Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11179 del 11/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/06/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 11/06/2020), n.11179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13064-2018 proposto da:

U.N.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO LINDO DEL GAUDIO;

– ricorrente –

contro

CREDITO EMILIANO SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 46,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA VENUTI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTO REGGIANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2211/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 12/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

Fatto

RITENUTO

CHE:

Il Credito Emiliano SPA, a seguito della risoluzione del rapporto di conto corrente instaurato con U.N.A. e della revoca della linea di credito accordatagli per irregolarità nell’utilizzo, aveva agito in sede monitoria nei suoi confronti, conseguendo un decreto ingiuntivo per le somme ancora vantate dall’istituto di credito; U. aveva proposto opposizione dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia, spiegando contestualmente domanda riconvenzionale con la quale aveva chiesto di dichiarare ed accertare l’invalidità e l’inefficacia di contratti di borsa da lui conclusi con la banca, che nulla era dovuto alla banca, oltre che condannare quest’ultima alla ripetizione di quanto prelevato illecitamente dai suoi conti correnti o, in subordine, al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Reggio Emilia, in sede di opposizione accogliendo l’eccezione sollevata da U., si era dichiarato incompetente per territorio con sentenza pubblicata il 20/2/2008 e aveva dichiarato competente il Tribunale di Cosenza. In particolare, il Tribunale di Reggio Emilia aveva osservato che sia in uno dei contratti di conto corrente, che nei due contratti di negoziazione di ordini, era stata inserita una clausola derogativa della competenza ed aveva ritenuto che, vigendo in materia di controversie tra consumatore e professionista la competenza esclusiva ed inderogabile del giudice del luogo ove il consumatore aveva la residenza o il domicilio eletto, questa si doveva radicare piuttosto presso il Tribunale di Cosenza.

Il Tribunale di Cosenza, adito tempestivamente in riassunzione da U., aveva rigettato la domanda riconvenzionale di questi – opponente -, ed affermato che – a fronte della prova del proprio credito fornita dalla banca-opposta – egli non aveva provato che le operazioni effettuate dalla banca avevano prodotto un danno nei suoi confronti, tanto più che non aveva mai contestato nè gli estratti conto, nè il saldo contabile, e lo aveva condannato a pagare Euro 29.639,26 in favore del Credito Emiliano SPA.

La Corte di appello di Catanzaro, decidendo sull’appello proposto da U., ha confermato la prima decisione.

U. propone ricorso con due mezzi avverso la sentenza in epigrafe indicata; il Credito Emiliano SPA ha replicato con controricorso.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente alle ragioni dell’accoglimento dell’eccezione preliminare sollevata dall’appellata banca, secondo la quale la controversia già in primo grado era stata oggetto di rinuncia implicita da parte di U. (fol. 5 e fol. 6 della sent. imp.).

La censura concerne la statuizione con cui la Corte di appello ha ritenuto che U., dopo avere proceduto alla riassunzione del giudizio in primo grado, nel precisare ivi le conclusioni all’udienza dell’19/4/2012 e nell’esporre le conclusioni nella comparsa conclusionale dell’11/6/2012, non aveva reiterato le domande originariamente formulate nell’atto di opposizione (opposizione e domanda riconvenzionale per invalidità dei contratti di borsa e connesse domande risarcitorie) ma le aveva abbandonate, ed aveva invece chiesto esclusivamente che venisse dichiarata improcedibile/inammissibile la sua stessa riassunzione “in quanto la sentenza definitiva del Tribunale di Reggio Emilia ha revocato il decreto ingiuntivo n. 285 del 22/10/1998, pertanto la domanda di riassunzione di una domanda riconvenzionale non è ammissibile: nel merito, essendo stato revocato il detto decreto ingiuntivo, la richiesta di pagamento della Credem risulta sprovvista di alcuna prova.” (così riportato, a fol. 10/11 del ricorso).

1.2. Il motivo è inammissibile.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicchè sono inammissibili le censure che, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. n. 14802 del 14/06/2017; Cass. n. 22397 del 06/09/2019), come nel caso in esame.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente al primo motivo di gravame.

Con il primo motivo di gravame l’appellante U. aveva sostenuto che il giudice di primo grado aveva errato nel ritenere riassunto l’intero processo monitorio, quando per converso egli aveva inteso riassumere la sola domanda riconvenzionale spiegata in opposizione al decreto ingiuntivo oramai revocato.

2.2. Il motivo è inammissibile per le ragioni già indicate sub 1.2. 2.3. D’altronde la Corte di appello ha illustrato le ragioni giuridiche della sua decisione che risultano in linea con i principi secondo i quali “L’atto di riassunzione del processo non introduce un nuovo procedimento, ma esplica esclusivamente la funzione di consentire la prosecuzione di quello già pendente, con la conseguenza che tale atto non deve necessariamente riproporre tutte le pretese in precedenza avanzate dalla parte, dovendosi presumere, in difetto di elementi contrari, che le stesse siano mantenute ferme ancorchè non trascritte.” (Cass. n. 19030 del 10/07/2008, Cass. n. 22436 del 27/10/2011) e “In caso di riassunzione dinanzi al giudice competente, ai sensi dell’art. 125 disp. att. c.p.c., il processo prosegue tra le parti originarie, indipendentemente da chi abbia assunto l’iniziativa di provvedere ai relativi incombenti.” (Cass. n. 21334 del 15/10/2010).

3. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in favore del Fallimento controricorrente in Euro 3.000,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 giugno 2020

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