Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11135 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/05/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 07/05/2010), n.11135

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA,

PATTERI ANTONELLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta mandato in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.F.E., C.E., V.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio

dell’avvocato CONCETTI DOMENICO, che li rappresenta e difende, giusta

delega in calce alla copia notificata dei ricorsi;

– resistenti con mandato –

avverso la sentenza n. 89/2005 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 22/07/2005 R.G.N. 14/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con separati ricorsi depositati tutti il 14 febbraio 2003 C. E., V.G. e D.F.E. si rivolgevano al Tribunale di Udine, giudice del lavoro, esponendo che erano titolari di pensione di vecchiaia erogata loro da parte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; che dette pensioni derivavano da contributi versati come lavoratori dipendenti e anche come artigiani ( C. e D.F.) e come commercianti ( V.); che esse erano state liquidate alla luce della L. n. 233 del 1990, art. 6; che l’assegno globale di loro spettanza era stato conteggiato in modo errato e riduttivo non cioe’ per quota per la pensione maturata in ciascuna assicurazione (di lavoro dipendente e non), contrariamente al dettato della L. n. 233 del 1990, artt. 5, 8, e 16; chiedevano l’accertamento del diritto al trattamento pensionistico loro spettante.

Si costituiva in tutti e tre i giudizi l’Istituto convenuto che, cntestava la pretesa di controparte, eccependo preliminarmente l’intervenuta decadenza dell’azione ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47.

Disposta l’unione dei vari procedimenti ed istruita la causa solo documentalmente, l’adito tribunale di Udine con la sentenza n. 350/2003 del 26.1 1.2003 accoglieva le domande.

2. Contro tale pronuncia proponeva rituale e tempestivo appello l’INPS. Deduceva che errata era la decisione in punto di decadenza D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 non essendosi data corretta applicazione della norma in oggetto reputando rilevare, come dies a quo, la data della domanda di pensione. Nel merito l’Istituto contestava l’interpretazione della L. n. 233 del 1990, artt. 5 e 16 accolta dal Tribunale di Udine.

Si costituiva anche in questo grado il solo attore D.F.E. resistendo all’impugnazione.

La Corte di Appello di Trieste con sentenza n. 89/2005 del 9 – 22 giugno 2005 respingeva l’appello proposto dal l’INPS e confermava la sentenza del Tribunale di Udine.

3. Avverso questa pronuncia l’INPS propone ricorso per Cassazione con due motivi.

Le parti intimate hanno depositato solo delega.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso e’ articolato in due motivi.

Con il primo l’Istituto ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 16 e art. 5, comma 11. Sostiene che per individuare il trattamento piu’ favorevole all’assicurato che vanti contribuzione mista, il calcolo secondo le regole del vecchio e del nuovo regime deve avere ad oggetto i trattamenti complessivi, e non gia’ la sola quota relativa alla gestione lavoratori autonomi, computata partitamente.

Con il secondo motivo l’Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 nel testo sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4.

convertito in L. 14 novembre 1992, n. 438. Erroneamente la Corte di appello di Trieste ha disatteso l’eccezione di decadenza, proposta dall’Istituto, che trova applicazione anche nel caso di riconoscimento del trattamento previdenziale in misura inferiore al dovuto e quindi riguarda anche il diritto alle differenze maturate rispetto all’esatto ammontare della pensione.

2. Il ricorso e’ infondato.

3. Preliminarmente va respinto il secondo motivo di ricorso.

Recentemente le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 29 maggio 2009, n. 12720), componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato che la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non puo’ trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non gia’ il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in se’ considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione gia’ riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

Nella specie si trattava appunto di questione concernente la liquidazione del trattamento pensionistico e quindi non trovava applicazione il regime della decadenza di cui all’art. 47 cit..

4. Infondato e’ anche il primo motivo di ricorso.

La questione sollevata dall’Istituto ricorrente – che concerne la corretta individuazione del trattamento pensionistico, avente decorrenza compresa tra il 1 luglio 1990 e il 31 dicembre 1995, spettante all’assicurato che vanti contribuzione accreditata sia presso le gestioni artigiani o commercianti, sia presso l’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, a seguito dell’entrata in vigore della L. 2 agosto 1990, n. 233 che ha introdotto, per le predette gestioni autonome, la modalita’ di calcolo retributivo – e’ gia’ stata esaminata da questa Corte. La quale (Cass., sez. lav., 5 maggio 2001, n. 6324) ha affermato – e qui ribadisce – che l’interpretazione letterale e logico – sistematica del combinato disposto della L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 5, comma 11, e art. 16, comma 1, di riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi induce a ritenere che per i lavoratori la cui pensione sia da liquidare, con decorrenza compresa tra il giorno 1 luglio 1990 e il 21 dicembre 1995, in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con il cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni con i contributi versati nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, il raffronto tra il vecchio e il nuovo regime, necessario al fine di stabilire quale sia il sistema di calcolo piu’ favorevole transitoriamente salvaguardato, deve essere effettuato esclusivamente in riferimento alla quota di pensione afferente alla gestione speciale dei lavoratori autonomi (per la quale, per effetto della riforma, si e’ passati dal sistema contributivo al sistema reddituale) e non con riguardo all’intero trattamento (comprensivo della quota di pensione derivante dai contributi versati nell’a.g.o.). Cfr. anche Cass., sez. lav. 24 ottobre 2003, n. 15990, e Cass., sez. lav., 17 dicembre 2008, n. 29476, che ha ribadito che, con riferimento alla pensione spettante sulla base di contribuzione versata in gestioni speciali e nell’a.g.o., l’interpretazione letterale e logico – sistematica del combinato disposto della L. 2 agosto 1990, n. 233, art. 5, comma 11, e art. 16, comma 1, di riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi induce a ritenere che il legislatore abbia inteso tenere distinti i due regimi, prevedendo che ognuno dei periodi assicurativi, proprio per la diversita’ del sistema di calcolo, dia luogo ad una distinta quota di pensione, da determinare secondo specifici criteri.

Ne consegue che, per i lavoratori la cui pensione sia da liquidare, con decorrenza compresa tra il giorno 1 luglio 1990 e il 21 dicembre 1995, in una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi con il cumulo dei contributi versati nelle medesime gestioni con i contributi versati nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, il raffronto tra il vecchio e il nuovo regime, necessario al fine di stabilire quale sia il sistema di calcolo piu’ favorevole transitoriamente salvaguardato, deve essere effettuato esclusivamente in riferimento alla quota di pensione afferente alla gestione speciale dei lavoratori autonomi (per la quale, per effetto della riforma, si e’ passati dal sistema contributivo al sistema reddituale) e non con riguardo all’intero trattamento (comprensivo della quota di pensione derivante dai contributi versati nell’a.g.o.).

5. Il ricorso va quindi rigettato.

Consegue la condanna dell’Istituto ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, avendo il difensore degli intimati partecipato all’odierna udienza di discussione della causa.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso; condanna l’Istituto ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 10,00 per esborsi ed in Euro 1.000,00 (mille/00) per onorario d’avvocato, oltre spese generali, IVA e CPA. Cosi’ deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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