Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11122 del 19/04/2019

Cassazione civile sez. lav., 19/04/2019, (ud. 19/02/2019, dep. 19/04/2019), n.11122

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4983/2015 proposto da:

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PO 25/B,

presso lo STUDIO PESSI & ASSOCIATI, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE SIGILLO’ MASSARA;

– ricorrente –

contro

FONDAZIONE TEATRO MASSIMO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DI PIETRA 26,

presso lo studio dell’avvocato DANIELE MESSINA, rappresentata e

difesa dall’avvocato SALVATORE PETRUCCI;

– controricorrente –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE e

ANTONINO SGROI;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1301/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 30/07/2014, R.G.N. 1599/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/02/2019 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GIANLUCA FEDELI per delega Avvocato SALVATORE

PETRUCCI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 30 luglio 2014, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da C.F. nei confronti della Fondazione Teatro Massimo volta ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto ai numerosi contratti intercorsi con la Fondazione a decorrere dal 2 gennaio 2001 come tersicoreo di quinto livello e il riconoscimento del proprio diritto al conseguimento degli scatti di anzianità, dell’assegno ad personam spettantegli contrattualmente, nonchè dell’indennità di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32,comma 5.

1.1. La Corte, evidenziando la finalità di contenimento della spese pubblica sottesa al D.L. n. 64 del 2010, ha ritenuto di riconoscere carattere interpretativo tout court al D.L. 30 aprile 2010, n. 64, art. 3, comma 6, escludendo qualunque possibilità di conversione dei contratti intercorsi con la Fondazione anche alla luce del disposto di cui al D.L. n. 21 giugno 2013, art. 40, comma 1 bis, poi dichiarato incostituzionale.

2. Avverso tale pronunzia propone ricorso C.F. affidandolo a tre motivi.

3. Resiste con controricorso la Fondazione Teatro Massimo.

4. Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la decisione di merito ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, deducendosi la incostituzionalità della L. n. 100 del 2010, art. 3, comma 6 e della L. n. 91 del 2013, art. 40; con il secondo motivo si deduce altresì l’incostituzionalità delle medesime disposizioni, nonchè della L. n. 426 del 1977, art. 3, commi 4 e 5, mentre, con il terzo motivo, si deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 426 del 1977, art. 3, commi 4 e 5, L. n. 100 del 2010, art. 3, comma 6 e L. n. 230 del 1962, art. 1.

1.1. I tre motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono fondati.

1.1.1. Va premesso che, come noto, la stessa Corte costituzionale, in virtù del rinvio mobile di cui all’art. 117 Cost., ha chiarito il generale divieto di interventi legislativi retroattivi anche in materia civile con la sola eccezione per l’ipotesi in cui la retroattività sia dovuta a motivi imperativi di interesse generale, così accogliendo l’interpretazione dell’art. 6 CEDU offerta dalla Corte di Strasburgo. Nel caso di specie, la piana lettura del dettato normativo di cui alla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 695 (legge finanziaria 2006), secondo cui, per gli anni 2006 e 2007, alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato esclude che possa anche solo ipotizzarsi una retroattività. Il D.L. n. 64 del 2010, citato art. 3, comma 5, afferma che a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e fino al 31 dicembre 2011, alle fondazioni lirico-sinfoniche è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, nonchè di indire procedure concorsuali per tale scopo, fatto salvo che per quelle professionalità artistiche, necessarie per la copertura di ruoli di primaria importanza indispensabili per l’attività produttiva, previa autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali. Il successivo del D.L. 9 agosto 2013, n. 91, art. 11, comma 19, recante Disposizioni Urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo, stabilisce, invece, che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato presso le fondazioni lirico-sinfoniche è instaurato esclusivamente a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche”: la struttura della disposizione ed il suo inserimento tra le citate disposizioni urgenti (poi convertite nella L. n. 112 del 2013) inducono ad escludere che ci troviamo di fronte ad una norma che possa statuire per il passato e, quindi, essere retroattivamente applicabile a contratti di gran lunga antecedenti la sua entrata in vigore.

L’assenza di esplicita previsione normativa circa la retroattività delle disposizioni considerate esclude che possa anche astrattamente ipotizzarsi la retroattività delle stesse in base al principio in claris non fit interpretatio. Non può quindi attribuirsi rilievo per il passato ad una norma che non può avere effetto che per l’avvenire ai sensi dell’art. art. 11 preleggi (cfr., sul punto, Cass. n. 27959 del 17/10/2018).

