Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11135 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 28/04/2021), n.11135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11675-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, (C.F. (OMISSIS)), in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.V.A., I.G.M.C.,

I.R.M.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4384/07/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA, depositata il 15/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la parte contribuente proponeva ricorso avverso avviso di accertamento IRPEF relativo all’anno di imposta 2007 in ragione dell’accertamento di un maggior reddito imponibile per 325.060 Euro quale plusvalenza realizzata per la vendita di un terreno edificabile;

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate ritenendo che la pretesa tributaria non è legittima dato che l’unico terreno preso a comparazione è sito in un parco tutelato da vincoli paesaggistici ed è ben servito da importanti vie di comunicazione mentre il terreno della parte contribuente si trova in un territorio periferico, mal collegato, con un notevole dislivello ed esposto a nord, nè può dirsi sufficiente che rispetto all’atto utilizzato come comparazione sia stata effettuata una riduzione del valore al mq, difettando al contrario qualsiasi valutazione o documentazione relativa alla omogeneità delle aree in questione;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione, mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che, con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 36, e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonchè dell’art. 112 c.p.c., perchè la Commissione Tributaria Regionale avrebbe svolto una motivazione meramente apparente.

Il motivo è infondato.

Considerato che, secondo questa Corte:

il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 23 luglio 2019, n. 19911; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);

in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 13248 del 2020; Cass. n. 19911 del 2019; Cass. n. 22598 del 2018);

considerato che nel caso di specie la Commissione Tributaria Regionale ha raggiunto la soglia del “minimo costituzionale” di motivazione in quanto – ritenendo che la pretesa tributaria dell’Agenzia delle entrate non sia legittima dato che l’unico terreno preso a comparazione è sito in un parco tutelato da vincoli paesaggistici ed è ben servito da importanti vie di comunicazione mentre il terreno della parte contribuente si trova in un territorio periferico, mal collegato, con un notevole dislivello ed esposto a nord, nè può dirsi sufficiente che rispetto all’atto utilizzato come comparazione sia stata effettuata una riduzione del valore al mq, difettando al contrario qualsiasi valutazione o documentazione relativa alla omogeneità delle aree in questione – svolge una motivazione adeguata, ragionevole e coerente con il thema decidendum, evidenziando la forte disomogeneità del terreno oggetto di accertamento fiscale rispetto a quello assunto a comparazione e sottolineando altresì che la debolezza di tale valutazione effettuata dall’Ufficio è accentuata in ragione della circostanza che il terreno assunto a comparazione è soltanto uno;

con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in quanto l’Ufficio ha agito in conformità al dettato legislativo, precisando adeguatamente nell’atto impositivo il criterio adottato per la valutazione che è quello del confronto comparativo con i valori dichiarati per atti di trasferimento di beni analoghi nel triennio precedente.

Il secondo motivo è inammissibile.

Considerato infatti che, secondo questa Corte:

in tema di imposta di registro, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, nella parte in cui prevede che, ai fini della rettifica del valore dei beni, debba aversi riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni, aventi ad oggetto i medesimi immobili o altri di analoghe caratteristiche e condizioni, non comporta l’immodificabilità del valore risultante da detti atti, ma si limita ad indicare un parametro certo di confronto in base al quale l’Ufficio deve determinare il valore del bene in comune commercio (Cass. n. 963 del 2018);

ritenuto che il motivo di impugnazione è inammissibile in quanto, la Commissione Tributaria Regionale ha correttamente fatto applicazione delle norme di diritto di cui si lamenta la violazione, perchè da un lato ha ritenuto che la motivazione dell’avviso di accertamento non fosse adeguata proprio in virtù della L. n. 212 del 2000, art. 7, e dall’altro ha fatto corretta applicazione dei criteri che possono portare l’Ufficio ad individuare una plusvalenza rilevante ai fini Irpef ritenendo che non potessero essere considerati “analoghi” – requisito evidenziato dal summenzionato principio di diritto – dei terreni aventi caratteristiche così diverse, cosicchè la doglianza dell’Agenzia si risolve nella sostanza nel contestare la valutazione circa la non comparabilità dei due immobili presi in considerazione perchè non considerati analoghi dalla Commissione Tributaria Regionale, doglianza che tende surrettiziamente a sollecitare una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, operazione che è di esclusiva competenza del giudice di merito e che pertanto è preclusa al giudice di legittimità (Cass. n. 18928 del 2020; Cass. n. 10353 del 2020; Cass. n. 14521 del 2019).

Pertanto, ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione e inammissibile il secondo, il ricorso va conseguentemente respinto; nulla va statuito in merito alle spese non essendosi costituta la parte contribuente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

 

 

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