Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11185 del 23/04/2019

Cassazione civile sez. lav., 23/04/2019, (ud. 05/03/2019, dep. 23/04/2019), n.11185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 280-2014 proposto da:

N.E., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO STORACE,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIERTACITO RUGGERINI;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO e MAURO RICCI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 311/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 27/06/2013, R.G.N. 622/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/03/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PIERTACITO RUGGERINI;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA per delega verbale Avvocato CLEMENTINA

PULLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. la Corte d’appello di Brescia confermava la sentenza del Tribunale di Mantova che, aderendo alle risultanze della c.t.u. medico-legale, aveva respinto il ricorso proposto da N.E. volto al riconoscimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità L. n. 222 del 1984, ex art. 1 in relazione alla domanda amministrativa presentata il 2/6/2010.

2. La Corte territoriale riferiva che il c.t.u. aveva accertato che l’appellante era affetta da leucemia mieloide in fase cronica, in remissione ematologica e citogenetica. A fondamento della decisione e disattendendo i motivi di gravame, argomentava che la doglianza relativa alla mancata valutazione degli effetti collaterali della terapia somministratale si riferiva esclusivamente al primo periodo di cura, considerato che già dal 23/9/2011 i sanitari avevano mutato la terapia proprio per la presenza di effetti collaterali, che la successiva sparizione degli stessi era stata confermata dal c.t.u. e non era stata riferita dalla periziata la loro presenza attuale. Aggiungeva che in base alla L. n. 222 del 1984, art. 1 la riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo dev’essere permanente, e quindi che il fatto che per un breve periodo lo stato di salute avesse potuto essere più grave non dava diritto all’assegno, in quanto già alla data del 23/9/2011 la richiedente risultava in remissione ematologica e citogenetica completa e molecolare. Da ultimo, rilevava che il c.t.u. correttamente aveva considerato le condizioni lavorative che di norma caratterizzano le occupazioni confacenti (nel caso, impiegatizie), non rilevando il fatto che ad un impiegato possano essere richieste occasionalmente mansioni pesanti come lo spostamento di faldoni o la spinta di carrelli. Riteneva inoltre irrilevante che l’appellante fosse stata riconosciuta invalida civile, posto che in materia di invalidità pensionabile la L. n. 222 del 1984 ha adottato come criterio di riferimento non la riduzione della generica capacità lavorativa, ma la riduzione della capacità di lavoro in occupazioni confacenti.

3. Per la cassazione della sentenza N.E. ha proposto ricorso, affidato a sei motivi, cui ha resistito l’Inps con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. come primo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame circa più fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti ed in particolare lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto che a seguito della modifica della terapia farmacologica vi sarebbe stata eliminazione degli effetti collaterali, mentre dalla certificazione medica prodotta emergeva che la situazione è migliorata ma persistono disturbi quali astenia, disturbi gastrointestinali, aneurosi transitoria e sindrome ansioso depressiva di natura reattiva;

5. come secondo motivo deduce la violazione dell’art. 116 c.p.c. e sostiene che il giudice di merito non avrebbe potuto recepire le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio senza affrontare il problema della rilevanza degli effetti collaterali della cura farmacologica, pur presenti in letteratura medica;

6. come terzo motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 2 e dell’art. 116 c.p.c. e sostiene che, a differenza di quanto argomentato dal giudice di merito, il principio espresso nella L. n. 222 del 1984, art. 2 e quello espresso dalla L. n. 118 del 1971, art. 12 sono coincidenti e prendono in esame la valutazione di totale inabilità al lavoro;

7. come quarto motivo deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e lamenta che la Corte territoriale non abbia tenuto conto della valutazione delle due commissioni pubbliche che hanno ritenuto la completa inabilità al lavoro ai fini dell’invalidità civile;

8. come quinto motivo deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1 la violazione dell’art. 116 c.p.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e sostiene che, a differenza di quanto argomentato dal giudice di merito, una valutazione sulla capacità generica al lavoro quale richiesta ai fini dell’invalidità civile sarebbe più rigorosa rispetto alla valutazione sulla capacità di lavoro in attività confacenti;

9. come sesto motivo lamenta la violazione della L. n. 222 del 1984, art. 1 e sostiene che il concetto di permanenza ivi espresso vada inteso nel senso di invalidità al lavoro duratura nel tempo, ma non perpetua, e che possa individuarsi la sua durata minima nel termine di sei mesi, generalmente previsto dai contratti di lavoro per la conservazione del posto in caso di malattia.

