Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11147 del 09/05/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 11147 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: GORJAN SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 19683-2013 proposto da:
PIZZAMIGLIO MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA,
P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE
rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGIA CARLA
GERMANI;
– ricorrente contro

DEUTSCHE BANK SPA, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DELLE QUATTRO FONTANE 161, presso lo studio
dell’avvocato FILIPPO DI PEIO, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati GIANCARLO SESSA, PAOLO
QUATTROCCHI;

Data pubblicazione: 09/05/2018

- controricorrente

avverso la sentenza n. 177/2013 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 08/03/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/01/2018 dal Consigliere Dott. SERGIO
GORJAN;

Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammissibilità in sub rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato BOCCIA Iolanda con delega depositata
in udienza dell’Avvocato SESSA Giancarlo, difensore del
resistente che ha chiesto inammissibilità sub rigetto
del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Fatti di causa
Michele Pizzamiglio,attinto da decreto ingiuntivo richiesto nei suoi confronti dalla
spa Deutsche Bank,ebbe a proporre opposizione nanti il Tribunale di Udine
deducendo l’invalidità del contratto di finanziamento posto alla base della pretesa
azionata dalla banca.

e confermare il decreto ingiuntivo ritenendo infondate le censure proposte dal
debitore e documentato il credito azionato.
Avverso la sentenza del Tribunale propose gravame il Pizzamiglio, riproponendo
la sua tesi difensiva,alla quale s’opponeva la banca, e la Corte alabardata
rigettava l’appello rilevando l’infondatezza dei motivi di censura elevati
La Corte di merito rilevava come,in effetti,l’amnnontare del credito,siccome
precisato nel saldaconto, non era stato contestato; come il debitore avesse
pagato 12 rate e come la documentazione dimessa dimostrasse che il denaro era
stato erogato al fornitore della merce secondo contratto; come gli interessi
praticati rispettassero il limiti prescritti in relazione al prestito al consumo; come
non esistesse elemento di collegamento tra il finanziamento concesso ed il patto
stretto tra i privati siccome espressamente stabilito nella documentazione
contrattuale; come l’effettuato pagamento di 12 rate,non già, era elemento di
convalida di contratto nullo,bensì dimostrazione della consapevolezza della
validità del contratto da parte del debitore; come non fosse stata fornita la prova
che il modulo contrattuale fosse stato firmato in bianco dal Pizzamiglio; come la
clausola di separazione tra i rapporti,intercorsi tra le parti interessate, non aveva
natura vessatoria.
Proponeva ricorso per cassazione il Pizzamiglio affidato a 5 motivi.
Resisteva con controricorso la spa Deutsche Bank.
All’odierna udienza pubblica,sentite le parti presenti ed il P.G. come precisato in
rubrica,la Corte assumeva decisione siccome illustrato in presente sentenza.

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Resistendo l’Istituto di Credito,i1 Tribunale friulano ebbe a rigettare l’opposizione

Ragioni della decisione
Il ricorso proposto da Michele Pizzamiglio s’appalesa privo di fondamento e va
rigettato.
Con il primo mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente denunzia violazione
dalla norma di diritto in art 2697 cod. civ. in quanto la Corte giuliana ha errato

dell’eseguita erogazione del finanziamento.
In particolare il Pizzamiglio rileva come il documento di saldaconto,è stato
ritenuto adeguato dalla Corte di merito a prova del credito preteso, mentre detto
documento aveva rilievo esclusivamente ai fini dell’emissione del provvedimento
monitorio e non anche nel giudizio conseguito all’opposizione perché contestato.
Inoltre,ad opinione del ricorrente, la Corte alabardata ebbe a porre a suo carico
l’onere di provare la mancata consegna della merce, per il cui acquisto fu
concesso il mutuo, mentre tale onere spettava al soggetto che proponeva la
domanda.
Ed un tanto anche perché v’era stata sua puntuale contestazione circa la
sussistenza del credito vantato per omessa prova dell’eseguito finanziamento al
venditore della merce,in effetti mai avvenuto poiché il contratto di comperavendita mascherava un pagamento in relazione a rapporto di franchising.
L’articolato motivo d’impugnazione si appalesa siccome inammissibile.
In effetti il motivo di impugnazione appare la mera riproposizione del motivo di
gravame,articolato in modo omologo,già puntualmente sotto ogni profilo
esaminato e disatteso dalla Corte territoriale.
Inoltre il Pizzamiglio nemmeno si confronta con tutti gli elementi fattuali utilizzati
dalla Corte alabardata per illustrare la sua statuizione sul punto.
Difatti i Giudici triestini,non solo, hanno posto in evidenza come il ricorrente non
abbia specificatamente contestato l’ammontare del debito iniziale, bensì solo il
tasso d’interesse indicato nel documento di saldaconto; non solo hanno ricordato
il versamento in atti della documentazione bancaria attestante il bonifico in

