Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11115 del 10/06/2020

Cassazione civile sez. III, 10/06/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 10/06/2020), n.11115

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29907/2018 proposto da:

Assicuratrice Milanese Spa, elettivamente domiciliato in Roma alla

via Cola Di Rienzo n. 212 presso lo studio dell’avvocato Sirena

Andrea che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Panni

Francesco;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in Roma alla piazza Del Fante

n. 2 presso lo studio dell’avvocato Acciai Costanza che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Leone Raffaele;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1574/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/01/2020 da Dott. Cristiano Valle, osserva:

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’avvocato A.M. venne convenuta in giudizio, ai fini del risarcimento dei danni, dalla curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., dalla quale aveva ricevuto mandato professionale per azione revocatoria (nei confronti dell’allora Banco di Napoli S.p.a.) non andata a buon fine proposta al Tribunale di Siracusa, quale giudice competente in quanto la procedura concorsuale era ivi radicata.

L’avvocato A. chiamò in giudizio, su autorizzazione del Tribunale di Siracusa, la propria assicurazione (Assicuratrice Milanese S.p.a.).

Il Tribunale escluse che sussistessero profili risarcitori con riferimento all’esito della revocatoria, ma li ritenne in ordine al ritardo con cui venne comunicato alla curatela l’esito del giudizio, così da precludere l’appello e condannò l’avvocato A. alla corresponsione di oltre sessantamila Euro, rigettando la richiesta di manleva nei confronti della Compagnia assicuratrice.

L’avvocato A. ha, dopo la sentenza di primo grado, concluso una transazione con la curatela ed ha impugnato il solo capo di detta sentenza relativo al rigetto della domanda di manleva nei confronti della sua assicurazione.

La Corte di Appello di Catania, con la sentenza n. 01574/2018, ha ritenuto che il contratto di assicurazione originario tra l’avvocato A. e la Compagnia assicuratrice fosse stato integrato e non nuovamente concluso nel novembre del 2008, con la conseguenza che l’avvocato A. non poteva essere ritenuta reticente ai sensi dell’art. 1892 c.c., comma 1, al momento della conclusione del contratto, risalente al 2003 e ne ha accolto, pertanto, la domanda di garanzia nei confronti dell’Assicuratrice Milanese S.p.a.

Avverso la sentenza d’appello propone ricorso, con atto affidato a quattro motivi, l’Assicuratrice Milanese S.p.a.

Resiste con controricorso l’avvocato A..

Il P.G non ha presentato conclusioni.

Le parti non hanno depositato memorie per l’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo mezzo censura la sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c. per non avere la Corte d’appello esaminato l’eccezione, proposta in primo grado e rimasta assorbita, di dolo della professionista, nell’adempimento del mandato professionale nella causa di revocatoria fallimentare affidatale dalla curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l.

1.2. L’assunto è infondato: la sentenza di primo grado ha ritenuto inadempiente l’avvocato A. in punto di mancata comunicazione alla Curatela Fallimentare, in tempo utile per impugnare, della sentenza di rigetto della domanda di revocatoria fallimentare e la Corte di Appello di Catania, nella sentenza qui in scrutinio, ha recepito detta statuizione, radicando l’evento di danno rilevante nell’omissione, in tempo utile per l’esercizio del potere di impugnazione, della comunicazione dell’esito del giudizio. Sul punto la sentenza d’appello, pur non facendo espresso riferimento alla prospettazione del dolo, ha ribadito il convincimento del Tribunale, rilevando che “…il comportamento difensivo dell’appellante non ha influito sugli esiti del giudizio, la cui responsabilità è da addebitare all’inconsistenza delle prove messe a disposizione della curatela, nè sono state fornite dalla compagnia assicurativa prove che possano fare diversamente ritenere.”.

Il primo motivo è infondato.

2. Il secondo motivo censura la sentenza d’appello per violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 1892 e 2909 c.c. ed assume che il giudice di appello ha errato in quanto ha confuso il rischio assicurato ed il danno civilistico e non ha, quindi, ritenuto rilevante ogni informazione che era stata fornita dall’assicurato all’assicuratore al momento della conclusione del contrato e, quindi, nel caso di specie, trattandosi di contratto stipulato nel maggio del 2003 venivano in rilievo le omissioni informative da parte dell’avvocato A. relative al suo comportamento processuale nel corso del giudizio di revocatoria fallimentare.

2.1. Il motivo non coglie nel segno: a parte quanto rilevato con riferimento al precedente motivo, dell’ininfluenza del comportamento processuale dell’avvocato A. sull’esito della lite, negativo per la curatela ed imputato dal Tribunale di Siracusa alla scarsità del materiale probatorio documentale fornito dalla curatela, deve rilevarsi che la sentenza conclusiva del giudizio di revocatoria intervenne nel dicembre del 2003, ossia dopo quasi sette mesi dalla stipula del contratto di assicurazione contro i danni e, come icasticamente osservato dalla Corte territoriale “…pertanto, a quella data, certamente, la A. non poteva essere a conoscenza degli esiti del giudizio”.

