Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1111 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 21/01/2021, (ud. 26/11/2020, dep. 21/01/2021), n.1111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9406-2019 proposto da:

ROMA CAPITALE, (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI FRANCESCO BIASIOTTI MOGLIAZZA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO SPORTELLI.

– ricorrente –

contro

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE

44, presso lo studio dell’avvocato ANDREA SCAFA, che la rappresenta

e difende;

-controricorrente –

contro

TECNO LAVORI SRL, SM EDILIZIA SRL, UNIPOLSAI ASS.NI SPA, DCE APPALTI

SRL;

– intimate –

avverso la sentenza n. 6032/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Roma Capitale ricorre per la sentenza n. 6032/2018 della Corte d’Appello di Roma, del 28 settembre 2018, formulando un solo motivo, illustrato con memoria.

Resiste con controricorso S.E..

II Tribunale di Roma, con sentenza n. 9609/2017, rigettava la richiesta che S.E. aveva formulato nei confronti di Roma Capitale, al fine di, accertatane la responsabilità ex art. 2051 c.c., o, in alternativa, ex art. 2043 c.c., condannarla ai risarcimento dei danni che aveva subito, cadendo a causa di una buca non segnalata presente in via (OMISSIS), scarsamente illuminata e in cattivo stato di manutenzione; rigettava la domanda di garanzia che la convenuta aveva formulato nei confronti della DCE Appalti S.r.l. e dell’impresa Tecno Edil S.r.l., cessionaria del ramo d’azienda, nonchè di S.M. Edilizia S.r.l., affittuaria, che aveva in appalto la manutenzione della strada, e respingeva la domanda di surroga nei diritti che la DCE appalti vantava nei confronti di Unipolsai Assicurazioni, sua assicuratrice, e dell’impresa appaltatrice, ai sensi dell’art. 1917 c.c., comma 2, compensava tra le parti le spese di lite.

La Corte d’Appello di Roma, investita del gravame da S.E., con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, riformava la sentenza di prime cure, riconosceva Roma Capitale responsabile ex art. 2051 c.c., la condannava, di conseguenza, a corrispondere all’appellante la somma di Euro 43.347, al netto degli interessi legali, al pagamento delle spese processuali nei confronti dell’appellante e di Tecno Lavori S.r.l. e di SM Edilizia S.r.l., costituitesi in giudizio.

Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. La ricorrente adduce la violazione dell’art. 2051 c.c., in combinato disposto con l’art. 1227 c.c., in relazione alla verifica del comportamento della danneggiata, ex art. 360 c.p.c., n. 3, per aver ritenuto che la vittima, camminando normalmente su una strada con scarsa illuminazione e con la presenza di diverse buche non distanti l’una dall’altra, non fosse incorsa in alcuna responsabilità. La tesi propugnata è che non basta il parametro della normalità dell’azione a qualificarla come corretta, occorrendo, invece, tenere un comportamento adeguato allo stato dei luoghi. A nulla rileverebbe l’accertamento che il marciapiedi era dissestato e caratterizzato da buche molto difficili da evitare, senza considerazione per l’adeguatezza del comportamento della danneggiata che avrebbe potuto percepire, proprio per la scarsa illuminazione e per la presenza di numerose buche, la presenza di un pericolo e che con l’uso di una maggiore prudenza avrebbe potuto evitarlo.

2. Il ricorso è inammissibile.

3. La sentenza impugnata, accogliendo uno dei motivi di appello formulati da S.E., quello con cui aveva lamentato di avere assolto il proprio onere probatorio e di avere riscontrato la mancanza di elementi idonei ad integrare il fortuito, ha statuito che Roma Capitale non aveva assolto all’onere di provare il caso fortuito, idoneo a recidere il nesso causale da intendersi “quale fattore causale, estraneo alla sfera soggettiva, che presenta i caratteri dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, purchè esso abbia efficacia determinante dell’evento dannoso”, comprendente la condotta del danneggiato “purchè abbia due caratteristiche: sia stata colposa, e non fosse prevedibile da parte del custode (Cass. 1.02.2018, n. 2480)”. La condotta di S.E. non era stata “inverosimile” nè non poteva essere ex ante prevista sulla base di una normale valutazione, perciò non era possibile affermare che fosse stata idonea a cagionare l’evento dannoso.

La ricorrente si limita, riproducendo alcune pronunce di questa Corte, a sollecitare un diverso apprezzamento del comportamento di S.E., al fine di addivenire ad una conclusione opposta riguardo alla ricorrenza del caso fortuito; partendo dal presupposto errato che la Corte d’Appello abbia omesso di farlo, violando l’art. 1227 c.c., che le imponeva anche d’ufficio l’indagine sulla condotta del danneggiato, Roma Capitale attribuisce specifico rilievo alla circostanza che la vittima non avesse adeguato la propria condotta allo stato dei luoghi, cioè proprio alla scarsa illuminazione ed alla presenza di numerose buche difficili da evitare. Specifica, in aggiunta (p. 11 del ricorso), che l’accertamento per il quale il marciapiede si presentava dissestato e caratterizzato da numerose buche sarebbe irrilevante, mancando l’accertamento del comportamento del danneggiato, atteso che la difficoltà di evitare un ostacolo è una circostanza relativa al tempo ed al luogo e soprattutto all’atteggiamento dell’utente della strada: “se questo è distratto o incauto e percorre normalmente un marciapiede scarsamente illuminato, la prevedibilità dell’evento va esaminata in relazione al comportamento, non in assoluto. Ma nella sentenza impugnata manca l’accertamento, anzi si dà per scontato che basta camminare per strada per ritenersi assolti dalla responsabilità”.

La ricorrente omette evidentemente di confrontarsi con la motivazione della sentenza che proprio valorizzando la necessità che la condotta della vittima tenesse anche conto dello stato dei luoghi – scarsa illuminazione, presenza di numerose buche – ha escluso che S.E., con il proprio comportamento, avesse cagionato l’evento dannoso.

Nessuna censura, inoltre, attinge la parte della sentenza in cui la Corte d’Appello ha escluso l’imprevedibilità e l’eccezionalità della condotta della vittima. Il che è ulteriore ragione per dichiarare il ricorso inammissibile, perchè le censure mosse alla pronuncia gravata, introdotte adducendo un error in iudicando, implicavano la deduzione, non solo delle norme asseritamente violate, ma di argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata dovessero ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina; diversamente, come nei caso, è precluso a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione.

4. Il ricorso è inammissibile.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con distrazione.

6. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico del ricorrente l’obbligo di versare il doppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali nella misura del 15 per cento e spese accessorie di legge da distrarsi in favore dell’avv. Andrea Scafa, rappresentante di S.E., antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello da corrispondere per il ricorso ex art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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