1.2. Tale conclusione risulta oggi vieppiù imposta dalla interpretazione conforme della normativa considerata all’ultima parte della decisione di recente resa dalla Corte di giustizia nella causa Sciotto, (Corte di giust. 25 ottobre 2018, causa C-331/17) ed alla necessità di evitare gravi disparità di trattamento anche alla luce della dottrina Milkova (V. Corte Giust. 9 marzo 2017, Causa C- 406/15, Milkova) dovendo scongiurarsi il rischio che la distinzione operata da una normativa nazionale tra i lavoratori subordinati a tempo determinato alle dipendenze di un qualsiasi datore di lavoro privato e quelli che svolgano le medesime mansioni alle dipendenze di una Fondazione lirica, non risulti adeguata al fine perseguito da tale normativa.

2.1. Nell’ambito del diritto interno, la L. 22 luglio 1977, n. 426, art. 3, Provvedimenti straordinari a sostegno delle attività musicali (GURI n. 206, del 28 luglio 1977), vieta, a pena di nullità, “i rinnovi dei rapporti di lavoro che, in base a disposizioni legislative o contrattuali, comporterebbero la trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato”.

Il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 – Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001), nella sua versione applicabile alla data dei fatti, prevede, al suo comma 01, che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, al suo comma 1, che un termine può essere stabilito per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo e, al comma 2, che tali ragioni devono essere specificate per iscritto.

2.2. Questa Corte, a partire dalla citata Cass. n. 6547 del 2014, (conf. sul punto, Cass. n. 208 del 2017, nonchè, fra le più recenti, la già citata Cass. n. 2959 del 2018; Cass. n. 9896 del 20/04/2018, Cass. n. 25800 del 16/10/2018) ha affermato fondamentali principi di diritto in tema di Fondazioni lirico Sinfoniche. Innanzitutto, successivamente alla trasformazione delle Fondazioni lirico sinfoniche (a partire, dunque, dal 23 maggio 1998), e fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati da dette Fondazioni si applica la disciplina prevista dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, con l’unica esclusione costituita dell’art. 2 Legge cit., relativa alla proroghe, alla prosecuzione ed ai rinnovi dei contratti a tempo determinato, come stabilito dal D.Lgs. n. 367 del 1996, art. 22. Inoltre, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, ai contratti di lavoro a termine stipulati dal personale delle Fondazioni lirico-sinfoniche previste dal D.Lgs. n. 367 del 1996, si applicano le disposizioni di cui ai D.Lgs. n. 368 del 2001, con le uniche esclusioni costituite dall’art. 4, relativo alle proroghe, e dall’art. 5, relativo alle prosecuzioni ed ai rinnovi, come stabilito da detto D.Lgs., art. 11, comma.

La violazione “delle norme che prevedono la forma scritta ad substantiam e la specifica indicazione della causale,…, devono essere riportate nell’ambito della disciplina ordinaria del contratto di lavoro a tempo determinato, con la conseguente conversione del rapporto in rapporto a tempo indeterminato” (Cass. n. 6547/2014 cit.).

E’ quindi certo che l’esclusione dell’applicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001, alle Fondazioni lirico-sinfoniche opera in caso di successione di contratti e non si estende alle anomalie genetiche dei medesimi, come riscontrato anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 260 del 11 dicembre 2015, che ha richiamato non solo Cass. n. 6547/2014, ma anche Cass. n. 10924, n. 10217, n. 7243, n. 5748 del 2014, oltre alle più risalenti Cass. n. 18263 del 2013n. 11573 del 2011, quali espressione di un “orientamento conforme” e “restrittivo” nel sancire che il divieto di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato per le fondazioni liriche è circoscritto alla materia dei rinnovi e a quella connessa delle proroghe, ma i non investe ogni ipotesi di violazione delle norme sulla stipulazione di contratti di lavoro subordinato a termine.

2.3. La specialità della disciplina del contratto a tempo determinato del personale delle fondazioni liriche, per il resto interamente sottoposto alla disciplina del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato dell’impresa (D.Lgs. n. 367 del 1996, art. 22; D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1) è, dunque, limitata all’inapplicabilità delle disposizioni relative alle proroghe ed ai rinnovi, come già prevedevano la L. n. 426 del 1977, art. 3, la L. n. 230 del 1962, art. 2 e, da ultimo, del D.Lgs. n. 368 del 2001, citato art. 11.

