Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11147 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/05/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 07/05/2010), n.11147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano rel. Consiglie – –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22634-2006 proposto da:

O.T.T. – OCEANIC TRANSPORT TRAILERS S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO,

che la rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.M.;

– intimato –

sul ricorso 24646-2006 proposto da:

G.M. (di seguito ” G.”), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso lo studio

dell’avvocato TONUCCI MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BREGLIANO DORA, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

O.T.T. OCEANIC TRANSPORT TRAILERS S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 398/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/04/2006 R.G.N. 1026/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2010 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato LUDOVICA FRANZIN per delega ROMANELLI GUIDO

FRANCESCO;

udito l’Avvocato TONUCCI MARIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29 aprile 2003 il Tribunale di Alessandria, giudice del lavoro, dichiarata la nullità dei contratti di trasporto stipulati fra G.M. e la società OTT-Oceanic Transport Trailers s.p.a. negli anni. 1995, 1996 e 1997 in quanto, essendo privi di forma scritta, erano in contrasto con la L. n. 298 del 1974, art. 26 respingeva la domanda del primo intesa ad ottenere l’applicazione delle tariffe obbligatorie di cui alla medesima legge nonchè la pretesa della società, avanzata in via riconvenzionale, per la restituzione delle somme corrisposte in esecuzione dei contratti invalidi.

2. Tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Torino, che, con sentenza del 20 aprile 2006, accogliendo l’appello del G. e rigettando invece l’appello incidentale della società, condannava quest’ultima al pagamento di Euro 67.939,28, oltre accessori. In particolare, per quanto assume rilievo in questa sede di legittimità, la Corte di merito osservava che: a) in base al D.L. n. 256 del 2001, art. 3 convertito in L. n. 334 del 2001, norma di interpretazione autentica della L. n. 298 del 1974, citato art. 26 il contratto di autotrasporto di cose per conto terzi poteva essere validamente stipulato anche in forma orale; b) la norma interpretativa era stata ritenuta dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 26 del 2003, esente da dubbi di illegittimità costituzionale e, peraltro, la ammissibilità della forma orale era stata ribadita con la successiva sentenza della stessa Corte cost. n. 7 del 2005; c) in applicazione dell’Accordo Collettivo Nazionale per il trasporto dei contenitori, concluso a norma del D.L. n. 82 del 1993, art. 3 convertito in L. n. 162 del 1993, e quindi avente efficacia cogente, la c.t.u. espletata in appello aveva esattamente determinato il credito del G. in base ai parametri minimi relativi al peso e alla tariffa e in base alle distanze chilometriche, escludendo la maggiorazione del 10%, richiesta dall’attore, stante la mancanza di continuità dei trasporti effettuati; d) non poteva trovare applicazione la prescrizione annuale, eccepita dalla società, trattandosi di contratti di trasporto stipulati successivamente al 29 marzo 1993 e dunque soggetti alla disciplina del predetto D.L. n. 82 del 1993.

3. Di questa sentenza la società domanda la cassazione con sette motivi. Il G. resiste con controricorso proponendo ricorso incidentale con un unico motivo. Il resistente ha anche depositato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. In via preliminare, i due ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2. Il ricorso principale consta di sette motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 420, 421, 429 e 437 c.p.c., la ricorrente lamenta che la Corte di merito, riservando la decisione solo sulle istanze istruttorie, abbia deciso la causa senza avere consentito alle parti alcuna discussione e senza invito alla precisazione delle conclusioni.

2.2. Con il secondo motivo, denunciando violazione dell’art. 421 c.p.c., si lamenta che i giudici d’appello non abbiano consentito alcuna attività istruttoria, pure ritualmente dedotta in primo grado e non espletata a seguito dell’accoglimento della preliminare eccezione di nullità dei contratti.

