Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11124 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. I, 07/05/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 07/05/2010), n.11124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.G., domiciliato in Roma, via Rodi 32, preso l’avv.

Monacelli M., che lo rappresenta e difende, come da mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero della giustizia;

– intimato –

Avverso il decreto n. 1689/2007 della Corte d’appello di Firenze,

depositato il 7 novembre 2007;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. NAPPI Aniello;

Udite le conclusioni del P.M. RUSSO Libertino Alberto, che ha chiesto

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Firenze ha condannato il Ministero della giustizia al pagamento della somma di Euro 2.250,00 in favore di B.G., che aveva proposto domanda di equa riparazione per la durata irragionevole di un giudizio promosso il 25 ottobre 1999 e definito in primo grado con sentenza del 28 gennaio 2005.

Ricorre per Cassazione B.G. e sostiene che, essendo il processo penale iniziato su sua querela del 7 settembre 1998, doveva considerarsi anche la durata precedente la sua costituzione di parte civile. Sostiene che sarebbe incostituzionale una diversa interpretazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e chiede comunque che la questione sia rimessa in via pregiudiziale a “la Corte europea dei diritti dell’uomo a norma dell’art. 234 del Trattato CE. Lamenta poi che nella liquidazione delle spese la corte d’appello abbia violato i minimi della tariffa professionale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso e’ infondato per quanto attiene al merito, fondato per quanto attiene alle spese. Non v’e’ dubbio che la L. n. 89 del 2001, art. 2 rinvii alla C.E.D.U. per l’individuazione dei soggetti legittimati alla domanda di equa riparazione. Dispone infatti che la legittimazione spetta a chi abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione “sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’art. 6, par. 1”.

E’ all’art. 6, par. 1, della Convenzione che occorre dunque fare riferimento; in particolare alla definizione del diritto alla durata ragionevole come legittima pretesa di qualsiasi persona che attenda un tribunale la decisione “sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta”.

E’ in realta’ questa definizione del soggetto legittimato a chiedere l’equa riparazione corrispondo alla definizione che dottrina e giurisprudenza danno coi soggetti qualificabili come parti di un procedimento penale.

Viene definito parte, infatti, il soggetto titolare di un diritto di azione da cui derivi per il giudice un dovere di decidere nel merito delle sue domande. E quindi si esclude che rivesta la qualita’ di parte un soggetto come la persona offesa (Cass., sez. un. pen., 16 dicembre 1998, Messina, m. 212077, Cass., sez. 6^, 13 febbraio 2009, Barogi, m. 243836), che pure puo’ svolgere un’attivita’ particolarmente incisiva nella fase procedimentale, in particolare nel procedimento di archiviazione, facendo sorgere per il giudice o anche per il pubblico ministero il dovere di pronunciarsi su talune sue richieste, anche se non sul merito dell’accusa. E’ ad esempio la natura procedimentale, e non di merito, della decisione di archiviazione a escludere che con un tale provvedimento si applichino sanzioni (C. cost., 15 luglio 1993, n. 319); e a precludere di conseguenza il riconoscimento della qualita’ di parte alla persona offesa, che pure, come s’e’ dette, puo’ intervenirvi con un ruolo attivo.

E’ condivisibile pertanto la giurisprudenza civile; di questa corte, che esclude la legittimazione alla domanda di equa riparazione per la persona difesa non costituitasi parte civile nel procedimento penale protrattosi oltre i limiti della durata ragionevole (Cass., sez. 1^, 23 gennaio 2003, n. 996, m. 560444, Cass., sez. 1, 20 gennaio 2006, n. 1184, m. 588638, Cass., sez. 1, 27 febbraio 2007, n. 4476, m.

595278). E sarebbe contraddittorio con questa impostazione riconoscere il diritto all’equa riparazione anche per la durata del procedimento precedente alla costituzione di parte civile. Quanto alla questione di legittimita’ costituzionale proposta dal ricorrente, va rilevato che e’ stata gia’ dichiarata “manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 24, 97 e 111 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2 nella parte in cui attribuisce alla persona offesa dal reato ed al querelante il diritto alla trattazione del processo entro un termine ragionevole e, conseguentemente, la legittimazione a chiedere l’indennizzo previsto dalla medesima legge, solo se abbiano assurto la qualita’ di parte nel processo penale, vale a dire solo se si siano costituiti parte civile. Invero, mentre i principi di buon andamento ed imparzialita’ riguardano l’organizzazione e il funzionamento della P.A., il rilievo costituzionale del principio di ragionevole durata del processo attiene alla posizione di chi il processo promuova o subisca, e quindi alla posizione delle sole parti costituite in giudizio” (Cass., sez. 1^, 10 febbraio 2006, n. 2969, m. 588803). Mentre e’ inammissibile la richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 del Trattato U.E. per la risoluzione di questioni di interpretazione della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, “non potendo ritenersi che le disposizioni della predetta Convenzione costituiscano parte integrante del diritto comunitario” (Cass., sez. 1^, 22 marzo 2007, n. 6978, m. 595754, Cass., sez. 1^, 19 luglio 2002, n. 10542, m. 555953).

Quanto alle spese, i giudici del merito hanno effettivamente disapplicato la tariffa professionale. Occorre dunque riconoscere al ricorrente le spese del giudizio di merito e applicare la tariffa prevista per il giudizio di cognizione davanti alla Corte d’appello (Cass., sez. 1^, 17 ottobre 2008, n. 25352, m. 605766).

In accoglimento del ricorso, sotto quest’ultimo limitato profilo, le spese del giudizio di merito vanno liquidate in complessivi Euro 907,00 (Euro 450,00 per onorari, Euro 407,00 per diritti, Euro 50,00 per esborsi), le spese del giudizio di legittimita’ possono essere compensate per i due terzi, in considerazione della parziale soccombenza del ricorrente.

PQM

LA CORTE In parziale accoglimento del ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di merito in complessivi in complessivi Euro 907,00 (Euro 450,00 per onorari, Euro 407,00 per diritti, Euro 50,00 per esborsi). Rigetta nel resto il ricorso.

Compensa per i due terzi le spese del giudizio di legittimita’ e ne pone i rimanente terzo a carico dell’amministrazione convenuta, liquidandole per la parte non compensata in Euro 300,00 oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

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