richiedente la contitolarità di un immobile pervenuto all’altro coniuge, per effetto dello scioglimento di società di capitali, aveva partecipato all’atto di acquisto, dichiarandosi in regime di separazione dei beni e nulla opponendo all’espressa qualificazione del cespite come derivato dall’assegnazione di beni personali. In mancanza della prova della non veridicità di tale dichiarazione, è stata confermata la natura di bene personale dell’immobile acquistato)”.

Alla stregua degli esposti e riportati principi della decisione citata, nonchè del principio – di cui innanzi – sulla necessità dell’acquisizione, nell’ipotesi, dell’acquisizione documentale non può che ritenersi la fondatezza delle censure svolte con i motivi qui in esame.

Deve, poi e conclusivamente, affermarsi il principio per cui è erronea la valutazione di non indispensabilità di documenti comunque idonei ad una compiuta valutazione in fatto e ad una corretta applicazione di principi e norme di diritto.

I motivi vanno, quindi e nel senso innanzi esposto, accolti.

5.- Il ricorso va conseguentemente accolto con cassazione, in punto, dell’impugnata sentenza e rinvio al Giudice in dispositivo indicato, che provvederà a decidere applicando il principio innanzi enunciato.

PQM

La Corte;

Rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo ed il terzo, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Cagliari – Sezione Distaccata di Sassari in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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