Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11136 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/05/2010, (ud. 02/03/2010, dep. 07/05/2010), n.11136

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. GRAMSCI

36, presso lo studio dell’avvocato CALO’ MAURIZIO, che la rappresenta

e difende, giusta comparsa di costituzione e procura speciale atto

Notar COPPOLA MARGHERITA di ROMA del 09/07/2009, rep. n. 365;

– ricorrente –

contro

ENIFIN S.P.A.;

– intimata –

e sul ricorso n. 3213/2007 proposto da:

ENIFIN S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. MORDINI 14, presso lo

studio dell’avvocato ABATI MANLIO, che la rappresenta e difende,

giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. GRAMSCI

36, presso lo studio dell’avvocato CALO’ MAURIZIO, che la rappresenta

e difende giusta comparsa di costituzione e procura speciale atto

Notar COPPOLA MARGHERITA di ROMA del 09/07/2009 rep. n. 366;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 709/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/10/2005 R.G.N. 875/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

02/03/2010 dal Consigliere Dott. PICONE Pasquale;

udito l’Avvocato CALO’ MAURIZIO;

udito l’Avvocato ABATI MANLIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. La sentenza di cui si chiede la cassazione rigetta l’appello di C.P. e conferma la decisione del Tribunale di Milano n. 2033 del 3 luglio 2003, che aveva giudicato prive di fondamento le domande proposte nei confronti di Enifin SpA per il pagamento delle differenze retributive derivanti dai superiori inquadramenti rivendicati e dal diritto a mantenere i livelli retributivi raggiunti nel 1997, nonche’ al risarcimento del danno derivato da comportamenti persecutori tenuti nei suoi confronti dalla societa’ e da colleghi di lavoro.

2. Dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello per mancanza di specificita’ dei motivi, all’esito di rigetto la Corte di Milano perviene rilevando:

a) la mancata allegazione dei contenuti professionali delle diverse categorie e livelli attribuiti e rivendicati, compresa la qualifica dirigenziale, mentre l’attribuzione del sottolivello (OMISSIS) rispetto ai cinque previsti dalla regolamentazione aziendale nell’ambito della categoria di quadro (attribuita alla C. dal 30 gennaio 2001) doveva ritenersi corrispondente alla declaratoria dei profili professionali;

b) la pretesa a conservare i livelli retributivi del 1997 mancava completamente di specificazioni (difetto di documentazione e conteggio);

c) le allegazioni, ai fini della pretesa risarcitoria per i comportamenti persecutori e il demansionamento, erano caratterizzate da contraddizioni sull’epoca di inizio dei fatti denunciati (2001 o 1999) e totale genericita’, anche con riferimento alle persone che avrebbero posto in essere i comportamenti diretti allo svuotamento del ruolo professionale della C..

3. Il ricorso di C.P. si articola in quattro motivi;

resiste con controricorso Enifin SpA e propone ricorso incidentale condizionato per un unico motivo. Vi e’ stata sostituzione del difensore della C., deceduto, con deposito di procura speciale al nuovo difensore rilasciata per atto pubblico. Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Preliminarmente, la Corte riunisce i ricorsi proposti contro la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. Sebbene la questione prospettata nel ricorso incidentale, di per se considerata, rivesta carattere pregiudiziale – violazione degli artt. 414 e 434 c.p.c., nonche’ dell’art. 2009 c.c., unitamente a vizio di motivazione, perche’ doveva essere dichiarata l’inammissibilita’ dell’appello per genericita’ dei motivi, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado – il collegio ritiene di dovere procedere anzitutto all’esame del ricorso principale, in ossequio al piu’ recente orientamento della Corte, secondo cui il ricorso incidentale condizionato della parte totalmente vittoriosa che investa questioni pregiudiziali processuali o preliminari di merito deve essere esaminato con priorita’ solo se le questioni pregiudiziali o preliminari, rilevabili d’ufficio, non siano state valutate nel giudizio di merito. Quando dette questioni, come avvenuto nella specie, abbiano invece gia’ formato oggetto della pronuncia impugnata, il loro esame presuppone che la relativa impugnazione sia ammissibile, ma, per risultare tale, essa deve essere sorretta da un adeguato interesse della parte, riscontrabile solo nel caso in cui il ricorso principale si mostri fondato (Cass. S.u. 15 luglio 2009, n. 16504; 6 marzo 2009, n. 5456; 30 ottobre 2008, n. 26018; 31 ottobre 2007, n. 23019).

3. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 244, 421 e 437 c.p.c. perche’, in ordine alla prova testimoniale articolata, erano stati forniti i chiarimenti e le precisazioni richiesti dal giudice di primo grado con le note autorizzate 29.5.2003 e dunque la prova avrebbe dovuto essere ammessa.

3.1. Il motivo e’ inammissibile.

Vengono svolte considerazioni astratte e generali in ordine all’obbligo del giudice di richiedere alle parti gli opportuni chiarimenti, anche in sede di libero interrogatorio, e di intervenire eventualmente con i poteri di ufficio in ordine ai mezzi istruttori, ma non si precisano minimamente i fatti oggetto della prova testimoniale. Deve trovare percio’ applicazione il principio secondo cui, quando, con il ricorso per Cassazione, si lamenti l’omessa ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice del merito, il ricorrente ha l’onere di indicare ne ricorso i capitoli non ammessi, dovendosi in difetto ritenere il ricorso inammissibile, posto che tale omissione non consente al giudice di legittimita’ il controllo della decisivita’ dei fatti da provare, controllo che per il principio dell’autosufficienza del ricorso va compiuto sulla sola base del ricorso stesso senza possibilita’ di integrazione con altri atti (vedi, tra le numerose decisioni conformi, Cass. 14 marzo 2008, n. 70519).

