Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1118 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2020, (ud. 13/11/2019, dep. 20/01/2020), n.1118

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26178-2014 proposto da:

CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE, in persona del Presidente pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VICOLO DEL

BUON CONSIGLIO 31, presso lo studio dell’avvocato ENRICA ISIDORI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 222/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 06/05/2014 R.G.N. 332/2012.

Fatto

RILEVATO

1. con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato il diritto di D.A., dipendente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (anche CNR, di seguito), a vedersi riconosciuta alla data del (OMISSIS) l’anzianità di servizio pari a quindici anni e sei mesi;

2. la Corte territoriale ha precisato che la domanda non aveva ad oggetto la valutazione, in termini di anzianità di servizio, del periodo di lavoro prestato in forza dei contratti a termine stipulati prima dell’assunzione a tempo indeterminato, ma mirava al riconoscimento, al momento del passaggio dal III al II livello, della anzianità di 171 mesi già considerata dal CNR con il provvedimento del 17 aprile del 2001, alla quale doveva aggiungersi quella maturata successivamente e sino al passaggio al secondo livello, con applicazione della percentuale di abbattimento di cui all’art. 4, comma 12 del CCNL di settore biennio economico 1996-1997 (pari dunque a 15 anni e sei mesi, superiore a quella di tredici anni e sette mesi attribuita dal CNR);

3. la Corte territoriale ha ritenuto infondata la tesi del CNR secondo cui con il provvedimento del 17.4.2001 il computo dell’anzianità era stato effettuato solo ai fini economici; tanto perchè, sebbene inserita nell’ambito della nuova classificazione stipendiale, l’anzianità calcolata nel provvedimento dell’aprile del 2001 corrispondeva esattamente con l’anzianità di servizio individuata dalla tabella contrattuale di equiparazione secondo il previsto programma di permanenza in servizio di ciascuna fascia e perchè l’anzianità non costituiva elemento finalizzato all’individuazione della nuova posizione stipendiale, “restando piuttosto un mero parametro di coerenza del sistema di confluenza tra la previgente (per classi) e la nuova classificazione stipendiale (per fasce) del personale”;

4. ha aggiunto che, avendo il CNR riconosciuto corretto il calcolo effettuato nel 2001, il computo dell’anzianità effettuato nel 2005 in occasione del passaggio dal terzo al secondo livello doveva ritenersi incompatibile con il computo effettuato nel 2001 e con la negoziazione collettiva che fa riferimento al servizio effettivo;

5. avverso questa sentenza il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso D.A..

Diritto

CONSIDERATO

6. con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 12 del CCNL 96/97 e del D.P.R. n. 509 del 1979, art. 45; assume che il provvedimento adottato il 17.4.2011 si era limitato a rideterminare il trattamento economico a seguito delle modifiche introdotte con il CCNL 96/97 (sulla scorta del provvedimento di inquadramento del 3.3.1986) e che esso era finalizzato soltanto a determinare il trattamento economico tenendo conto del vincolo rappresentato dalla pregressa retribuzione e non anche a riconoscere ai fini economici e giuridici l’anzianità comprensiva dei periodi precedenti l’immissione in ruolo quale “anzianità effettiva”; deduce che il riferimento alla anzianità maturata dal lavoratore era contenuto nel provvedimento del 17.4.2001 art. 2, che disciplinava il trattamento economico;

7. il ricorso presenta plurimi di inammissibilità;

8. le censure al di là della titolazione della rubrica si fondano sul provvedimento del 17.4.2001 che non è riprodotto nel ricorso, non risulta allegato a questo e di cui non è indicata la sede di produzione processuale;

9. esse non si confrontano con la articolata ricostruzione della vicenda operata dalla Corte territoriale, la quale ha esaminato la disciplina collettiva in tema di mutamenti della classificazione del personale, ha spiegato che l’anzianità calcolata nel provvedimento dell’aprile del 2001 corrispondeva esattamente con l’anzianità di servizio individuata dalla tabella contrattuale di equiparazione secondo il previsto programma di permanenza in servizio di ciascuna fascia e che l’anzianità non costituiva elemento finalizzato all’individuazione della nuova posizione stipendiale, “restando piuttosto un mero parametro di coerenza del sistema di confluenza tra la previgente (per classi) e la nuova classificazione stipendiale (per fasce) del personale”;

10. esse non si confrontano nemmeno con la statuizione che afferma che la disciplina collettiva fa riferimento al servizio effettivo ai fini del calcolo dell’anzianità di servizio per il passaggio al secondo livello;

11. il ricorrente, infine, non ottempera all’onere di specificità imposto dall’art. 366 c.p.c., n. 4, nella lettura datane da questa Corte, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (cfr. fra le tante Cass. nn. 1274/2018, 17330/2015, 4036/2011, 17125/2007, 15952/2007), sicchè, anche qualora il ricorrente lamenti la violazione di norme di legge o di disposizioni dettate dai contratti collettivi nazionali di lavoro non è sufficiente l’indicazione delle norme che si assumono violate ma è necessario che il ricorrente specifichi “in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione” (Cass. n. 24298/2016);

12. nel caso di specie il ricorrente si è limitato a richiamare nella rubrica del motivo le norme di legge e del CCNL assunte come violate ovvero malamente applicate, non ha svolto alcuna critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia e, come evidenziato innanzi, ha fondato le doglianze unicamente sul provvedimento adottato nel 2001;

13. ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

LA CORTE

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità liquidate in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre ICA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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