Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11183 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. II, 28/04/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 28/04/2021), n.11183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2622/2016 proposto da:

G.R., GR.MA., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA ULPIANO, 29, presso lo studio dell’avvocato PIETRO MORRONE, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE CAMPO;

– ricorrenti –

contro

R.E., C.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

CARSO 61, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE DI MATTIA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO ZUMERLE;

G.G. IN D., D.D., D.V., in proprio e in

qualità di eredi di D.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato LUIGIA

D’AMICO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

STEFANO FILIPPINI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2750/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 2/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I consorti G. – D. e D.D. e V. ebbero ad evocare avanti il Tribunale di Verona G.R., Gr.Ma., C.C. ed R.E., chiedendo l’accertamento che la corte, allogata tra le loro case in (OMISSIS), era in signoria comune nella misura del 25% e di conseguenza ordinare ai consorti G. – Gr. la rimozione delle opere fatte sul suolo comune ed il ristoro dei danni. I consorti C. – R. svolgevano difese omologhe a quelle esposte dagli attori, mentre i consorti G. – Gr. sostenevano che la corte in questione non era in signoria comune tra le parti in causa, bensì in loro esclusiva proprietà per titolo.

Il Tribunale scaligero ebbe a rigettare ogni domanda proposta dalle parti in lite e la Corte d’Appello di Venezia, attinta da gravame mosso dai consorti R. – C., invece accertava la signoria comune sulla corte di lite.

Avverso la sentenza resa dalla Corte marciana i consorti Gr. – G. proposero ricorso per cassazione, che la Suprema Corte con sentenza n. 15849/12 accoglieva in parte, confermando comunque la statuizione circa la comune signoria della corte tra le parti in causa, ma rilevando che in concreto il Collegio lagunare aveva formalmente diviso le quote di comproprietà solo fra tre parti anzichè quattro – escludendo gli odierni ricorrenti per cassazione

I consorti R. – C. hanno riassunto la controversia avanti la Corte d’Appello di Venezia, quale Giudice di rinvio, chiedendo di dar attuazione al decisum della Corte regolatrice, ossia attribuendo il diritto di comproprietà sulla corte, oggetto di lite, in ragione del 25% ai titolari di ciascuno dei quattro edifici prospicenti.

Ad esito della trattazione, aderendo gli originari attori alla domanda degli attori in riassunzione ed opponendosi i consorti Gr. – G., la Corte marciana ebbe a dichiarare la corte, oggetto di lite, di proprietà comune in ragione di un quarto pro indiviso in capo ai titolari dei quattro edifici che su detta corte affacciano, poichè così stabilità ad esito del giudizio di legittimità.

Avverso la sentenza resa dalla Corte lagunare hanno proposto ricorso per cassazione G.R. e Gr.Ma., svolgendo due motivi d’impugnazione.

Hanno resistito con separati controricorsi e i consorti R. – C. e G.G. e D.V. e D., in proprio e in qualità di eredi di D.L..

Tutte le parti hanno depositate memorie difensive in prossimità dell’adunanza odierna.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso proposto da G.R. e Gr.Ma. s’appalesa privo di pregio giuridico e va rigettato.

Con il primo mezzo d’impugnazione i ricorrenti denunziano omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, individuato nella documentalmente comprovata esistenza di sei edifici prospicenti la corte comune e, non già, solo quattro siccome ritenuto dalla Corte marciana.

La censura, benchè formalmente ancorata alla norma ex art. 360 c.p.c., n. 5, s’appalesa invece siccome mera contestazione della statuizione adottata al riguardo da parte del Collegio lagunare.

Difatti dallo stesso svolgimento dell’argomentazione critica sviluppata nel ricorso appare evidente che la Corte marciana ha puntualmente esaminata la questione relativa al numero di quote in cui doveva dividersi il diritto di proprietà sulla corte comune, quindi non concorre alcun omesso esame.

Un tanto anche perchè la questione era l’unico oggetto del procedimento riassunto in sede di rinvio ad esito del giudizio rescindente di cassazione, sicchè il Collegio veneziano pone in evidenza il carattere chiuso del giudizio rescissorio di rinvio con conseguente cristallizzazione della situazione, siccome definita dalla Corte di Cassazione, avanti la quale gli odierni ricorrenti avevano sempre coltivato la loro difesa che la corte oggetto di lite fosse in loro esclusiva signoria poichè facente parte del mappale (OMISSIS) sul quale era allogata anche la loro casa.

La censura sviluppata dai ricorrenti più che confrontarsi con questa ragione giuridica della decisione del Giudice di rinvio – che non si configura siccome un nuovo appello, bensì fase rescissoria del giudizio di legittimità – appare proporre argomentazione critica fondata sulla valutazione dei titoli ed altri elementi probatori acquisiti in causa per sostenere che sulla corte de qua prospicevano sin dall’origine della lite sei edifici invece che i ritenuti quattro.

Un tanto come detto non può configurare il vizio di legittimità invocato che nell’odierna formulazione non ricomprende più i vizi della motivazione ma solo l’omessa valutazione di un fatto storico, che nella specie – come dianzi visto – venne puntualmente apprezzato dalla Corte lagunare nell’adottare la sua statuizione.

Con la seconda ragione di doglianza i consorti G. – Gr. denunziano violazione della disciplina in tema di regolamentazione delle spese di lite per l’inosservanza del disposto ex art. 92 c.p.c., comma 2, avendo la Corte marciana liquidato le spese di lite a loro carico, operando modesta compensazione, senza tener conto dell’effettivo andamento della lite con relazione alle domande proposte ed accolte.

La svolta censura s’appalesa inammissibile, posto che la norma invocata siccome violata prevede la mera facoltà del Giudice di derogare al criterio principe, posto dall’art. 91 c.p.c. e postula la motivazione nell’ipotesi in cui il Giudice s’avvalga della sua facoltà di compensare le spese in tutto od in parte e, non già, quando rispetta la regola principale della soccombenza.

Nella specie i ricorrenti lamentano che la Corte marciana abbia disposta la compensazione in misura ridotta, ma non contestano di essere rimasti soccombenti siccome affermato dalla Corte territoriale, sicchè l’uso della facoltà discrezionale di modulare la quantità della compensazione da parte del Giudice rimane insindacabile in sede di legittimità – Cass. sez. 2 n. 30592/17 -.

Al rigetto del ricorso segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna dei ricorrenti, in solido fra loro, alla rifusione verso le parti resistenti delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 4.300,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ciascuna, oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura precisata in dispositivo.

Non concorrono le condizioni per l’applicazione dell’invocata norma ex art. 96 c.p.c.

Al rigetto d’impugnazione segue l’obbligo dei ricorrenti all’ulteriore versamento del contributo unificato, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna, in solido fra loro, i consorti Gr. – G. a rifondere a ciascuna delle parti resistenti costituite le spese di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 4.300,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza di Camera di consiglio, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

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