Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11149 del 10/06/2020

Cassazione civile sez. I, 10/06/2020, (ud. 07/01/2020, dep. 10/06/2020), n.11149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8954/2019 proposto da:

G.K., elettivamente domiciliato in Roma Piazza San Salvatore

In Campo 33 presso lo studio dell’avvocato Muccio Giuseppina

Nicolina e rappresentato e difeso dall’avvocato Nappi Noemi, giusta

procura speciale alle liti in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che

lo rappresenta e difende;

– resistente-

avverso la sentenza n. 1906/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/01/2020 da Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO LUCIO, che ha concluso per rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1906/2018, ha respinto il gravame di G.K., cittadino del (OMISSIS), avverso l’ordinanza del Tribunale che, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, aveva respinto la richiesta dello straniero di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che il Tribunale aveva ritenuto la situazione narrata dal richiedente (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, una regione ad ovest nel (OMISSIS), per sfuggire alle violenze di seguaci di culti animisti, che l’avevano aggredito, avendo egli rifiutato di adeguarsi alle credenze dei famigliari della madre ed ai riti tribali con sacrifici umani dagli stessi praticati) presentava scarsa verosimiglianza (in quanto la vendetta famigliare si era manifestata dopo molti anni dalla nascita dei due figli e la stessa moglie del richiedente, pur di diversa religione, era rimasta in Senegal, ospite presso gli zii materni), con conseguente insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e reiezione delle ulteriori richieste di protezione.

Ad avviso della Corte d’appello, premesse alcune considerazioni generali sui presupposti della protezione internazionale, nella sua triplice forma (status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione per motivi umanitari), quanto alla protezione sussidiaria, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c non sussisteva un pericolo di danno grave, in quanto la regione di provenienza del richiedente non era interessata da violenza indiscriminata, come emergeva dallo stesso sito del Ministero degli Esteri, allegato dall’appellante; non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non rilevando, da sola, una situazione di particolare integrazione in Italia (avendo il richiedente svolto attività di bracciante agricolo e di volontariato).

Avverso la suddetta pronuncia, G.K. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno (che si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza pubblica di discussione).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, non può essere accolta l’istanza, pervenuta a mezzo posta certificata il giorno 6/01/2020, dell’avvocato Noemi Nappi, difensore del ricorrente, di rinvio dell’udienza per sopraggiunti motivi di salute del medesimo, in quanto non documentata.

2. Il ricorrente lamenta: 1) la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 non avendo la Corte d’appello assolto all’onere di cooperazione istruttoria nella materia, anche in relazione alla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato; 2) con il secondo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e ed art. 111 Cost., avendo la Corte d’appello del tutto omesso di valutare la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, a fronte del pericolo concreto dedotto di persecuzione per motivi religiosi; 3) con il terzo motivo, sia la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. g) e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 in relazione al rigetto della richiesta di protezione sussidiaria; 4) con il quarto motivo, in relazione al rigetto della richiesta di protezione umanitaria, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

3. La seconda censura, di rilievo pregiudiziale, è fondata.

Invero, pur risultando dalle conclusioni in appello, ritrascritte nell’epigrafe della sentenza, che il richiedente appellante aveva insistito anche nella richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, per effetto delle persecuzioni per motivi religiosi subite, la Corte d’appello, dopo una premessa in generale sui requisiti richiesti dalla legge per la tutela specifica, ha del tutto omesso qualsiasi motivazione, al riguardo, sia pure per condividere il vaglio di non credibilità espresso in primo grado. Ricorre, pertanto, in ordine alla domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, il vizio di omessa motivazione pure denunziato, sia perchè la Corte territoriale non ha esplicitato il percorso argomentativo che l’ha condotta al rigetto di quella domanda e il vizio risulta dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053/2014) sia perchè risulta del tutto omesso, in relazione alla suddetta forma di protezione, l’esame dei fatti allegati dal richiedente.

4. Le restanti censure, attinenti o al generale dovere di cooperazione istruttoria del giudice o alle altre misure di protezione richieste, in via gradata rispetto alla prima, sussidiaria o umanitaria, sono di conseguenza assorbite.

5. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del solo secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 7 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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