3. Alla luce del panorama normativo descritto il giudice di merito non ha fatto buon governo dei principi dettati in materia di presupposti per la legittimità dell’apposizione del termine al primo contratto e per la proroga dello stesso, non essendosi la Corte uniformata al consolidato orientamento, secondo il quale la normativa in materia, richiedendo l’indicazione, da parte del datore di lavoro, delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in conformità alla Direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (sentenza del 23 aprile 2009, in causa C-378/07 ed altre; sentenza del 22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di indicazione sufficientemente dettagliata della causale con riguardo al contenuto, alla sua portata spazio-temporale e, più in generale, circostanziale, sì da assicurare la trasparenza e la verificabilità di tali ragioni.

3.1. La già citata sentenza della Corte di giustizia Sciotto, (Corte di giust. 25 ottobre 2018, causa C-331/17) chiarisce ulteriormente che per quanto riguarda l’argomento relativo alle particolarità inerenti al settore di attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, è vero che la programmazione annuale di spettacoli artistici comporta necessariamente, per il datore di lavoro, esigenze provvisorie in materia di assunzione. Così, l’assunzione temporanea di un lavoratore al fine di soddisfare le esigenze provvisorie e specifiche del datore di lavoro in termini di personale può, in via di principio, (ma si tratta di valutazione rimessa al giudice del merito) costituire una “ragione obiettiva” ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), del suddetto accordo quadro (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 91, nonchè del 14 settembre 2016, Perez Lopez, C-16/15, EU:C:2016:679, punto 44). Invero, le esigenze artistiche o tecniche connesse alla rappresentazione di uno spettacolo, possono essere tali da rendere necessaria un’assunzione temporanea. “Lo stesso vale qualora occorra provvedere alla sostituzione di un artista o di un tecnico non disponibile, in particolare, a causa di malattia o di maternità” (Corte giust. 25 ottobre 2018 cit.).

3.2. In particolare, per quanto concerne le “ragioni obiettive”, strumento fondamentale di argine all’abusivo ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato nell’ambito delle Fondazioni Liriche – essendo ivi prevista ed ammessa la possibilità di ricorrere a rinnovi – va sottolineata, in questa sede nomofilattica, l’assoluta necessità di interpretare in termini rigorosi ed estremamente restrittivi la sussistenza di tale requisito. Si legge, al riguardo, nella sentenza Sciotto, che, per quanto riguarda la nozione di “ragioni obiettive”, quest’ultima dev’essere intesa nel senso che “si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività” e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti in questione, dalle caratteristiche ad esse inerenti o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (il richiamo è a sentenze del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, EU:C:2014:2401, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, nonchè del 26 febbraio 2015, Commissione/Lussemburgo, C238/14, EU:C:2015:128, punto 44).

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 260 del 2015, ha rimarcato, quale profilo “non meno cruciale” di illegittimità costituzionale, che “con riguardo ai lavoratori dello spettacolo, la Corte di giustizia ha valorizzato il ruolo della “ragione obiettiva” come mezzo adeguato a prevenire gli abusi nella stipulazione dei contratti a tempo determinato e come punto di equilibrio tra il diritto dei lavoratori alla stabilità dell’impiego e le irriducibili peculiarità del settore.

Nel caso di specie, l’assenza di qualsivoglia precisazione in ordine alla natura ed allo scopo dei contratti, alla temporaneità delle esigenze che hanno reso necessario il ricorso all’assunzione a termine, alla professionalità del soggetto assunto, in una parola, l’assenza di precisazioni in ordine alla particolarità dell’apporto lavorativo per ciascuno dei diversi spettacoli con riferimento a ragioni tecnico – artistiche, avrebbero dovuto indurre la Corte d’appello a ritenere non idonei gli elementi addotti ad illustrare le motivazioni che avrebbero costretto la Fondazione a far ricorso alla stipulazione di contratti a termine.

4. Alla luce delle suesposte argomentazioni, quindi, il ricorso va accolto.

5. La sentenza deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Catania, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la stessa alla Corte d’Appello di Catania, anche in ordine alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019

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