Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11124 del 19/04/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/04/2019, (ud. 20/02/2019, dep. 19/04/2019), n.11124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18296/2015 proposto da:

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ENZO

MORRICO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

BETTOLO 4, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO BROCHIERO

MAGRONE, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1140/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/01/2015, R.G.N. 2206/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte di appello di Milano respingeva il gravame proposto da Autostrade per l’Italia s.p.a. avverso la decisione del Tribunale meneghino che aveva condannato la società al pagamento, in favore di F.I. – dipendente turnista con mansioni di esazione presso la stazione Milano Est dell’autostrada Milano – Brescia – delle somme di Euro 5.642,25 a titolo di differenze sulle voci retributive fisse, e di Euro 11317,59 per differenze sul compenso per lavoro supplementare, nel periodo dal 1 giugno 2002 al 31 dicembre 2007;

2. la Corte osservava che il rispetto del principio di non discriminazione di cui al D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, art. 4,attuativo della Direttiva 97/810E relativa all’accordo Quadro sul lavoro a tempo parziale, comportasse che il lavoratore in regime di part time non doveva ricevere un trattamento deteriore rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, da intendersi come quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’art. 1, comma 3, del decreto citato e che la comparazione dovesse avvenire con riferimento all’inquadramento previsto dalle fonti collettive e, non come sostenuto dall’appellante, al sistema della turnazione continuativa ed avvicendata seguita dai lavoratori a tempo pieno; nè il confronto poteva avvenire con riguardo a circostanze di fatto diverse, quali quelle inerenti le prestazioni in turni in cui fossero impegnati i lavoratori a tempo pieno;

3. aggiungeva che anche il divisore 170 non poteva essere lo stesso per tutte le voci stipendiali, atteso che tale metodo non contribuiva al pieno rispetto del principio di non discriminazione di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, dovendo il metodo del riproporzionamento essere esaustivo;

4. di tale decisione ha domandato la cassazione la società, affidando l’impugnazione a due motivi, cui ha resistito il F., con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo, si denunziano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4, evidenziandosi che non esiste a favore del lavoratore subordinato un diritto soggettivo alla parità di trattamento e sostenendosi che la Corte abbia confuso tale principio con quello di non discriminazione, non potendo non tenersi conto, in sede di comparazione, del diverso impegno profuso dal lavoratore a tempo pieno in favore di un solo datore di lavoro e della necessità di avere riguardo alla retribuzione oraria in considerazione della peculiarità del contratto di lavoro a tempo parziale;

2. si censura, con il secondo motivo, la decisione per violazione dell’art. 9, comma 3, c.c.n.l., sostenendosi che il giudice del merito abbia male interpretato la normativa collettiva, in palese violazione dell’art. 1362 c.c. e ss., per essere insussistente il presupposto preso a riferimento dal giudice del merito, secondo il quale il lavoratore turnista per definizione è addetto a turni continui ed avvicendati, e per non avere considerato che nel ciclo di turnazioni del F. era preponderante il riposo;

2.1. si sostiene che il diverso trattamento retributivo discenda dalla maggiore gravosità della prestazione resa dal lavoratore a tempo pieno rispetto a quella resa dal lavoratore a tempo parziale, godendo quest’ ultimo di periodi di riposo consecutivo ben maggiori rispetto a quelli possibili ai lavoratori a tempo pieno in turni continui ed avvicendati; si aggiunge che il confronto era stato ritenuto più favorevole al lavoratore part time anche in sede di c.t.u. espletata in corso di causa;

3. il ricorso è infondato;

4. la sentenza gravata è coerente con i principi giurisprudenziali (tra le altre Cass. 28 settembre 2011, n. 17726; Cass. 28 luglio 2011, n. 16584; Cass. 14/11/2014, n. 24333; Cass. 15 ottobre 2015, n. 20843; Cass. 23 settembre 2016, n. 18709; Cass. 9 marzo 2017, n. 6087, Cass. 16945/2018, Cass. 11.4.2018 n. 8966) affermati in sede di legittimità in fattispecie analoghe a quella di cui è processo, principi del tutto condivisi, cui va data continuità;

5. la materia in esame è disciplinata, ratione temporis, dal D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4, attuativo della direttiva 97/81/CE, relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dai CEEP e dal CES (disposizione poi abrogata dal D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, art. 55, comma 1, lett. a), a decorrere dal 25 giugno 2015, ai sensi di quanto disposto dal medesimo D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 57, comma 1, che, all’art. 7, ha riscritto la disciplina del trattamento del lavoratore a tempo parziale);