2.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e delle norme processuali sulla nomina e sull’attività del c.t.u. Si deduce che la consulenza d’ufficio, posta a base della decisione impugnata, si sia riferita ad accertamenti – relativi, in particolare, ai contratti collettivi per il “trasporto contenitori” – del tutto estranei ai quesiti formulati in sede di conferimento dell’incarico, così realizzandosi una violazione del principio di corrispondenza fra “chiesto” e “pronunciato”.

2.4. Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e delle L. n. 298 del 1974, L. n. 162 del 1993, L. n. 334 del 2001. Si domanda alla Corte se “risultano violati i predetti artt. di legge nel caso in cui la Corte di merito decida la causa sulla base di motivi di appello non svolti”.

2.5. Il quinto motivo denuncia violazione delle norme sulla prescrizione in relazione alla L. n. 162 del 1993. Si domanda se “risulta violata la predetta legge nel caso in cui la Corte di merito ritenga non applicabile alla fattispecie per cui è causa la prescrizione quinquennale eccepita sin dal primo grado di giudizio”.

2.6. Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., nonchè della L. n. 298 del 1974. Si deduce che la causa non poteva essere decisa in mancanza della documentazione obbligatoria necessaria a determinare le tariffe previste dalla citata legge e dai successivi decreti di attuazione.

2.7. Il settimo motivo denuncia “travisamento dei fatti e violazione di legge sostanziale circa la asserita natura cogente degli accordi nazionali relativi al trasporto contenitori”. Si lamenta che la Corte di merito abbia deciso la causa “ritenendo l’accordo nazionale per il trasporto contenitori come avente validità erga omnes, e quindi in assenza di contratto scritto tra le parti formulato secondo quanto previsto dalla legge e dall’accordo stesso”.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale il G., denunciando violazione degli artt. 2 e 3 dell’accordo nazionale per il trasporto contenitori nonchè vizio di motivazione, domanda se in virtù di tali disposizioni debba applicarsi la tariffa di cui all’all. “A” con la maggiorazione del 10%.

4. I motivi del ricorso principale non sono fondati.

4.1. Quanto ai primi due motivi, da esaminare congiuntamente, si osserva che nel giudizio d’appello celebrato con il rito del lavoro l’omessa assunzione delle conclusioni delle parti e l’omessa discussione della causa non inficiano nè la validità del contraddittorio, nè l’attività decisionale del giudice, poichè le conclusioni delle parti sono essenzialmente affidate al ricorso in appello e alla memoria costitutiva, mentre la discussione orale della causa è sostituita, per il caso che essa venga a mancare in ogni situazione processuale che ne impedisce lo svolgimento, dagli scritti difensivi i quali, nel rito suddetto, adempiono all’essenziale funzione di mettere il giudice in grado di decidere la causa anche senza la partecipazione delle parti all’udienza di discussione (cfr.

Cass. n. 6393 del 1987; n. 11458 del 1998).

4.2. Nel caso di specie, peraltro, è pacifica la persistenza del contraddittorio, come anche la interlocuzione delle parti ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 1, mentre non rileva la asserita “riserva della decisione” alle sole questioni istruttorie poichè nel rito del lavoro l’udienza fissata per la discussione è finalizzata, di regola, alla decisione della causa e il rinvio ad altra udienza è condizionato alla ammissione delle prove secondo il discrezionale apprezzamento del giudice (art. 437 c.p.c., comma 3), non censurabile in cassazione.

4.3. Con riguardo al terzo motivo, occorre precisare che secondo l’accertamento compiuto dai giudici d’appello la domanda del G. aveva ad oggetto l’accertamento di un credito derivante dalla mancata applicazione delle tariffe obbligatorie, sul presupposto che, secondo le stesse deduzioni della società, l’attore aveva svolto attività di “trazionista”, “ovvero un soggetto che si occupava, di volta in volta, di rimorchiare i vari contenitori da un luogo ad un altro”; ne deriva che la sentenza impugnata non merita censura là dove ha inteso la pretesa attorea siccome riferita, in generale, al credito nascente da tale attività, determinabile, perciò, anche in base ai parametri minimi stabiliti dalle disposizioni generali di cui all’accordo nazionale contenente la disciplina del “trasporto contenitori”, a prescindere dalla espressa menzione del medesimo accordo sin dall’atto introduttivo del giudizio. Con tale presupposto ermeneutico, infine, è evidente che il conferimento dell’incarico al c.t.u. non potesse che riguardare, in generale, la determinazione del credito del G. alla stregua di tali parametri, ivi compresi quelli derivanti dal citato accordo nazionale, in ordine ai quali d’altronde, come risulta dalla sentenza qui impugnata, la società ebbe a formulare contestazioni nel merito, così finendo per accettarne l’utilizzazione ai fini della quantificazione dell’attività svolta dal G..