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nell’applicazione del canone in tema di onere probatorio con relazione alla prova

favore del soggetto venditore della merce acquistata dal ricorrente; non solo
hanno chiarito come la discrasia tra il dovuto in saldaconto fosse leggermente
diverso dall’ammontare del finanziamento – interessi ex lege per il posticipato
pagamento della prima rata di rimborso -; ma sopratutto – dato fattuale
opportunamente obliato in ricorso – hanno sottolineato l’avvenuto pagamento di

Condotta questa che la Corte valuta siccome dimostrazione della consapevolezza
del debitore e dell’effettuazione del pagamento in favore del fornitore e della
correttezza dei dati contabili indicati dalla banca.
Inoltre la Corte triestina non ha affatto assegnato valenza probatoria al
documento di saldaconto nell’ambito del procedimento di cognizione seguito
all’opposizione del decreto ingiuntivo, ma, in coerenza con il costante
insegnamento di questo Supremo Collegio al riguardo – Cass. sez. 3 n°
21092/16, Cass. sez. 1 n° 6705/09 – ha ritenuto il documento di saldaconto
quale elemento indiziario da valutare nell’ambito del più ampio compendio
probatorio, dianzi richiamato.
Nemmeno la Corte alabardata ebbe ad errare nel rilevare come la mancata
consegna della merce al Pizzamiglio da parte del soggetto venditore,destinatario
del finanziamento da parte della banca, fosse fatto la cui prova non spettava
all’Istituto di credito,in quanto il rapporto contrattuale di compra vendita era
limitato ai soggetti stipulanti lo stesso, cui alla banca, anche per espressa
pattuizione contrattuale,rinnaneva estranea.
Dunque non solo per il principio della prossimità della prova, ma anche per
l’estraneità della banca al rapporto commerciale tra le parti della compra-vendita
e, soprattutto, per la ricordata significativa condotta dello stesso Pizzamiglio, che
ebbe a pagare senza contestazioni ben 12 rate di rimborso, rettamente la Corte
ha messo in evidenza che il ricorrente non aveva assolto al suo onere di
comprovare la sua affermazione di mancata consegna della merce comperata
con il concesso finanziamento.

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ben 12 rate di rimborso da parte del Pizzamiglio.

Con la seconda ragione di critica il Pizzamiglio deduce violazione della norma in
art 169 comma 2 cod. proc. civ. poiché il Tribunale, rilevata in sede di decisione
l’assenza nel fascicolo della documentazione versata dalla banca in corso di
causa, ebbe non già a decidere la controversia allo stato bensì rimise la causa in
sede di trattazione per acquisire detta documentazione.

Difatti il ricorrente sviluppa argomento di doglianza in relazione all’argomento
della Corte fondato sulla possibilità per il primo Giudice di riacquisire i
documenti, certamente, tempestivamente dimessi in causa ma non presenti nel
fascicolo al momento della decisione,ma nulla deduce riguardo alla seconda
ragione per superare la critica,espressa da parte della Corte, ossia che non
ricorre alcuna invalidità processuale poiché detti documenti,poiché
tempestivamente versati in causa, ben potevano esser ridepositati in sede
d’appello.
Quindi la parte impugnante non ha confutato ambedue le ragioni poste dalla
Corte di merito a sostegno della sua statuizione, sicché comunque, se anche fondata la censura articolata contro una sola di queste, la statuizione adottata
rimaneva sostenuta validamente dall’argomento non oggetto di contestazione.
Con il terzo mezzo d’impugnazione il Pizzamiglio denunzia la violazione della /
normativa in art 121 d.lgs. 385/1993 e conseguente nullità del contratto in
relazione alla statuizione di rigetto del denunziato collegamento negoziale tra il
finanziamento, erogato dalla banca resistente, ed il rapporto di franchising in
effetti stipulato tra l’impugnante e la spa Tuker.
In particolare la Corte triestina avrebbe errato nel non qualificare il rapporto
siccome prestito al consumo, pur ricorrendo tutti i presupposti indicati dalla
norma in art 121 T.U.B. per ritenere il mutuo di scopo, stante il collegamento
negoziale voluto dalle parti, siccome evidente dalla documentazione – e
testimonianze – afferente il contratto di finanziamento ed il rapporto di
franchising Pizzamiglio-Tuker.
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Il motivo ricordato s’appalesa siccome inammissibile.