6. il suddetto accordo-quadro tra le proprie finalità prevede, alla lettera a), quella di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorarne la qualità del lavoro; nel dare attuazione a tale direttiva il legislatore nazionale ha introdotto, con il D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4, il principio di non discriminazione, stabilendo, al comma 1, che il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale quello inquadrato nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi di cui all’art. 1, comma 3, per il solo motivo di lavorare a tempo parziale e, al comma 2, lett. a), che il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile, in particolare per quanto riguarda, tra l’altro, l’importo della retribuzione oraria e, lett. b), che il trattamento del lavoratore a tempo parziale sia riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa, in particolare per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa (ferma restando la facoltà per il contratto individuale di lavoro e per i contratti collettivi, di cui all’art. 1, comma 3, di prevedere che la corresponsione ai lavoratori a tempo parziale di emolumenti retributivi, in particolare a carattere variabile, sia effettuata in misura più che proporzionale);

7. alla luce di tali disposizioni normative, deve ribadirsi la conclusione che il rispetto del principio di non discriminazione, di cui al D.Lgs. n. 61 del 2000, esclude che la suddetta comparazione possa eseguirsi in base a criteri diversi da quello contemplato dalla norma con esclusivo riferimento all’inquadramento previsto dalle fonti collettive, per cui non possono valere criteri alternativi di comparazione (così, ad esempio, quello inerente le caratteristiche della continuità e dell’avvicendamento dei turni in cui sono impegnati i lavoratori a tempo pieno);

8. pertanto, la soluzione prospettata dalla parte ricorrente, che pretenderebbe di operare un distinguo tra retribuzione oraria e retribuzione globale, non è in linea con la previsione legislativa;

9. nella specie la Corte territoriale ha imputato le differenze rivendicate dalla ricorrente all’operata applicazione, in favore del F., di un trattamento meno favorevole di quello assicurato ai lavoratori a tempo pieno con turni continui ed avvicendati utilizzando il divisore 170 per calcolare ogni voce della retribuzione, laddove per gli impiegati a tempo pieno lo stesso divisore 170 era stato utilizzato solo per le voci di straordinario e altre indennità variabili;

10. tale metodo di calcolo non contribuisce di certo al pieno rispetto del principio della non discriminazione citato D.Lgs. n. 61 del 2000, ex art. 4, la cui priorità è, invece, assicurata sia dalla normativa Europea che da quella nazionale; ed infatti proprio il D.Lgs. n. 61 del 2000, art. 4, comma 2, lett. b), prevede che il riproporzionamento, in ragione della ridotta entità lavorativa, deve avvenire, in particolare, per l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, dunque con caratteristiche di esaustività; il che non può ritenersi si sia verificato laddove, come nel caso di specie, il lavoratore assunto a part time si sia visto applicare il divisore (meno favorevole) 170 su tutte le voci stipendiali, a differenza dei lavoratori a tempo pieno, cui tale divisore non viene applicato sulle voci fisse dello stipendio, con la conseguenza che il dipendente a tempo parziale ha percepito una retribuzione non esattamente proporzionale, per il numero di ore lavorate, a quella erogata ai dipendenti impegnati in regime full time;

11. il suddetto principio si salda con quello contenuto nel citato art. 4, comma 1, per il quale il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno comparabile, intendendosi per tale, come già visto, quello inquadrato nello stesso livello di fonte collettiva;

12. quanto al secondo motivo, una analogia di schema di alternanza tra giorni di lavoro e giorni di riposo potrebbe verificarsi solo in caso di part time orizzontale, laddove nel caso di specie, si verte in regime di part time verticale (cfr. Cass. 29.8.2011 n. 17726);

13. ai fini della suddetta comparazione, non sono ammissibili criteri alternativi, quale quello del sistema della turnazione continua ed avvicendata seguita dai lavoratori a tempo pieno. (v., poi, pagg. 4-8-sent Cass. 24333/14 sull’interpretazione del c.c.n.l. 16.2.2000, le cui disposizioni sono riprodotte nella sostanza, come ammesso dalla stessa ricorrente, nel successivo c.c.n.l. del 15.7.2005 applicabile ratione temporis);

14. in ragione delle svolte considerazioni, il ricorso va rigettato;

15. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo;

16. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R..

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019

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