10. Il primo e secondo motivo attengono alla valutazione degli effetti collaterali della terapia assunta anche dopo il settembre 2011 per il trattamento e la cura della leucemia, che nella prospettazione della ricorrente sarebbero stati ignorati o comunque sottovalutati nella consulenza tecnica recepita dal giudice di merito.

11. La valutazione degli effetti collaterali delle cure da parte del giudice di merito è stata effettuata dalla Corte di merito, che ha espressamente valorizzato le stesse dichiarazioni delle periziata che ne aveva confermato la scomparsa a seguito del mutamento della terapia.

12. I motivi richiedono quindi nella sostanza una diversa valutazione in ordine alla medesima circostanza fattuale, che risulta però inammissibile, considerato che in definitiva si invoca un approccio diretto agli atti e una loro diversa delibazione, il che non è consentito in sede di legittimità.

13. Il difetto di motivazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, è infatti ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso non attinente a vizi del processo logico-formale, che si traduce, quindi, in un’ inammissibile critica del convincimento del giudice (v. in tal senso da ultimo Cass. n. 23775/2013, n. 26558/11; n. 9988/2009 e n. 8654/2008).

14. Il terzo, quarto e quinto motivo sono infondati, avendo correttamente la Corte territoriale rilevato la diversità dei presupposti per le provvidenze d’ invalidità civile rispetto a quelle previste dalla L. n. 222 del 1984.

15. Tale soluzione è stata oggetto dei consolidati approdi ai quali è pervenuta questa Corte di legittimità (vedi Cass. 24/11/2003 n. 17812, Cass. 3/4/2006 n. 7760, Cass. 4/10/2013 n. 22737, Cass. 10/03/2016 n. 4710) che ha avuto modo di rimarcare come la L. 12 giugno 1984, n. 222 abbia non solo il presupposto del rapporto assicurativo che nella L. 30 marzo 1971, n. 118 è insussistente, ma anche un diverso presupposto, essendo fondata sulla riduzione della capacità di lavoro in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato in luogo della generica capacità lavorativa del soggetto. Da ciò, l’inidoneità del parametro di valutazione dell’invalidità civile, costituito da un sistema di tabelle che individuano indici medi riferiti ad un’attività lavorativa generica, che possono essere presi in considerazione soltanto come semplice punto di partenza per un’indagine diretta ad accertare l’effettiva riduzione della capacità subita dall’assicurato in relazione all’attività svolta.

16. Neppure il sesto motivo è fondato. Questa Corte ha avuto più volte modo di sottolineare che la natura permanente della riduzione della capacità di lavoro, ai fini del diritto alle provvidenze previdenziali, non si identifica con la definitività e immutabilità dello stato invalidante, ma richiede che esso sia connaturato alla malattia in atto, o alle terapie che si rendono necessarie in ragione della stessa, per una proiezione di durata incerta e indeterminata, non prevedibile ex ante, o che comunque sia connotato da una certa perduranza significativa nel tempo, sì da determinare una reale situazione di bisogno (Cass., 15 maggio 1984, n. 2967, Cass. n. 17400 del 29/08/2016).

17. Nel caso in esame, la Corte di merito ha pertanto correttamente escluso il riconoscimento della provvidenza previdenziale ritenendo la natura temporanea dell’invalidità, sia in ragione della previsione di durata che dell’effettiva protrazione della somministrazione della terapia dai pesanti effetti collaterali.

18. Segue il rigetto del ricorso.

19. Sussistono le condizioni per l’esonero della parte soccombente dal pagamento delle spese processuali ex art. 152 disp. att. c.p.c., in ragione della dichiarazione formulata e sottoscritta in calce al ricorso.

20. Risultando ammessa al patrocinio a spese dello stato, allo stato la ricorrente dev’essere altresì esonerata delle conseguenze amministrative previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (v. in tal senso da ultimo Cass. ord., n. 21/02/2017 n. 4493).

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Non assoggetta la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della non sussistenza allo stato dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2019

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