Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11117 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 18/01/2017, dep.05/05/2017),  n. 11117

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2898/2016 proposto da:

ISTITUTO SALESIANO DON BOSCO, (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA DELLE

CINQUE GIORNATE 2, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO MERLINI,

che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE di CAGLIARI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 2, presso lo studio

dell’avvocato NICOLA GIANCASPRO, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCESCA FRAU giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 225/01/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CAGLIARI del 18/06/2015, depositata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO

NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 225/01/2015, depositata il 23 giugno 2015, non notificata, la CTR della Sardegna ha rigettato l’appello proposto dall’Istituto Salesiano Don Bosco in (OMISSIS) (di seguito Istituto)nei confronti del Comune omonimo, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Cagliari, che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente avverso avviso di accertamento ICI per l’anno 2007, con il quale il Comune di Cagliari aveva contestato l’omesso versamento del tributo riguardo agli immobili siti al (OMISSIS), utilizzati, oltre che per dimora dei religiosi dell’Istituto, per attività didattiche.

Avverso detta pronuncia il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso il Comune di Cagliari.

Con il primo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, rilevando, come all’attività di scuola paritaria esercitata dall’Istituto, sicuramente dotato del requisito soggettivo per il godimento dell’esenzione, non potesse attribuirsi, quanto alla verifica della sussistenza del requisito oggettivo, natura di attività commerciale. Nella fattispecie in esame, inerente all’anno d’imposta 2007, la relativa disposizione va letta alla stregua del D.L. n. 223 del 2006, art. 39, convertito con modificazioni nella L. n. 248 del 2006, che, sostituendo il comma 2 bis del citato art. 7, ha stabilito che l’esenzione disposta dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale.

Ciò posto, va in primo luogo chiarito che la presenza dei religiosi in loco non giustifica di per sè l’esenzione riguardo all’esercizio di attività di religione o di culto.

Non pertinente appare, in proposito, il riferimento da parte ricorrente alla pronuncia di questa Corte, Cass. sez. 5, 18 dicembre 2009, n. 26557, che riguardava fattispecie nella quale l’unità immobiliare oggetto di accertamento era esclusivamente destinata ad abitazione conventuale delle suore ivi presenti.

Nel caso oggetto del presente giudizio la presenza degli alloggi dei religiosi è strumentale allo svolgimento in loco della prioritaria attività didattica.

Giova in proposito ricordare che solo con il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 91 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, sono state introdotte, quanto all’IMU, disposizioni specifiche in tema di esenzione nel caso in cui l’unità immobiliare abbia destinazione mista.

Ciò premesso, nella fattispecie, l’esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato, incombendo il relativo onere probatorio al contribuente, che le attività in oggetto, di natura didattica, non avessero natura esclusivamente commerciale.

Questa Corte ha escluso che l’esercizio di scuola paritaria da parte di Istituto religioso con pagamento di rette potesse di per sè beneficiare dell’esenzione dall’ICI (cfr., in particolare, Cass. sez. 5, n. 14225 e 14226 dell’8 luglio 2015, nel contesto di un’ampia disamina inerente anche alle ulteriori sopravvenienze normative in tema di esenzione IMU, cui pure parte ricorrente ha fatto riferimento, ed ancora, più di recente, in relazione anche allo svolgimento di attività didattica, Cass. sez. 6-5, ord. nn. 19035, 19036, 19037, 19038 e 19039, depositate il 27 settembre 2016).

In proposito mette di conto di ricordare che la stessa decisione della Commissione dell’Unione Europea del 19 dicembre 2012, pur menzionata da parte ricorrente, resa nell’ambito della valutazione del se il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), in tema di esenzione ICI, nelle sue diverse formulazioni succedutesi nel tempo, concretizzasse una forma di aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione, ha chiarito, in conformità anche alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che anche un ente senza fine di lucro può svolgere attività economica, cioè offrire beni o servizi sul mercato; aggiungendo, quindi, con specifico riferimento all’attività didattica svolta da scuola paritaria, che non basta ad escludere il carattere economico dell’attività il rispetto delle condizioni quali il soddisfacimento degli standard d’insegnamento, l’accoglienza degli alunni portatori di handicap, l’applicazione della contrattazione collettiva e la garanzia della non discriminazione nell’accettazione degli alunni e l’obbligo di reinvestimento degli eventuali avanzi di gestione nell’attività didattica, essendo necessario, al fine dell’esclusione del carattere economico dell’attività, che quest’ultima sia svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un importo simbolico, tale da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio (cfr., in particolare, par. 172).

Nella controversia in esame, nella quale le censure avverso la decisione impugnata investono tutte ipotesi di denunciate violazioni e false applicazioni di norme di diritto, la CTR ha, con precipuo accertamento di fatto, statuito che “il Comune di Cagliari ha dimostrato che l’attività didattica, nell’anno in considerazione, è stata esercitata dietro il pagamento di una retta che non si è discostata, nell’ammontare, da quelle di mercato”, da ciò facendo conseguire il riconoscimento della natura oggettivamente commerciale dell’attività medesima, con conseguente assoggettamento all’ICI degli immobili nei quali essa viene svolta.

Detto accertamento di fatto, non censurato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, norma neppure invocata, nè invocabile nella fattispecie dall’Istituto ricorrente, trattandosi di cd. doppia conforme (cfr. Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053), resta dunque insindacabile da parte di questa Corte.

A ciò consegue che devono ritenersi inammissibili per carenza d’interesse le ulteriori censure sollevate dal ricorrente con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 62 del 2000, art. 1, commi 1, 2, 3, L. n. 121 del 1985, artt. 7 e 9 e degli artt. 20 e 33 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e terzo motivo (violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 14, 106 e 107 TFUE e, in via subordinata, dell’art. 165 del TFUE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Va infine rigettato, in quanto manifestamente infondato, il quarto motivo, con il quale il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

In proposito questa Corte, con la già citata Cass. n. 14225/15 resa in analoga fattispecie, nel richiamare la propria giurisprudenza in ordine alle condizioni perchè possa sussistere il potere del giudice tributario di disapplicazione delle sanzioni, ribadendo che a tal fine occorre che la disciplina normativa “si articoli in una pluralità di prescrizioni, con un coordinamento concettualmente difficoltoso per equivocità di contenuto, derivante da elementi positivi di confusione, il cui onere di allegazione grava sul contribuente (Cass. n. 18031 del 2013)”, ha escluso che nel caso di specie ricorra detta situazione, in ragione della “chiara inesistenza nella norma in questione di una pluralità di prescrizioni di difficile coordinamento”.

A detto indirizzo il collegio ritiene dover dare ulteriore continuità.

Il ricorso va dunque rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del Comune di Cagliari delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contribuito unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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