La dedotta critica appare priva di pregio giuridico poiché si risolve in una
contrapposizione della ricostruzione di parte della vicenda, rispetto a quella
elaborata dalla Corte territoriale, sulla scorta di una diversa valutazione del
compendio probatorio in atti.
Difatti la Corte alabardata ha puntualmente esaminato la questione – sviluppata

di specifici arresti di questo Supremo Collegio per altro in armonia con gli arresti
portati dal Pizzamiglio a sostegno della sua contraria tesi,come nella specie
proprio per l’obiettiva volontà palesata dalle parti non si possa configurare il
preteso mutuo di scopo.
Difatti la Corte di merito ha ben messo in evidenza come il comune scopo delle
parti non tanto deve permeare l’effetto tipico dei negozi confezionati, bensì il
coordinamento tra gli stessi per perseguire uno scopo comune ulteriore.
E sulla scorta di detto criterio direttivo,la Corte triestina ha analizzato la specifica
situazione portata al suo esame e rilevato conne,in concreto,sulla base del
compendio probatorio acquisto,specie documentale,non risultava provato che la
banca fosse a conoscenza dello scopo ulteriore perseguito da venditore e
compratore ovvero del diverso contratto che,in effetti, tra loro volevano
stipulare.
L’argomento critico sviluppato dall’impugnante si limita a riproporre la tesi
difensiva disattesa, enfatizzando non tanto la prova della comune volontà di
tutte le parti interessate,bensì la mera funzione del finanziamento di consentire
lo scopo perseguito da solo alcune delle parti interessate,conne visto elemento
che consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte – compresi gli arresti
citati dal ricorrente – ritiene inidoneo da sé solo a lumeggiare l’esistenza del
mutuo di scopo.
La Corte poi non già ha ignorato gli esiti dell’espletata prova per testi,bensì ha
ritenuto motivatamente la stessa irrilevante allo scopo di dimostrare la specifica
volontà delle parti di confezionare nel caso un mutuo di scopo,posto che quanto
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in tre motivi di gravame valutati unitariamente – e messo in rilievo, sulla scorta

confermato dal teste Curto si riferisce al più a suggerimento dato in via astratta
circa l’utilizzo possibile del finanziamento, non anche ad accordo specifico
assunto dalle parti nella questione esaminata in concreto in questo giudizio.
Con il quarto motivo di impugnazione il Pizzamiglio denunzia omesso esame di
fatto decisivo in quanto la Corte triestina non ha affrontato la questione,

finanziamento avendo egli sottoscritto modulo contrattuale in bianco.
Osserva difatti il ricorrente come la Corte di merito al riguardo si sia limitata ad
affermare che la doglianza elevata riguardava altra persona, mentre all’evidenza
l’effettivo cenno presente in atto d’appello a tale ” Furlan ” era mero refuso
grafico.
A prescindere dal cenno a nome del contraente sbagliato, cui la Corte alabardata
fa effettivamente cenno riguardo al motivo di gravame, in effetti non sussiste il
denunziato omesso esame della questione nullità del contratto per firma del
modulo contrattuale in bianco, poiché sul punto la Corte ebbe ad esporre
puntuale motivazione.
Difatti i Giudici giuliani hanno rilevato come l’asserzione del Pizzamiglio di aver
firmato il modulo contrattuale di finanziamento in bianco era rimasta sfornita di
prova,anche perché il ricorrente non aveva nemmeno dedotto quale altro patto

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