Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11154 del 20/05/2011
Cassazione civile sez. VI, 20/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 20/05/2011), n.11154
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –
Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 11112/2010 proposto da:
C.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA VARESE 23, presso lo studio dell’avvocato CALABRESE
Michele, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI
SUL LAVORO (OMISSIS) in persona del Dirigente con incarico di
livello generale e con funzioni di Direttore Centrale Risorse Umane,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato
e difeso dagli avvocati VUOSO Lucio, PONTONE MICHELE, giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2131/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE del
2.11.09, depositata l’11/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO
FINOCCHI GHERSI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce, riformando la statuizione di primo grado, rigettava la domanda di C. B., ex dipendente Inail, ad includere, nel calcolo relativo alla indennità di buonuscita, l’indennità di finizione L. n. 88 del 1989, ex art. 15.
Avverso detta sentenza il C. ricorre, mentre l’Inail resiste con controricorso;
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza del ricorso;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè questa Corte, in controversia del tutto analoga, con la sentenza delle Sezioni unite n. 7154 del 25/03/2010, ha rigettato la pretesa, affermando che “In tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione della L. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inail, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo”.
Il ricorso va quindi rigettato. Le oscillazioni giurisprudenziali consigliano la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 7 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2011