Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11172 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 07/05/2010, (ud. 22/02/2010, dep. 07/05/2010), n.11172

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe V. A. – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune Ferrandina, in persona del responsabile apicale del servizio

economico tributario, C.L., rappresentato e difeso

dall’Avv. Calculli Francesco, giusta mandato a margine del ricorso,

elett.te domiciliato in Roma, viale delle Milizie 76 presso io studio

dell’avv. Paolo Botzios (studio Donnangelo ed associati);

– ricorrenti –

contro

Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura A.L.S.I.A.

in persona dell’amministratore Unico, con sede al viale Carlo Levi in

Matera.

– intimati –

avverso la sentenza n. 46/02/05, depositata in data 9 settembre 2005,

della Commissione tributaria regionale della Basilicata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22.2.10 dal Consigliere Dott. Giovanni Carleo;

Udito il P.G. in persona del Dr. Fuzio Riccardo che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositalo presso la CTP di Matera l’A.I.S.I.A. in data 25 febbraio 2003, deducendo di esercitare solo compiti di gestione degli immobili della Regione Basilicata senza essere però possessore degli stessi ed aggiungendo che detti immobili essendo di proprietà regionale erano esenti D.Lgs. n. 504 del 1992, ex art. 7, proponeva opposizione avverso il silenzio rifiuto maturatosi sulla sua istanza di rimborso dell’ICI versata al Comune di Ferrandina per gli anni dal 1993 al 2001. La Commissione adita accoglieva il ricorso. Il Comune proponeva appello ribadendo le tesi esposte in primo grado. La Commissione tributaria regionale della Basilicata dichiarava inammissibile il gravame. Avverso la della semenza il Comune ha quindi proposto ricorso per Cassazione articolato in due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La prima doglianza, articolata dal Comune ricorrente sotto il profilo della violazione di legge, si fonda sulla considerazione che la CTR avrebbe errato nell’accogliere l’eccezione di inammissibilità del gravarne in quanto sottoscritto dal dirigente apicale del contenzioso e non già dal Sindaco. Ed invero, la rappresentanza legale del Comune in giudizio nella sua capacità processuale e di stare in giudizio, resistere alle liti, agire in giudizio, affidare l’incarico al professionista legale, apparterrebbe al responsabile apicale il servizio economico tributario e responsabile del procedimento degli atti oggetto del contenzioso, come previsto dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 107, dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 4 e art. 85 vigente Statuto Comunale.

La censura è fondata. Al riguardo occorre premettere che l’art. 85 de vigente Statuto Comunale, approvato con determinazione del C.C. n. 27 de 3.8.2000, ed inviato al Ministero dell’Interno con nota del 13.11.2002, applicabile ratione temporis all’appello proposto dal Comune di Ferrandina depositato il 5.1.2004, nel comma 1, prevede che la rappresentanza legale dell’ente e la rappresentanza legale in giudizio spetta ai dirigenti e/o responsabili apicali di uffici e servizi o di area competenti titolari dei poteri di gestione; nel comma 3, in merito alla rappresentanza legale in giudizio, prevede che gli atti di gestione del contenzioso, l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente, la promozione o la resistenza di una lite, trattazione di una controversia pendente o potenziale, sono considerati atti di gestione: nel comma 4, prevede che “l’organo monocratico interno che rappresenta il Comune in giudizio, attivamente e passivamente nella capacità processuale e nella capacità di stare in giudizio è individuato nel dirigente e/o responsabile apicale degli uffici e dei servizi secondo la rispettiva competenza ratione materiae: nel comma 5 prevede infine che al dirigente e/o o apicale compete pertanto nell’esplicazione della propria autonomia gestionale, tra gli altri compiti: – compiere la scelta di promuovere o resistere alle liti; – emanare l’atto con il quale si determina di agire in giudizio; – affidare l’incarico al professionista legale; – rappresentare in generale l’Ente locale in giudizio; – sottoscrivere la procura alle liti”.

Ciò premesso, vale la pena di precisare che secondo la giurisprudenza più risalente la legittimazione a rappresentare il Comune competeva al sindaco (e, in caso di suo impedimento, al vicesindaco), poichè, ai sensi del citato D.Lgs., art. 50, comma 2 soltanto il sindaco rappresenta il Comune (Cass. 17360/03) e che, qualora lo statuto dell’ente avesse modificato tale competenza, venendo a limitare in tal modo un potere conferito dalla legge, avrebbe potuto essere disapplicato dal giudice ordinario (Cass. 2878/03, 1949/03). Fatto sta che, successivamente, le Sezioni Unite, superando il precedente più restrittivo orientamento riportato, hanno statuito che li rappresentanza in giudizio del Comune ad opera del sindaco non e più esclusiva, perchè lo statuto del Comune (atto a contenuto normativo di rango paraprimario o subprimario, la cui conoscenza appartiene alla scienza ufficiale del giudice) può legittimamente affidarla ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratica- amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o anche regolamentare solo se lo statuto contenga un espresso rinvio) non sussista, il sindaco conserva l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune ai sensi dell’art. 50 sopra citato (S.U. 12868/05).

Considerato che la sentenza impugnata non si è uniformala ai suddetti principio, pienamente condiviso dal Collegio ed applicabile nella fattispecie, la censura formulata merita di essere accolta, ritenendosi in essa assorbito il secondo motivo di impugnazione, fondato sulla violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 12 c.p.c. e D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, per nullità della sentenza e del procedimento, nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Ne consegue che il ricorso per cassazione, siccome fondato, deve essere accolto e che la sentenza impugnata, che ha fatto riferimento, in modo non corretto, ad una regula iuris diversa, deve essere cassata.

Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame da condursi nell’osservanza del principio richiamato, la causa va rinviata ad altra Sezione della CTR, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa ad altra Sezione della CTR della Basilicata, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 22 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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