Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11174 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/05/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 07/05/2010), n.11174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DI DIMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M.A., elettivamente domiciliata presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa giusta

procura speciale a margine del ricorso dall’avv. MALAGONI Angelo del

Foro di Vicenza con studio in Vicenza Contrà Vescovado 8;

– ricorrenti –

contro

Comune di Rosà (VI), in persona del Sindaco pro tempore, con sede in

Piazza della Serenissima 1;

– intimato –

avverso la sentenza n. 30/05/05, depositata in data 20.6.05,

notificata il 9.8.2005, della Commissione tributaria regionale del

Veneto;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23.2.10 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Udito il P.G., in persona del Dr. Umberto Apice che ha concluso per

il rigetto del ricorso con le pronunce consequenziali.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla CTR Veneto, B.M.A. chiedeva l’annullamento della sentenza di primo grado emessa dalla CTP di Vicenza, depositata il 16 aprile 2004, la dichiarazione di inammissibilità della costituzione in giudizio del Comune di Rosà, il tutto relativo ad accertamento ICI degli anni dal 1998 al 2000 per un terreno in (OMISSIS), di totali mq 4.000. La Commissione adita, in parziale riforma della sentenza impugnata, rettificava i valori nella misura ritenuta nella perizia disposta in giudizio, pari ad Euro 164.500.00 per il 1998, e determinabili con i criteri e le proporzioni applicate dal Comune per gli anni successivi, confermando nel resto la sentenza.

Avverso la detta sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, articolato in cinque motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con la prima doglianza, la ricorrente lamenta l’erroneità della decisione impugnata per aver la CTR disatteso per tardività della sua proposizione l’eccezione di inammissibilità della costituzione del Comune “per carenza soggettiva del difensore del Comune in quanto non dotato di procura specifica conferita dal Sindaco”. E ciò, in quanto l’eccezione era stata prospettata questa in sintesi la tesi del giudice di appello – con riferimento a circostanze di fatto e di diritto diverse da quelle formulate in primo grado in cui la ricorrente aveva eccepito l’inammissibilità della costituzione in giudizio del Comune di Rosà, per ragioni differenti, vale a dire perchè avvenuta oltre il termine di 60 giorni dal ricevimento del ricorso.

Ed, invero – così continua la ricorrente – la CTR avrebbe sbagliato a rigettare l’eccezione trascurando che le eccezioni di diritto possono essere legittimamente proposte “in ogni ordine e grado del giudizio perchè trattasi di violazione di legge”.

La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza. Al riguardo, anche se nel processo tributario, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, u.c., possono proporsi nuove eccezioni, purchè siano rilevabili d’ufficio, deve tenersi presente che secondo un recente insegnamento di questa Corte il difetto di rappresentanza processuale non determina una nullità insanabile rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, ma solo un vizio che deve essere fatto valere con l’appello in base alla regola dell’assorbimento dei vizi di nullità in motivi di gravame, applicativa del generale principio del carattere meramente processuale delle nullità formali (cfr. Cass. 7306/08). Ora, deve considerarsi che il tema decisionale del giudizio di appello è delimitato esclusivamente dai motivi di impugnazione e che l’appellante deve prospettare tutte le doglianze ed eccezioni con l’atto di appello, senza poter nel corso dell’ulteriore attività processuale aggiungere alcunchè, consumandosi il diritto d’impugnazione con lo stesso atto d’appello.

Ciò posto, giova sottolineare che la ricorrente si è ben guardata dall’indicare nel ricorso per cassazione in quale atto del giudizio di secondo grado, in particolare, – se nell’atto di appello o nella memoria aggiuntiva, cui accenna la CTR, o nel verbale di causa – abbia sollevato la questione dell’inammissibilità della costituzione del Comune per le diverse ragioni di fatto e di diritto, riguardanti il difetto di regolare deposito della delega, così come si è ben guardata dal procedere alla integrale trascrizione del brano contenente l’eccezione, al fine di consentire a questa Corte di esaminare di preciso contenuto della doglianza nei suoi termini esatti e di verificarne la correttezza e la ritualità.

Ed è appena il caso di sottolineare come la circostanza che in ipotesi di denunzia di un error in procedendo questa Corte sia anche giudice del fatto processuale ed abbia il potere-dovere di esaminare direttamente gli atti di causa non elimina l’onere della parte di indicare nel ricorso tutti gli elementi di fatto necessari ad individuare la dedotta violazione processuale, giacchè il riesame del fatto processuale non implica che questa Corte debba ricercare il fatto o gli atti processuali, colmando con indagini integrative le lacune nell’indicazione delle circostanze rilevanti per la valutazione della decisività della questione. In ossequio al principio (art. 366 cit.) di specificità ed autosufficienza del ricorso per Cassazione – il quale deve consentire a questo giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell’iter processuale – il ricorrente che denunzi un error in procedendo, quindi, è tenuto, non solo ad enunciare le norme processuali violate, ma pure a specificare le ragioni, anche fattuali, della violazione denunciata. Il mancato assolvimento di tale onere comporta l’inammissibilità della doglianza svolta.

