Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11188 del 20/05/2011

Cassazione civile sez. II, 20/05/2011, (ud. 15/04/2011, dep. 20/05/2011), n.11188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.F. e P.C., rappresentati e difesi, per

procura speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Tartaglione

Giacomo, elettivamente domiciliati in Roma, via Giosuè Borsi n. 4,

presso lo studio dell’Avvocato Alfredo Bruno;

– ricorrenti –

e

PO.MA.AN. e M.A., rappresentate e difese,

per procura speciale a margine del controricorso, dagli Avvocati

Porfidia Domenico e Vincenzo Porfidia, elettivamente domiciliate

presso lo studio del secondo in Roma, Piazzale Clodio n. 13;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Napoli depositata il 25

giugno 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per i contro ricorrenti e ricorrenti incidentali l’Avvocato

Vincenzo Porfidia;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, il quale ha concluso per la rimessione della

causa alla pubblica udienza.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento della domanda di liquidazione degli onorari e dei diritti, proposta, ai sensi della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29 da Po.Ma.

A. in proprio e nella qualità di tutrice di M.A., in relazione a prestazioni professionali svolte dal loro dante causa Avvocato M.P. in favore di R.L. in due giudizi di appello, poi riuniti per connessione, ha riconosciuto un credito in favore delle istanti di Euro 6.296,62, oltre IVA e CPA, e ha condannato P.F. e P.C., eredi della R., al pagamento di detta somma, oltre al pagamento delle spese del procedimento;

che la Corte d’appello, dopo aver respinto l’eccezione di prescrizione formulata dalle intimate, ha rilevato che non era contestata la sussistenza del rapporto di clientela, nè era stata posta in discussione l’esistenza del credito professionale, avendo le resistenti solo eccepito il pagamento di un acconto;

che P.F. e P.C. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo;

che la Po., in proprio e nella qualità di tutrice di M.A., ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi;

che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata redatta la prescritta relazione, che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.

Considerato che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione:

“… Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti principali contestano l’utilizzazione, nel caso di specie, del procedimento speciale di cui alla L. n. 794 del 1942 e formulano in proposito il seguente quesito di diritto: “Se non sia vero che in tema di liquidazione delle spese, diritti ed onorari di avvocato disciplinata dalla L. 13 giugno 1942, art. 794 la procedura sommaria non è ammessa quando, avendo il convenuto contestato l’altrui pretesa ovvero proposto domanda riconvenzionale, il giudizio – che perciò ha ad oggetto un nuovo petitum e quindi un thema decidendum più ampio basato sulla pretesa del cliente – deve svolgersi con il rito ordinario e non con la procedura sommaria la quale – sottratta al principio del doppio grado di giurisdizione – deve di per sè concludersi con un provvedimento che, indipendentemente dalla forma adottata, ha natura sostanziale di ordinanza, soggetta al solo ricorso per cassazione; se non sia vero che il frazionamento della domanda giudiziale costituisce autonoma causa di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, in quanto unica deve essere l’azione diretta a conseguire il pagamento”. Il ricorso principale è fondato.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento instaurato, in tema di liquidazione dei compensi spettanti ad un avvocato, ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 29 il rito camerale e la conseguente decisione del tribunale, resa con ordinanza non impugnabile (e, perciò, ricorribile in Cassazione ex art. 111 Cost.), costituiscono istituti processuali di ius singulare (attesi la non appellabilità del provvedimento terminale del giudizio e l’eccezionale deroga al principio del doppio grado di giurisdizione), applicabili, per l’effetto, sol che l’oggetto della controversia rimanga rigorosamente limitato alla determinazione (alla stregua delle tariffe) della misura del compenso spettante al legale, con la conseguenza che l’introduzione, come nella specie, da parte del cliente, di altro e parzialmente diverso thema decidendum, quale quello conseguente ad una eccezione di prescrizione o ad una domanda riconvenzionale di condanna al risarcimento dei danni per temerarietà dell’azione, impedisce la prosecuzione del procedimento con il detto rito semplificato, mentre la eventuale pronuncia (ciononostante) resa dal tribunale riveste, a tutti gli effetti, carattere di sentenza, impugnabile con i mezzi di gravame ordinari, e non più con il ricorso straordinario di cui all’art. 111 Cost. (da ultimo, Cass. , n. 15273 del 2010).

La Corte d’appello, quindi, preso atto delle eccezioni proposte dai convenuti, avrebbe dovuto dichiarare la improseguibilità dell’azione con il procedimento speciale, il quale, quindi, deve essere cassato senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3.

L’accoglimento del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale, il quale, ancorchè non condizionato, presuppone comunque che la Corte d’appello potesse proseguire il giudizio con le forme del rito speciale.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Rilevato che, sulla questione relativa al rimedio proponibile avverso i provvedimenti emessi nel procedimento di cui alla L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 9 sono recentemente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno affermato il principio secondo cui “in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari ed altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, al fine di individuare il regime impugnatorio del provvedimento – sentenza oppure ordinanza L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 30 – che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, ove la stessa sia frutto di una consapevole scelta, che può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il relativo procedimento”;

che, nella specie, il provvedimento impugnato è costituita da un’ordinanza emessa nel procedimento civile avente ad oggetto “liquidazione degli onorari e dei diritti dell’avvocato (L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29)”;

che, pertanto, in applicazione del richiamato principio, la soluzione prospettata nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ. non può essere condivisa;

che, pertanto, non sussistendo più le ragioni di evidenza decisoria in base alle quali era stata proposta la trattazione del ricorso in camera di consiglio, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo perchè il ricorso possa essere discusso in pubblica udienza.

P.Q.M.

LA CORTE rinvia la causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte suprema di Cassazione, il 15 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011

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