4. Con il secondo motivo e’ denunciato vizio di motivazione in relazione al rigetto della domanda di risarcimento del danno da demansionamento. Si deduce che l’ordine di servizio 10.12.2001 aveva soltanto formalizzato i comportamenti di svuotamento del ruolo professionale della Gasdotti iniziati gia’ nel 1999 e proseguiti nel 2000 con l’attribuzione ad altra persona della posizione di risk manager; che i fatti concretanti dequalificazione erano dimostrati dalla documentazione prodotta e potevano essere comprovati ulteriormente dalla prova testimoniale.

4.1. Anche questo motivo e’ in parte inammissibile e per altra parte infondato.

Alla genericita’ delle allegazioni rilevata dalla Corte di appello non pone riparo la ricorrente con il motivo di ricorso: si parla di documenti che non sarebbero stati esaminati, ma non se ne riporta lo specifico contenuto; la stessa genericita’ contrassegna le deduzioni in ordine alla prova testimoniale che sarebbe stata articolata e non ammessa. Devono, quindi, essere richiamate le stesse considerazioni gia’ svolte in sede di esame del primo motivo di ricorso.

4.2. In ogni caso, non si censura efficacemente la motivazione del giudice del merito secondo cui non soltanto si riscontravano contraddizioni nell’atto introduttivo del giudizio circa l’epoca in cui sarebbe iniziato lo svuotamento del ruolo professionale della C., ma, soprattutto, risultavano contrassegnate da genericita’ le allegazioni in ordine agli autori dei comportamenti ed ai fatti illeciti denunciati. Infatti, si deducono altri fatti in contrasto con gli accertamenti contenuti dalla sentenza senza dedurre se e con quali modalita’ siano stati sottoposti alla scrutinio della Corte di appello.

5. Con il terzo motivo si denuncia error in procedendo, errata motivazione e mancata valutazione di documenti in relazione alla diminuzione della retribuzione rispetto ai livelli del 1997, comprovata dai cud.

5.1. Il motivo non puo’ trovare accoglimento.

La sentenza impugnata respinge la pretesa a conservare i livelli retributivi del 1997 perche’ la retribuzione percepita in detto anno e quella degli successivi non erano state documentate e non erano stati precisati i conteggi, sicche’ doveva reputarsi non validamente contraddetto quanto risultante dalle attestazioni prodotte dalla societa’ datrice di lavoro.

Contro questa motivazione la ricorrente si limita a sostenere il contrario, invocando proprio attestazioni del datore di lavoro (quali i CUD – certificazione unica dei redditi -) e prospettando altresi’ errori nella percezione dei fatti acquisiti al processo che non possono essere fatti valere con ricorso ordinario per Cassazione, ma solo con il rimedio revocatorio, senza censurare i vizi della motivazione secondo lo schema previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 c.p.c. 6. Con il quarto motivo si denuncia erronea valutazione delle note caratteristiche. Prescindendo dall’intestazione del motivo, la ricorrente si duole in realta’ che la sentenza impugnata non abbia riconosciuto il diritto all’inquadramento nell’area quadri – livello (OMISSIS) – attribuito dall’azienda solo dal settembre 1999, fin dall’assunzione, e cio’, di conseguenza, avrebbe comportato l’inquadramento nel massimo livello (OMISSIS) nel 2000, tenuto conto dell’esperienza maturata, dei giudizi conseguiti in tema di professionalita’ posseduta e della posizione organizzativa occupata.

6.1. Il motivo e’ palesemente inammissibile.

Come gia’ riferito, il giudice del merito ha giudicato priva di fondamento la pretesa ad ottenere inquadramenti superiori rispetto a quelli ricevuti, rilevando la mancata allegazione dei contenuti professionali delle diverse categorie e livelli attribuiti e rivendicati, compresa la qualifica dirigenziale, mentre l’attribuzione del sottolivello (OMISSIS) rispetto ai cinque previsti dalla regolamentazione aziendale nell’ambito della categoria di quadro (attribuita alla C. dal 30 gennaio 2001) doveva ritenersi corrispondente alla declaratoria dei profili professionali. “Nessuna specifica critica viene rivolta a questa motivazione, limitandosi inammissibilmente la ricorrente ad una ricostruzione autonoma degli accadimenti di fatto che prescinde de tutto dalle valutazioni contenute nella sentenza impugnata.

7. Alla stregua di quanto precisato sopra (n. 1. del “ritenuto in diritto”), il rigetto del ricorso principale produce, per il mancato avveramento della condizione, l’assorbimento del ricorso incidentale per difetto di interesse al suo esame.

8. La ricorrente principale, rimasta interamente soccombente nella controversia, va condannata al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, nella misura determinata in dispositivo.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione, liquidate le prime in Euro 39,00 e i secondi in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00).

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 2 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

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