4.4. I restanti motivi si rivelano inammissibili perchè ciascuno è privo di adeguato quesito di diritto, previsto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366-bis c.p.c. (applicabile nella specie, ai sensi del D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27 essendo impugnata una sentenza depositata il 20 aprile 2006, e non trovando applicazione la nuova normativa di cui alla L. n. 69 del 2009). Ed invero i quesiti, che concludono i motivi, sono formulati in termini generici, senza indicazione della compiuta ratio decidendi e della violazione specificamente addebitabile alla pronuncia impugnata, e non contengono alcun riferimento alla fattispecie, tanto più necessario in assenza di una riproduzione della statuizione censurata che sia idonea a far emergere la res oggetto del giudizio, mentre, d’altra parte, non sarebbe consentito desumere tali elementi dal contenuto del motivo (cfr., fra tante, Cass., sez. un., n. 20409 del 2008). In particolare, il quesito del quarto motivo si riduce all’affermazione, meramente riproduttiva di una norma, secondo cui l’appello non può essere deciso in base a motivi non svolti.

4.5. Il quesito del quinto motivo si riferisce, astrattamente, all’applicabilità di un termine quinquennale di prescrizione, senza alcun riferimento alla ratio decidendi adottata dai giudici d’appello e con richiamo solo generico alla normativa sostanziale, si che non è consentito alla Corte di ricostruire nè l’iter processuale relativo alla predetta eccezione, nè la violazione eventualmente addebitabile al corrispondente decisum.

4.6. Il quesito del sesto motivo si riferisce alla mancanza della documentazione idonea a determinare le tariffe obbligatorie, ma anche in tale ambito la ricorrente omette ogni riferimento alle ragioni della decisione in parte qua e alle specifiche violazioni, non richiamando, fra l’altro, le argomentazioni dei giudici d’appello in ordine al valore probatorio dei documenti prodotti dall’attore e valutati dal c.t.u., nonchè in ordine al comportamento processuale della stessa società.

4.7. Il settimo motivo, infine, oltre a riferirsi, inammissibilmente, ad un “travisamento dei fatti” non denunciabile in questa sede di legittimità, presenta un quesito parimenti generico, svincolato dalla fattispecie, dal quale non è consentito desumere le ragioni per cui la sentenza impugnata ha ritenuto l’applicabilità erga omnes dell’accordo nazionale per il “trasporto contenitori”, nè le ragioni assunte dalla società per la asserita erroneità della decisione con riferimento al caso concreto.

5. Ugualmente inadeguato si rivela, ai sensi del citato art. 366-bis c.p.c, l’unico motivo del ricorso incidentale, che, oltre a non specificare adeguatamente, secondo le modalità prevista nella seconda parte della predetta disposizione, il vizio di motivazione indicato, si conclude con un quesito di diritto privo, anch’esso, di alcun riferimento alla ratio decidendi e al vizio in indicando da cui sarebbe affetta la decisione con riguardo alla ritenuta inapplicabilità della maggiorazione tariffaria in relazione alle concrete modalità di svolgimento dell’attività di trasporto.

6. In conclusione, entrambi i ricorsi, come sopra riuniti, devono essere rigettati. La reciproca soccombenza e l’esito alterno dei giudizi di merito rendono opportuna la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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