Giova evidenziare, altresì, per completezza motivazionale, che la deduzione di un comportamento doloso da parte dell’assicurato impone anche che l’assicuratore deduca in quale modo il proprio consenso sia stato determinato da detto comportamento (Cass. n. 16769 del 21/07/2006 Rv. 591763 – 01): “In tema di contratto di assicurazione, la reticenza dell’assicurato è causa di annullamento allorchè si verifichino simultaneamente tre condizioni: a) che la dichiarazione sia inesatta o reticente; b) che la dichiarazione sia stata resa con dolo o colpa grave; c) che la reticenza sia stata determinante nella formazione del consenso dell’assicuratore. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di tali condizioni, che costituiscono il presupposto di fatto e di diritto dell’inoperatività della garanzia assicurativa, è a carico dell’assicuratore”.

La deduzione del motivo di legittimità è del tutto carente da detto punto di vista.

Il motivo è, inoltre, del tutto manchevole laddove assume che nel novembre 2008 la A. avrebbe concluso un nuovo contratto di assicurazione, sostitutivo di quello precedente: l’assunto non convince e si scontra con l’esaustiva e logica motivazione della Corte di Appello che ha evidenziato, richiamando correttamente l’art. 1362 c.c., come dal comportamento delle parti, consistito nel pagamento, il primo dicembre 2008, della sola somma integrativa di Euro trecentoventisei e senza mutamento della la scadenza, che rimase quella, prorogata di un anno, prevista dalla polizza originaria, risultava che le parti avevano deciso di integrare l’originario contratto e non di stipularne uno nuovo e diverso, con la conseguenza che l’unico comportamento della professionista legale del quale doveva essere valutata la correttezza era quello relativo alla stipulazione originaria del contratto di assicurazione, risalente al maggio 2003.

Il secondo motivo è infondato.

3. Il terzo mezzo torna sull’omissione di pronuncia relativamente alla prospettazione difensiva, in appello, relativa alla transazione stipulata dall’avvocato A. con la curatela del Fallimento della (OMISSIS) S.r.l..

3.1. Il mezzo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni: l’Assicuratrice Milanese S.p.a. non aveva proposto alcun appello incidentale avverso la sentenza di prime cure, nella parte in cui asseritamente ne chiedeva la rivalutazione (ciò risulta implicitamente dalla stessa prospettazione del terzo mezzo, in quanto non vi si fa in alcun modo menzione di un’impugnazione incidentale di merito e richiamando, a pag. 28 del ricorso, le pagg. 25, 26, 27, 28 e 29 della comparsa di costituzione e risposta in appello non si accenna minimamente ad eventuale appello incidentale) e, inoltre, per palese carenza di interesse in quanto il raggiungimento di una transazione da parte dell’assicurato, mediante la quale questi versa una somma inferiore a quella che sarebbe tenuto a versare in forza di un titolo giudiziale è normalmente evento favorevole all’assicuratore. Il mezzo, inoltre, richiama, per sostenere la ragione d’impugnazione, un precedente di questa Corte (Cass. n. 03969 del 13/03/2012 Rv. 622051 – 01) non del tutto pertinente e che anzi, nella massima ufficiale (predisposta dall’Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte) lascia propendere, pur nella diversità di fattispecie (nella sentenza massimata non vi era stata alcuna transazione) per una diversa, e sfavorevole alla compagnia assicuratrice, conclusione: “Il terzo chiamato in garanzia impropria, come è legittimato a svolgere le sue difese per contrastare non solo la domanda di manleva, ma anche quella proposta dall’attore principale, così può autonomamente impugnare le statuizioni della sentenza di primo grado relative al rapporto principale, sia pure al solo fine di sottrarsi agli effetti riflessi che la decisione spiega sul rapporto di garanzia”.

In breve: la Assicuratrice Milanese S.p.a. avrebbe potuto, e dovuto, interporre impugnazione incidentale, di merito.

Il terzo motivo è, pertanto, inammissibile.

4. Il quarto mezzo censura la sentenza d’appello per mancata statuizione sulla franchigia contrattuale di Euro cinquecento.

4.1. Il mezzo è inammissibile, non risultando in alcun modo dove e quando, nelle precedenti fasi del giudizio di merito la questione sia stata posta.

5. Il ricorso è, pertanto, rigettato.

5.1. Le spese di lite restano regolate dal principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

5.2. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 5.600,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15% oltre CA ed IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione sezione Terza civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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