Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11124 del 28/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/04/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 28/04/2021), n.11124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11209-2019 proposto da:

A.G., R.E.N., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA P. BORSIERI 3, presso lo studio dell’avvocato RENZO

GATTEGNA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALBERTO MARASCHI;

– ricorrenti –

contro

UNIPOLREC SPA, in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMEZIA, 11, presso lo studio

dell’avvocato RAFFAELE MASSIMILIANO GRASSIA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO FORMARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 226/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.G. e R.E.N. proposero appello avverso l’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., del Tribunale di Lodi n. 10562/2017, emessa in data 22 febbraio 2018, con la quale quel Giudice, accogliendo la domanda ex art. 2901 c.c., proposta da Unipol Banca S.p.a., dichiarò l’inefficacia, nei confronti di quest’ultima, dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale redatto dal notaio Dott. S.L. in data (OMISSIS) e con il quale l’ A. aveva conferito nel detto fondo, in favore suo e del R., i beni immobili specificamente indicati nel ricorso introduttivo del giudizio.

Gli appellanti lamentarono l’illegittimità dell’impugnata ordinanza nella parte in cui il Tribunale aveva condannato il R., in solido con la moglie, A.G., alle spese in favore della controparte, pur essendo stata l’azione revocatoria proposta da Unipol Banca S.p.a. sulla base di un preteso credito vantato nei confronti della sola A. e contestarono la sussistenza sia dell’eventus damni che della scientia damni in capo alla parte appena indicata.

Si costituì UnipolRec S.p.a., deducendo di essere subentrata ad Unipol Banca S.p.a., a seguito di scissione parziale proporzionale nella titolarità dei crediti rientranti nel compendio scisso, in essi compreso quello vantato nei confronti degli appellati, e chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 226/2019, pubblicata il 17 gennaio 2019, rigettò l’impugnazione e condannò gli appellanti al pagamento, in solido, delle spese di quel grado di giudizio.

Avverso la sentenza della Corte di merito A.G. ed R.E.N. hanno proposto ricorso per cassazione basato su due motivi, cui ha resistito UnipolRec S.p.a. con controricorso illustrato da memoria.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, lamentando “violazione dell’art. 2697 c.c., con riferimento alla questione della sussistenza dell’elemento oggettivo dell’azione revocatoria”, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui si afferma che “l’atto di conferimento in fondo patrimoniale… comporta di per sè una rilevante modifica… alla generale garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., comma 1”, e che, quindi, spetta alla parte convenuta provare “l’esistenza di residualità patrimoniali consistenti, idonee ad escludere il rischio derivante dal compimento dell’atto dispositivo”.

Ad avviso dei ricorrenti, la sussistenza dell’eventus damni non potrebbe essere provata dalla mera variazione in peius del patrimonio del debitore, evincibile dal conferimento di alcuni immobili nel fondo patrimoniale, ma rileverebbe solo qualora determini un pregiudizio concreto alle ragioni del creditore e, pertanto, la prova di tale pregiudizio non potrebbe che competere alla parte attorea. Conseguentemente la sentenza impugnata sarebbe da cassare anche laddove si afferma che “la natura gratuita dell’atto ha, come logica conseguenza, … l’esonero dei creditore che agisce in revocatoria dall’onere di provare la scientia damni di colui che ha partecipato all’atto dispositivo”, in quanto, se è pur vero che la consapevolezza di diminuire le garanzie patrimoniali assunte pattiziamente può provarsi anche tramite presunzioni, sarebbe altrettanto vero che l’atto costitutivo di un fondo patrimoniale di per sè solo non sarebbe fatto idoneo a indicare in modo certo l’intenzione dello stipulante di diminuire il proprio patrimonio in danno dei suoi creditori e non dispenserebbe la parte attrice dall’onere della relativa prova.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte di merito risulta aver fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte e secondo cui, in tema di revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale, quanto all’eventus damni, è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore integrata con la costituzione in fondo patrimoniale di bene immobile mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore e – trattandosi di ipotesi di costituzione in fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito, v. sentenza impugnata p. 4 -, quanto alla cd. scientia damni, è sufficiente la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore, ovvero la previsione di un mero danno potenziale, rimanendo, invece, irrilevanti tanto l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore, quanto la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (Cass. 30/06/215, n. 13343; Cass. 7/07/2007, n. 15310; Cass. 8/08/2007, n. 17418; Cass.17/01/2007, n. 966; Cass., ord., 18/06/2019, n. 16221 v. anche Cass., 13/07/2006, n. 15917).

2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione dell’art. 91 c.p.c., nella parte in cui (la Corte di merito) ha posto a carico del coniuge non debitore le spese di lite”, “in quanto litisconsorte necessario in relazione all’atto revocando”.

Secondo i ricorrenti, la posizione dei due litisconsorti sarebbe distinta, essendo stata l’ A. tratta in giudizio quale debitrice contro cui la creditrice ha proposto l’azione revocatoria mentre il R. avrebbe partecipato al giudizio soltanto quale eventuale destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda nei confronti della moglie e, costituendosi, si sarebbe limitato a chiedere l’estromissione dal giudizio, “deducendo la propria totale estraneità al rapporto giuridico costituente la causa petendi”, sicchè non potrebbe essere considerato parte soccombente.

2.2. Il motivo va disatteso.

Ed invero il motivo oltre a difettare di specificità, non essendo stato evidenziato specificamente se il R., oltre a chiedere la sua estromissione, abbia eventualmente non contestato nel merito la domanda, indicando in quale atto e in quali esatti termini abbia provveduto a tanto, è, comunque, infondato.

Secondo l’orientamento assolutamente prevalente della giurisprudenza di legittimità (v., ex multis, Cass. 3/08/2017, n. 19330), nel giudizio promosso dal creditore personale di uno dei coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorchè non sia neppure proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti all’accoglimento della domanda revocatoria.

Pertanto, non essendo il R. parte solo in senso formale ma avendo egli un ruolo anche di parte processuale, a suo carico ben possono essere poste le spese a favore della parte vittoriosa (arg. ex Cass. 6/11/2014, n. 23663; Cass., ord., 17/07/2009, n. 16691).

Si evidenzia che l’unico precedente (Cass. 31/05/2005, n. 11582) rinvenuto, peraltro non recente, conforme alla tesi sostenuta dai ricorrenti nel motivo all’esame, si fonda sul rilievo, che il Collegio, aderendo all’orientamento assolutamente prevalente e sopra richiamato, non condivide, che il coniuge non debitore, nell’azione revocatoria diretta a far valere l’inefficacia della costituzione di un fondo patrimoniale, non sia litisconsorte necessario.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2021

 

 

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