Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11176 del 08/05/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/05/2017, (ud. 07/02/2017, dep.08/05/2017),  n. 11176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6717-2012 proposto da:

M.D., (OMISSIS), TITOLARE DELL’OMONIMA IMPRESA INDIVIDUALE,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv. ARMANDO CECATIELLO;

– ricorrente –

contro

DITTA F.G., P.I. (OMISSIS), IN PERSONA DEL PROPRIO

TITOLARE UNICO E LEGALE RAPP.TE, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE TRASTEVERE 281, presso lo studio dell’avvocato ROSSELLA

GRAZZINI, rappresentato e difeso dall’avvocato ROMEO PEREGO;

– controricorrente –

Nonchè da:

FAMILARI ANTONIO SRL, (OMISSIS), IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.,

elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO BELLI, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI OGLIALORO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2485/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito l’Avvocato Cecatiello Armando difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’avv. Belli Bruno difensore di Familari Antonio srl che si

riporta anch’egli;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto o inammissibilità

del ricorso principale, e l’accoglimento del ricorso incidentale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – La Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado, con la quale, in accoglimento della domanda proposta da F.G. nei confronti di M.D., quest’ultimo è stato condannato a pagare all’attore la somma di Euro 3.960,02 oltre interessi, quale residuo corrispettivo ancora dovuto per avere il F. eseguito lavori di imbiancatura e verniciatura presso un edificio condominiale su incarico del M., a sua volta incaricato dalla ditta ” Fa.An. Costruzioni” (quale ditta appaltatrice di più complesse opere di ristrutturazione edile); è stata altresì rigettata la domanda con la quale il M., chiamando in causa la ditta ” Fa.An. Costruzioni”, ne aveva chiesto la condanna al pagamento del residuo compenso dovutogli.

2. – Per la cassazione della sentenza di appello ricorre M.D. sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso F.G.; resiste con separato controricorso anche la società ” Fa.An.” s.r.l., che propone altresì ricorso incidentale affidato a un motivo.

Il ricorrente principale ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.- Col ricorso principale si formulano le seguenti censure:

1.1. – Col primo motivo, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 253 c.p.c. (ex art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la Corte di Appello posto a base della decisione dichiarazioni testimoniali che non riferivano fatti, bensì apprezzamenti e giudizi in relazione alla ritenuta “parziale cattiva esecuzione delle opere”.

Il motivo è inammissibile per difetto di specificità sotto il profilo dell’autosufficienza, in quanto il ricorrente non precisa a quali testimonianze intende riferirsi nè trascrive il contenuto delle dichiarazioni testimoniali rese, in modo da consentire alla Corte di esercitare l’invocato sindacato.

1.2. – Col secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello ritenuti attendibili le dichiarazioni testimoniali assunte, trascurando di considerare le conclusioni del C.T.U. che aveva escluso la sussistenza di vizi nelle opere eseguite.

La censura è inammissibile, in quanto pone in discussione l’accertamento dei fatti come compiuto dai giudici di merito sulla base delle prove acquisite, accertamento che è insindacabile in sede di legittimità, non risultando peraltro la motivazione della sentenza impugnata nè apparente nè manifestamente illogica (cfr. Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014).

Non sussiste peraltro il preteso contrasto – nei termini dedotto dal ricorrente – tra le risultanze delle prove testimoniali e quelle della C.T.U., avendo la Corte territoriale sottolineato come il C.T.U. abbia evidenziato il notevole lasso di tempo trascorso tra l’esecuzione delle opere (1999) e lo svolgimento delle indagini peritali (2005) come – prima di queste ultime – il prospetto sud-ovest dell’edificio sia stato rifatto.

1.3. – Col terzo motivo, si deduce infine il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello ritenuto attendibile la testimonianza di C.A., nonostante che dal verbale di causa risultasse che lo stesso, prima di deporre, avesse letto la “memora istruttoria” del difensore di F.G..

Anche questa censura è inammissibile per difetto di autosufficienza, in quanto il ricorrente non riporta il contenuto della memoria istruttoria letta dal teste, non consentendo così alla Corte di esercitare il proprio sindacato sotto il profilo della possibile incidenza di tale lettura sulla attendibilità della dichiarazione testimoniale.

2. – Passando all’esame del ricorso incidentale proposto dalla società ” Fa.An.” s.r.l., con l’unico motivo si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello escluso la sussistenza dell’inadempimento della ditta M. nell’esecuzione del sub-appalto e per avere, conseguentemente, rigettato le domande di risoluzione del contratto per inadempimento della detta ditta e la domanda di riduzione del prezzo.

La censura non può trovare accoglimento.

Il ricorrente, infatti, critica – nella sostanza – la valutazione degli elementi istruttori acquisiti (con particolare riferimento alla relazione del C.T.U.) da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono pervenuti in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale. La valutazione degli elementi istruttori, tuttavia, è riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in cassazione; a meno che ricorra una mancanza o illogicità della motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve però escludersi.

Le Sezioni Unite di questa Corte, sul punto, hanno avuto occasione di precisare che “Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti. Il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purchè risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati” (Sez. U, n. 898 del 14/12/1999). Hanno ancora precisato che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento. Non sussiste, invece, tale vizio ove vi sia esclusivamente difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente in ordine agli elementi delibati, non essendo possibile una revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito al fine di ottenere una nuova pronuncia sul fatto (Cass., Sez. U, n. 24148 del 25 ottobre 2013).

Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito le ragioni della loro decisione (richiamando la relazione del C.T.U. e soffermandosi sui materiali impiegati per eseguire i lavori). La motivazione della decisione risulta esente da vizi logici e giuridici e resiste alle censure del ricorrente sul punto.

D’altra parte, il ricorrente richiama (p. 8 del controricorso con ricorso incidentale) asseriti elementi di prova (costituiti da documenti, dichiarazioni testimoniali), discordanti dalle conclusioni del giudice di appello, che però non trascrive, rendendo la censura per tale profilo inammissibile per difetto di autosufficienza, limitandosi a proporre a questa Corte una ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito.

E tuttavia, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass., Sez. 3, n. 3267 del 12/02/2008), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile; ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.

3. – In definitiva, sia il ricorso principale che quello incidentale devono essere rigettati.

La parte ricorrente, risultata soccombente, va condannata al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente F.G., liquidate come in dispositivo. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno invece compensate tra il ricorrente principale e quello incidentale, attesa la soccombenza reciproca.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

rigetta entrambi i ricorsi; compensa le spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente principale e quello incidentale; condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore del controricorrente F.G., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.000,00 (duemila) per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2017

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