Passando all’esame dei successivi motivi di impugnazione, va rilevato che il secondo si fonda su una pretesa illegittimità parziale della sentenza di primo grado per aver il giudice di appello ritenuto la sufficiente leggibilità della sentenza appellata benchè scritta a mano mentre il terzo si fonda su una pretesa illegittimità della dichiarata validità parziale dell’avviso di accertamento, non potendo la CTR riconoscere la validità degli avvisi di accertamento, in relazione al quantum riguardante la misura dell’imposta e degli interessi, ad onta della ritenuta illegittimità delle sanzioni applicate.

Entrambe le censure sono prive di pregio.

Quanto alla prima, mette conto di evidenziare che, secondo l’orientamento di questa Corte, può ritenersi integrata l’ipotesi di assoluta carenza della motivazione solo quando la sentenza, stilata in forma autografa, si presenti assolutamente incomprensibile, a punto che, nonostante gli sforzi cui eventualmente si sottoponga il lettore più attento, risulta impossibile avere certezza in ordine all’esatta comprensione del testo (Cass. n. 1211/2004, conf. Cass. n. 21231/06). Ne deriva che, in mancanza di un’espressa comminatoria, non è configurabile alcuna nullità nel caso in cui il testo della sentenza sia stilato dal giudice estensore con grafia non facilmente leggibile. Senza considerare che è incensurabile in sede di legittimità la valutazione del giudice di appello circa l’idoneità del testo autografo del giudice di primo grado ad assolvere la sua funzione essenziale, consistente nell’esteriorizzazione del contenuto della decisione.

Quanto alla seconda doglianza, è appena il caso di sottolineare che costituisce regola fondamentale del nostro ordinamento la regola secondo cui la nullità parziale non si estende all’intero contenuto di un atto se permane l’utilità dello stesso in relazione agli interessi con esso perseguiti, Ed invero, l’effetto estensivo della nullità di una parte rispetto al tutto, derogando al generalissimo principio del nostro ordinamento volto alla conservazione degli atti, ha carattere eccezionale e ricorre soltanto quando risulti provata l’indispensabilità della parte dichiarata nulla rispetto alla funzione fondamentale perseguita dall’atto colpito dalla nullità parziale si da ritenersi determinante rispetto alla sua stessa emanazione.

Passando all’esame del quarto motivo di impugnazione, articolato sotto il profilo della carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, devo rilevarsi che la censura si fonda sulla premessa che la CTR non avrebbe preso in alcuna considerazione i vizi di motivazione degli avvisi di accertamento in questione “e più specificamente sia la mancata allegazione documentale della delibera di determinazione annuale dell’aliquota ICI sia la mancata indicazione negli stessi dell’aliquota ICI annuale applicata, sia l’errore nell’indicazione dell’organo che ha emesso tali indici, G.C. anzichè C.C. ritenendolo tale vizio come mero errore ortografico”.

La censura non coglie nel segno. A riguardo, vale la pena di evidenziare che questa Corte, recentemente ha avuto modo di statuire il principio secondo cui “in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto.

Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli alti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento della detta funzione e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione (Cass. n. 25371/08). Quanto all’altro profilo di doglianza riguardante l’errore nell’indicazione dell’organo (G.C. anzichè C.C.), che per l’anno 1998 aveva emesso la delibera con cui era stata determinata l’aliquota ICI, deve ritenersi esente da censure la considerazione del giudice di appello circa l’irrilevanza di tale errore tipografico. E ciò in quanto, essendo gli atti generali come le delibere del consiglio comunale soggette a pubblicità legale, la loro conoscibilità è presunta (cfr. Cass. n. 5755/05) così come è presunta la conoscenza dell’organo amministrativo che le emette.

L’ultima doglianza si fonda infine sull’asserita decadenza del Comune dal potere di accertamento, avendo la CTR omesso di considerare che la proroga degli originari termini di decadenza stabiliti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 117, 2^ cpv., sarebbe avvenuta con leggi entrate in vigore dopo che i termini di decadenza erano già scaduti.

Anche quest’ultima censura non coglie nel segno alla luce del principio, già affermato da questa Corte ed ormai consolidato, secondo cui, non potendosi il termine scadente il 31 dicembre ritenere “scaduto” in tale giorno perchè in questo giorno esso è ancora “aperto” (cfr. Cass. 3393/08), non si determina alcuna soluzione di continuità, essendosi la prima scadenza consumata temporalmente non prima dello spirare delle ore 24 del giorno 31 dicembre ed avendo la seconda cominciato a decorrere fin dalla prima ora del giorno successivo (cfr. Cass. 13342/09). Del resto, la ratio legis di ogni legge di proroga è volta funzionalmente ad eliminare l’interruzione della continuazione di efficacia della normativa prorogata per cui l’interpretazione contraria a quella affermata da questa Corte verrebbe a vanificare l’intrinseca funzione delle leggi di proroga.

Considerato che la sentenza impugnata appare in linea con i principi richiamati, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA