Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11117 del 07/05/2010

Cassazione civile sez. I, 07/05/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 07/05/2010), n.11117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – rel. Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 610/2005 proposto da:

M.V. (c.f. (OMISSIS)), A.G. (c.f.

(OMISSIS)), F.D. (c.f.

(OMISSIS)), nella qualità di erede di FE.DU.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIMA 15, presso l’avvocato

VERINO Mario Ettore, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUFFRIDA ROBERTO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CAMPI BISENZIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA VITE 7, presso

l’avvocato D’AMELIO Piero, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato SERRA ANTON UGO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1855/2003 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/02/2010 dal Presidente Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato VERINO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato SCIACCA (con delega) che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14.6.2001 il Tribunale di Firenze accoglieva la domanda di risarcimento del danno da occupazione appropriativa di due terreni proposta da M.V., Fe.Du. e A. G. nei confronti del Comune di Campi Bisenzio che condannava al pagamento della somma complessiva di L. 1.217.480.998 oltre agli interessi dal 30.9.1995 e rimetteva alla Corte d’Appello, funzionalmente competente, la domanda di pagamento dell’indennità di occupazione.

Proponeva impugnazione il Comune ed all’esito del giudizio, nel quale si costituivano le controparti – con l’intervento di F. D. quale erede di Fe.Du. nel frattempo deceduto – spiegando anche ricorso incidentale, la Corte d’Appello di Firenze con sentenza del 7.10-24.11.2003, dopo aver determinato il valore di mercato dei due terreni rispettivamente in L. 323.682.000, pari ad Euro 167.167,80, ed in L. 54.164.000, pari ad Euro 27.973,37, condannava il Comune, a titolo di risarcimento del danno con l’applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, al pagamento della minore somma di Euro 107.610,87 oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi sulle somme di anno in anno rivalutate con decorrenza dal 31.10.1995 relativamente al terreno di maggiore dimensione e dall’8.8.1996 quanto a quello di minore superficie.

Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, rilevava la Corte che, nell’ambito di una zona destinata a PEEP, deve farsi riferimento, ai fini della determinazione del valore dei terreni, alla totalità della superficie al lordo di quella da destinarsi a spazi liberi ed in particolare ad un indice medio risultante dal rapporto fra cubatura complessiva edificabile e superficie totale (ed. indice territoriale) e non già dal rapporto fra tra cubatura e terreni edificabili (c.d. indice fondiario), come aveva affermato il Tribunale. Calcolava pertanto gli importi sopra indicati sulla base di un indice territoriale di 0,82 indicato dal C.T.U..

Dichiarava quindi assorbito l’appello incidentale riguardante l’entità dell’indice fondiario.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione M. V., A.G. e F.D. che deducono un unico motivo di censura, illustrato anche con memoria.

Resiste con controricorso, illustrato anch’esso con memoria, il Comune di Campi Bisenzio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso M.V., A.G. e F.D. denunciano violazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 e della L. n. 167 del 1962, art. 3, e segg.. Sostengono che la Corte d’Appello, avendo tenuto conto dell’indice territoriale anzichè di quello fondiario, avrebbe dovuto mutare tutti i criteri ed i parametri utilizzati in primo grado considerando in particolare che: il riferimento alla sola superficie degli alloggi non è di conseguenza idoneo in quanto ai sensi della L. n. 167 del 1962, art. 4, possono realizzarsi opere ed impianti di interesse pubblico gestibili anche dai privati (negozi, uffici centri commerciali ecc.) ed aventi un valore di gran lunga superiore agli alloggi, valore che si ripercuote sul valore delle singole costruzioni; la superficie calpestabile doveva essere incrementata per gli accessori e le pertinenze (sottonegozi, cantine, garages interrati ecc.); la detrazione di L. 71.000 per mq. di terreno occupato, in relazione al costo delle opere di urbanizzazione, non è giustificabile sulla base dell’indice territoriale adottato;

l’incidenza del costo del terreno nella misura del 20% del valore delle costruzioni non può considerarsi congruo rispetto alla nuova valutazione; l’incidenza del c.d. costo gestionale (riguardante il profitto dell’imprenditore ed i costi per i professionisti redattori dei progetti edilizi) avrebbe dovuto essere considerata in misura inferiore in quanto i soggetti realizzatori (cooperative ed istituti per le case popolari) non perseguono fini di lucro.

Orbene, il ricorso, nei termini in cui è stato prospettato, è privo di fondamento anche se, per le ragioni che saranno di seguito precisati, la sua proposizione comporta delle conseguenze ai fini della determinazione del risarcimento del danno.

Va in primo luogo precisato che con il ricorso in esame non viene contestata l’applicabilità, nell’ambito del PEEP, del cosiddetto indice territoriale (anzichè di quello fondiario) affermata dalla Corte d’Appello ai fini della valutazione dell’area espropriata in conformità della giurisprudenza di questa Corte (Sez. Un. 125/01 e molte altre successive di analogo contenuto) espressamente richiamata, ma si sostiene che, sia pure in base a detto indice, il valore a mq. delle singole costruzioni avrebbe dovuto essere stimato in misura più elevato con evidenti ricadute sul valore dell’intera area. Ed al riguardo elenca una serie di circostanze, sopra riportate nella esposizione del motivo di ricorso, a sostegno della tesi di un indice di fabbricabilità pari a 2,50 anzichè di 0,82, precisando che, a seguito del mutamento dell’indice di riferimento da fondiario a territoriale, l’indice di fabbricabilità non poteva rimanere immutato.

Orbene, in linea di principio non può condividersi l’assunto secondo cui il riferimento all’indice territoriale invece che a quello fondiario, vale a dire ad una minore volumetria in quanto rapportata all’intera area interessata dal PEEP rispetto a quella desumibile dalle singole superficie direttamente interessate dalle costruzioni, comporti una maggiore valutazione dei futuri edifici, non determinando alcuna incidenza sulla portata delle costruzioni da realizzare.

Quanto poi alle singole circostanze evidenziate per dimostrare un maggior valore degli edifici su cui calcolare il valore dell’area (mancata considerazione degli spazi adibiti a fini diversi da quelli residenziali abitativi e cioè ad uffici, centri commerciali ecc.;

eccessiva incidenza del costo del terreno ecc.), trattasi all’evidenza di una valutazione di merito su cui non risulta fosse stata sollevata contestazione alcuna avanti alla Corte d’Appello nonostante nello stesso ricorso si deduca che i valori recepiti in sede di gravame erano stati espressi dal Comune con l’atto di appello.

Ma, come già sottolineato, la censura in esame, sebbene non meriti di essere accolta, ha tuttavia comportato la persistente pendenza della questione di fondo costituita dalla determinazione del risarcimento del danno da occupazione appropriativa, con la conseguente applicabilità, anche d’ufficio, dello “ius superveniens” (L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89) introdotto a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 349/07 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, in quanto non prevedeva un ristoro integrale del danno subito per effetto dell’occupazione appropriativa. Con la suddetta norma infatti è stato sostituito il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 55, comma 1, e previsto che “nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilità in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30.9.1996, il risarcimento del danno è liquidato in misura pari al valore venale del bene”.

Orbene, nel caso in esame, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto in quanto il valore venale del terreno risulta dalla sentenza l’impugnata, ricorrono certamente le condizioni per una decisione di merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., e può pertanto essere riconosciuta a titolo di risarcimento del danno per la perdita del terreno la somma complessiva di Euro 195.141,17, di cui Euro 167.167,80 per il terreno di maggiore dimensione (mq.

6570,00) ed Euro 27.973,37 per quello minore (mq. 1.100,00), oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi secondo i criteri e le decorrenze stabilite dalla Corte d’Appello (rivalutazione secondo gli indici ISTAT ed interessi sulle somme di anno in anno rivalutate con decorrenza dal 31.10.1995 quanto al primo importo e dall’8.8.1996 quanto al secondo importo).

Relativamente all’indennità di occupazione, per la quale il Tribunale aveva dichiarato la propria incompetenza rimettendo gli atti alla Corte d’Appello, nessuna pronuncia risulta dalla sentenza impugnata nè i ricorrenti in questa sede hanno censurato una tale omissione, lamentando che la relativa domanda sarebbe stata prospettata con l’atto di appello.

Rimane quindi preclusa ogni valutazione al riguardo.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata d’ufficio con la conseguente condanna del Comune al pagamento delle somme sopra indicate e degli accessori.

Va infine confermata la regolamentazione delle spese stabilita dalla Corte d’Appello, mentre si compensano integralmente quelle del presente giudizio di legittimità in quanto il maggior importo riconosciuto ai ricorrenti è stato frutto non già dell’accoglimento del ricorso ma unicamente del mutamento della disciplina nel frattempo intervenuta in tema di occupazione appropriativa.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna il Comune al pagamento della complessiva somma di Euro 195.141,17 con la rivalutazione e gli interessi secondo i criteri e le decorrenze stabilite dalla Corte d’Appello e sopra riportate in motivazione. Conferma la regolamentazione delle spese al 50% di entrambi i gradi di merito operata dalla Corte d’Appello e compensa integralmente le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2010

 

 

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