Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11129 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/04/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 28/04/2021), n.11129

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27545-2019 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TORTONA 4, presso

lo studio dell’avvocato STEFANO LATELLA, rappresentato e difeso

dagli avvocati ANDREA AMATUCCI, FABRIZIO AMATUCCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1497/19/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 14/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA

CAPRIOLI.

 

Fatto

Ritenuto che:

La CTR della Campania, con sentenza nr 1497/2019, accoglieva l’appello proposta dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Napoli con cui era stato accolto il ricorso di R.M. avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento notificatogli nella veste di socio unico della Sanitas s.r.l. relativo al recupero di maggior reddito Irpef per l’anno 2012.

Rilevava la legittimità dell’avviso di accertamento notificato al socio nel 2016 successivamente al fallimento della società dichiarato nell’anno 2014.

Osservava infatti che secondo l’orientamento della Suprema Corte l’avviso di accertamento notificato al socio di una società fallita si deve considerare valido anche nel caso non sia in esso riprodotto il processo verbale nei suoi elementi essenziali in quanto in tale ipotesi il contribuente può consultare il fascicolo fallimentare.

Per quanto attiene al merito evidenziava che il contribuente non aveva fornito la prova contraria suscettibile di vincere la presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extrabilancio accertati in capo alla società o dell’estraneità del socio alla gestione sociale.

Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione della L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 10, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5. Lamenta la violazione del contraddittorio procedimentale ed il mancato accoglimento dell’eccezione di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione per avere la CTR ritenuto legittimo l’atto impugnato malgrado la mancata allegazione degli atti richiamati per relationem.

Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4, e 5, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3, del T.U.I.R., art. 5, art. 44, lett. e), artt. 45 e 116, degli artt. 115 e 132 c.p.c., nonchè degli artt. 2697 e 2727 c.c.. Sostiene il ricorrente di aver dimostrato non solo la propria buona fede, ma anche l’assenza dei presupposti per suffragare la presunzione di ristretta base sociale, avendo adempiuto all’onere probatorio su di esso incombente al fine di superare la presunzione. Afferma che l’omessa valutazione e menzione delle prove offerte dal contribuente ovvero la mancata valutazione in ordine all’adempimento probatorio per censurare la presunzione di distribuzione postulano la nullità della sentenza per violazione delle disposizioni sopra richiamate.

Il primo motivo è infondato.

Correttamente la CTR ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento notificato al socio della società fallita malgrado la mancata riproduzione in esso del processo verbale di constatazione nei suoi elementi essenziali.

Giova infatti ricordare che l’atto impositivo nei confronti della società, divenuto definitivo in quanto non impugnato, era, infatti, nella sfera di conoscenza del contribuente, che ha potuto quindi esercitare il proprio diritto di difesa – come peraltro correttamente evidenziato anche dalla CTR – atteso che il p.v.c. era stato notificato al Curatore della società fallita e che il ricorrente, in quanto parte della compagine societaria, aveva la possibilità di consultare la relativa documentazione e di prendere visione anche del p.v.c. alla base dell’accertamento presupposto ed in esso richiamato.

Viene al riguardo in rilievo l’insegnamento, espresso dalla Corte regolatrice, in base al quale l’onere dell’Ufficio di porre in grado il contribuente, attraverso la motivazione dell’atto impositivo, di conoscere le ragioni della pretesa tributaria può essere assolto per relationem mediante il riferimento a elementi offerti da altri documenti in possesso o comunque conosciuti o agevolmente conoscibili dal contribuente (cfr. Cass. n. 28060/2017, Cass. n. 12394/2002), come il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, consegnato, nella specie, al Curatore della società di capitali a ristretta base sociale, della quale il contribuente era socio.

Sul punto si osserva, infatti, che sussiste, per i soggetti interessati alla consultazione degli atti inseriti nel fascicolo fallimentare, il diritto di consultare il fascicolo in questione previa presentazione di una specifica istanza, formulata in modo da consentire l’identificazione dell’istante e degli atti che si intendono visionare, e sottoposta a preventiva verifica da parte del Giudice delegato (cfr., con riguardo alle disposizioni della legge fallimentare vigenti ratione temporis, Cass. n. 12890/1998, Cass. n. 9617/1993); al che consegue che il ricorrente aveva il potere di consultare la documentazione relativa alla società e, quindi, di prendere visione non solo dell’accertamento presupposto, ma anche dei suoi documenti giustificativi.

Relativamente al secondo profilo il ricorrente si duole della mancata valorizzazione da parte della CTR degli elementi indiziari già valutati dal giudice di primo grado che avrebbero dimostrato la sua completa estraneità alla gestione aziendale e su questi dati insiste anche nella memoria illustrativa.

La censura difetta di specificità.

Il ricorrente si è limitato a dedurre, in ricorso, di aver offerto una pluralità di elementi indiziari senza, tuttavia, riportare il contenuto essenziale degli atti processuali in cui tali elementi sarebbero stati prospettati.

I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza (cfr. Cass. n. 29093 del 2018).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

 

 

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