Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11172 del 10/06/2020

Cassazione civile sez. I, 10/06/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 10/06/2020), n.11172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Angelo Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10697/2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Centore, giusta

procura speciale ad litem in calce al ricorso per cassazione

rilasciata su foglio separato ed elettivamente domiciliato

all’account di posta elettronica certificata paolo.centore.avvocati

smcv.It.;

– controricorrente –

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di ANCONA n. 2416/2018,

pubblicata in data 6 novembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Consigliere CARADONNA Lunella.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. S.M., nato a (OMISSIS), ha impugnato l’ordinanza del Tribunale di Ancona del 5 dicembre 2017, che, al pari della Commissione territoriale competente, aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria.

2. Il richiedente ha dichiarato di essere stato vittima di violenze e vessazioni per il rapporto omosessuale intrattenuto con un insegnante di francese, sig. D.G., che abitava nella casa della nonna, divenuta di sua proprietà alla morte della nonna; che il suo negozio era andato distrutto e che aveva denunciato alla Polizia gli autori del fatto, che erano rimasti impuniti; che si era determinato a fuggire dopo che un gruppo di studenti armati, seguaci dell’Imam, avevano fatto irruzione nella sua casa e lo avevano malmenato insieme all’insegnante per dare loro una punizione esemplare.

3. La Corte di appello di Ancona ha ritenuto insussistenti i presupposti necessari per il riconoscimento di ciascuna delle forme di protezione invocate, sulla base delle dichiarazioni del richiedente giudicate non credibili, oltre che riguardanti questioni aventi carattere privato; della mancanza di un effettivo rischio nell’ipotesi di rientro nel Paese d’origine alla luce della concreta situazione socio-politica del suo Paese di provenienza e dell’assenza di lesioni di diritti umani.

4. S.M. ricorre in cassazione con quattro motivi.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese e ha depositato atto di costituzione ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo S.M. lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 5 e 7 ,in combinato disposto con D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e con il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), perchè, pur non essendo stata sollevata alcuna contestazione circa la genuinità dell’orientamento sessuale dichiarato dal ricorrente, la Corte non aveva verificato le condizioni sulla base di informazioni esterne e oggettive relative alla situazione reale del Paese di provenienza, anche facendo ricorso all’obbligo di attivarsi, disponendo l’audizione del richiedente.

2. Con il secondo motivo S.M. lamenta la nullità della sentenza per error in procedendo (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in relazione l’art. 132 c.p.c. e art. 156 c.p.c., comma 2 e art. 111 Cost., comma 6, per non avere la Corte di appello svolto un’approfondita disamina logico-giuridica degli elementi da cui sosteneva di avere tratto il proprio convincimento, in particolare relativamente alla mancanza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

3. Con il terzo motivo S.M. lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere omesso la Corte di appello di esaminare la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con espresso riferimento al suo paese di origine in comparazione con gli altri fattori di vulnerabilità prospettati dal ricorrente (processo di alfabetizzazione e attività lavorativa di addetto al volantinaggio).

4. Con il quarto motivo S.M. lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1 e del D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 32, comma 3, ratione temporis vigenti, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte di appello operato la valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine e la situazione d’integrazione raggiunta in Italia.

4.1 I motivi di censura, che vanno esaminati congiuntamente perchè connessi, sono fondati.

4.2 In ordine alla condizione di omosessualità occorre premettere che questa Corte ha affermato che “ai fini della concessione della protezione internazionale, la circostanza per cui l’omosessualità sia considerata un reato dall’ordinamento giuridico del Paese di provenienza è rilevante, costituendo una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini omosessuali, che compromette grandemente la loro libertà personale e li pone in una situazione oggettiva di persecuzione, tale da giustificare la concessione della protezione richiesta; devono, pertanto, essere acquisite le prove, necessarie al fine di acclamare la circostanza della omosessualità del richiedente, la condizione dei cittadini omosessuali nella società del Paese di provenienza e lo stato della relativa legislazione, nel rispetto del criterio direttivo della normativa comunitaria e italiana in materia di istruzione ed esame delle domande di protezione internazionale” (Cass., 14 ottobre 2019, n. 25885; Cass., 20 settembre 2012, n. 15981).

4.2 Occorre, inoltre, osservare che il legislatore ha ritenuto di affidare la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo non alla mera opinione del Giudice, ma ha previsto una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi, ma alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, e tenendo conto “della situazione individuale e della circostanze personali del richiedente” (di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007), art. 5, comma 3, lett. c), con riguardo alla sua condizione sociale e all’età, non potendo darsi rilievo a mere discordanze o contraddizioni su aspetti secondari o isolati quando si ritiene sussistente l’accadimento, sicchè è compito dell’autorità amministrativa e del giudice dell’impugnazione di decisioni negative della Commissione territoriale, svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda” (Cass., 14 novembre 2017, n. 26921).

4.3 Quanto poi al dovere di cooperazione istruttoria del Giudice l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona.

Qualora le dichiarazioni siano giudicate attendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 è necessario procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925).

4.4 Nel caso in esame, la Corte di appello ha evidenziato che il richiedente non aveva manifestato alcun timore nei confronti delle forze di polizia, quanto piuttosto nei confronti degli studenti ai quali non piacevano gli omosessuali, così evidenziando la non credibilità della vicenda narrata in relazione alla dinamica delle aggressioni e alla mancata protezione statuale, piuttosto che in relazione alla condizione di omosessualità che non appare messa in discussione.

Inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato che in Senegal intrattenere relazioni con persone dello stesso costituisce reato punibile con cinque anni di reclusione.

4.5 Qualora un ordinamento giuridico punisca l’omosessualità come reato, questo costituisce, di per sè, una grave ingerenza nella vita privata dei cittadini, che ne compromette la libertà personale e li pone in una situazione di oggettivo pericolo, ciò che impone al giudice la verifica, anche officiosa, delle conseguenze che la scoperta di una tale relazione determina secondo la legislazione del Paese di provenienza dello straniero (Cass., 24 ottobre 2018, n. 26969).

Più in particolare, è doveroso accertare se lo Stato di provenienza non possa o non voglia offrire adeguata protezione alla persona omosessuale, il D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 5, lett. c), e dunque se, considerata la concreta situazione del richiedente e la sua particolare condizione personale, questi possa subire, a causa del suo orientamento sessuale, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8, lett. d), la minaccia grave ed individuale alla propria vita o alla persona e dunque l’impossibilità di vivere nel proprio paese d’origine senza rischi effettivi per la propria incolumità psico-fisica la propria condizione personale.

4.6 Nel caso di specie non risulta che la Corte territoriale abbia considerato la specifica situazione del richiedente ed abbia adeguatamente valutato la sussistenza di rischi effettivi per la sua incolumità in caso di rientro nel paese di origine, a causa della sua condizione e senza la presenza di adeguata tutela da parte dell’autorità statale.

La Corte territoriale ha, inoltre, omesso di valutare la sussistenza della condizione di vulnerabilità del ricorrente, alla luce della particolare situazione personale prospettata nel ricorso e del concreto pericolo che egli possa subire, in conseguenza della propria condizione di omosessualità, trattamenti degradanti e la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani al di sotto dello statuto della dignità personale in caso di rimpatrio.

5. In conclusione la decisione impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Ancona in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Ancona, anche per le spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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