Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11187 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. II, 28/04/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 28/04/2021), n.11187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28465/2017 proposto da:

B.A., rappresentato e difeso dagli avvocati GIOVANNI

FINA, GIULIANO FINA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.R., M.L., rappresentato e difeso

dall’avvocato SALVATORE TAURINO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 983/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 13/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/10/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per tardività del ricorso, in

subordine rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 13 ottobre 2016, ha rigettato l’appello proposto da B.A. avverso la sentenza del Tribunale di Lecce – sezione distaccata di Campi Salentina n. 190 del 2012, e nei confronti di M.L. e C.R..

1.1. Il Tribunale aveva respinto la domanda del B., di accertamento negativo del diritto dei convenuti a mantenere in appoggio al muro comune tre camini, grondaie con pluviali e tubi d’acqua.

2. La Corte d’appello ha confermato la decisione sul rilievo che la comproprietà del muro rendeva applicabile i principi in tema di uso della cosa comune di cui all’art. 1102 c.c., da ritenersi prevalenti rispetto alle regole sulle distanze. In ogni caso, il CTU aveva accertato che le tubazioni preordinate al passaggio di acqua risultavano posizionate a distanza di oltre un metro dal muro di confine, mentre le grondaie ed in pluviali, poste a distanza inferiore, dovevano ritenersi legittime in quanto il posizionamento alla distanza legale risultava incompatibile con il normale utilizzo.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso B.A. sulla base di due motivi, ai quali hanno resistito M.L. e C.R.. Il ricorso, già fissato per la decisione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., con deposito di memorie di entrambe, è stato rimesso alla pubblica udienza per mancanza di evidenza decisoria sulla questione preliminare della tardività del ricorso, e quindi chiamato in decisione all’odierna udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre preliminarmente esaminare la questione della tardività del ricorso, che è stato notificato a mezzo PEC in data 13 novembre 2017 a fronte di sentenza pubblicata il 13 ottobre 2016.

I controricorrenti hanno eccepito la tardività del ricorso assumendo di avere notificato la sentenza d’appello in data 27 ottobre 2016, provocando in tal modo la decorrenza del termine breve ex art. 325 c.p.c., dal quale il ricorrente sarebbe decaduto.

Il ricorrente, a sua volta, ha eccepito in memoria la tardività del controricorso e la conseguente inammissibilità della documentazione ivi prodotta, ed ha poi contestato l’avvenuta notifica della sentenza nel domicilio eletto, stante la carenza di specificità della relata di notifica prodotta ex adverso (è richiamata Cass. 11/01/2006, n. 283).

2. L’eccezione di tardività del controricorso è priva di fondamento: il ricorso è stato notificato il 13 novembre 2017, quindi il termine di 20 giorni per il deposito del ricorso scadeva il 3 dicembre 2017, e da tale data decorreva il termine di 20 giorni previsto dall’art. 370 c.p.c., per la notifica del controricorso. Il predetto termine, che scadeva il 23 dicembre, risulta ampiamente rispettato con la notifica del controricorso in data 14 dicembre 2017.

3. Accertata la tempestività del controricorso, si può esaminare la documentazione ad esso allegata, e specificamente la sentenza d’appello con la relata di notifica versta in atti dai controricorrenti.

Dalla relata di notifica, sottoscritta dall’ufficiale giudiziario in data 27 ottobre 2016, risulta che l’atto è stato ricevuto dal difensore del ricorrente (consegnato a mani).

Il ricorrente contesta che la relata di notifica non indichi la sentenza d’appello ma, oltre a richiamare una pronuncia (Cass. n. 283 del 2006) priva di pertinenza, non dimostra in alcun modo che l’atto ricevuto in data 27 ottobre 2016 fosse altro dalla sentenza d’appello, dovendosi considerare che la relata di notifica è sempre unita all’atto.

In particolare, trattandosi nella specie di notifica al difensore del B., si deve escludere che l’atto notificato fosse un ricorso con pedissequo decreto di fissazione d’udienza, relativo ad un nuovo giudizio tra le stesse parti, come sostenuto dal ricorrente. Se, infatti, si fosse trattato dell’atto di promovimento di nuovo giudizio, giammai avrebbe potuto essere notificato al difensore, per la ragione ovvia che in quel momento non esisteva ancora un difensore della parte convenuta.

3. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infine, è predicabile la validità della notifica della sentenza, idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, anche in presenza di errore della relata (Cass. 09/06/1981, n. 3715).

4. Alla luce di quanto detto, il ricorso risulta tardivamente proposto e pertanto deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

 

 

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