Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1111 del 20/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2020, (ud. 10/07/2019, dep. 20/01/2020), n.1111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8241/2015 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BUCCARI 3,

presso lo studio dell’avvocato MARIA CRISTINA SALVUCCI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLO MARDEGAN;

– ricorrente principale –

contro

D. & C OFFICINE MECCANICHE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato PAOLO ZUCCHINALI

(STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS), rappresentata e difesa dagli

avvocati SALVATORE TRIFIRO’, GIORGIO MOLTENI, GIUSEPPE CAMPEIS;

– controricorrente –

ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 55/2014 della CORTE

D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 21/03/2014 r.g.n. 200/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. CIRIELLO ANTONELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto ricorso principale e

del ricorso incidentale; udito l’Avvocato GIAMPAOLO MARDEGAN;

udito l’Avvocato GIUSEPPE CAMPEIS e GIUSEPPE SOTTILE per delega

verbale Avvocato PAOLO ZUCCHINALI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Udine, con sentenza numero 174 del 2010, anche all’esito di precedenti pronunce non definitive risalenti al 1995 ed al 2001, ha accertato, per quanto qui rileva, che F.F. (che aveva agito con ricorso depositato in data 13.5.1994, presso la Pretura di Udine – Sezione Distaccata di Cividale del Friuli) fosse autore esclusivo o solo coautore, a vantaggio della società controricorrente, di molteplici invenzioni oggetto di brevetto, e che pertanto- avesse diritto, in relazione alle stesse, al riconoscimento dell’equo premio di cui al R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, (respingendo la domanda di accertamento e quindi di risarcimento per altre invenzioni non brevettate a nome del ricorrente, nonchè all’equo premio per altre invenzioni).

Il Tribunale, conseguentemente, ha condannato la società al pagamento della somma complessiva di Euro 1.277.170,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza al saldo.

2. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza definitiva n. 465 del 2014 depositata il 21 marzo 2014, per quanto qui rileva, accogliendo parzialmente l’appello principale e l’appello incidentale contro la sentenza del tribunale di Udine quanto al capo n. 3, che per il resto ha confermato, ha condannato le officine meccaniche D. S.p.A. al pagamento in favore di F.F. dell’equo premio nella misura complessiva di Euro 466.116,00, oltre interessi al tasso legale dalla data di messa in mora (28 gennaio 1994) fino a quella di deposito della sentenza di primo grado (6 luglio 2010) oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi al tasso legale da tale data fino al saldo.

3. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione F.F., affidato a cinque motivi.

4. La S.p.A. “Officine meccaniche D.” ha resistito con controricorso, contenente un ricorso incidentale condizionato, per il caso di accoglimento del ricorso principale, ed ha proposto, altresì, ricorso incidentale articolato in due motivi.

5. Tutte le parti hanno depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

6. Il Pubblico ministero ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7. Col primo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto, ex art. 360, comma 1, n. 3, il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte di appello in relazione all’art. 429 c.p.c., comma 3, ed al R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, per erronea individuazione della data di decorrenza della rivalutazione del credito dalla sentenza di primo grado invece che alla data di deposito della CTU, che era precedente alla data considerata di oltre un anno e mezzo (cfr. pag. 31/32 ricorso), data che doveva essere considerata, secondo il ricorrente, di maturazione del diritto ai sensi dell’art. 429 c.p.c., comma 3.

8. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., comma 3, e del R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, in cui sarebbe incorsa la corte di appello individuando erroneamente la data di decorrenza degli interessi legali, ossia dalla data della messa in mora del 28 gennaio 1994, fino alla data di deposito della sentenza di primo grado (6 luglio 2010), invece che dalla data di rilascio di ciascun brevetto, per tal via confondendo gli interessi moratori con quelli compensativi (che avrebbe dovuto riconoscere nel caso di specie).

9. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto, ex art. 360, comma 1, n. 3, il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte di appello in relazione all’art. 23 cit. per avere omesso, o comunque valutato solo parzialmente, l’importanza dell’invenzione, individuata riduttivamente con il suo valore secondo la cd. formula tedesca, senza tenere conto di altri “indicatori di importanza”, pervenendo, per tal via, ad una violazione dei parametri di equità imposti dalla norma.

10. Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto, ex art. 360, comma 1, n. 3, il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte di appello in relazione all’art. 23 cit., per avere proceduto alla indebita applicazione, nella determinazione dell’equo premio, della cd. formula tedesca (in ragione della quale l’equo premio è determinato dal valore V per il fattore proporzionale P, cfr. pag. 26 della sent. impugnata); segnatamente avrebbe errato la corte nel determinare il fattore “P” avvalendosi di parametri incompatibili con le invenzioni di azienda;

11. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte, in relazione agli artt. 210 e 421 c.p.c., per omesso accoglimento dell’istanza di esibizione delle cd. “liste di referenza” per il periodo successivo all’ottobre 2007, ossia degli elenchi degli impianti e delle linee acquisiti e realizzati, documenti necessari a ricostruire i vantaggi economici conseguiti dall’azienda in relazione alle invenzioni del ricorrente.

In particolare, osserva il ricorrente, la corte avrebbe respinto l’istanza con una erronea valutazione della irrilevanza dei documenti (cfr. pag. 50, nota 23) in ragione del tempo ultra ventennale ormai trascorso dalla registrazione per la metà dei brevetti, che aveva, secondo la corte, consentito ai consulenti di determinare il valore V di cui alla richiamata formula, considerando sostanzialmente la totalità delle vendite dei prodotti collegati alle invenzioni per cui è causa.

12. Con il ricorso incidentale condizionato, formulato in relazione al secondo motivo di ricorso principale, per il caso di suo accoglimento, la controricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., comma 3, e del R.D n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) in cui è incorsa la Corte d’Appello di Trieste nella parte in cui ha calcolato gli interessi dalla data della messa in mora anche in relazione ai quattro brevetti di cui alle posizioni nn. 31, 32, 33 e 34, che furono concessi successivamente a tale data.

13. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la controricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione del R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) per omessa valutazione, nel parametro dell’importanza del brevetto, dell’efficacia spazio-temporale dei brevetti, errore in cui sarebbe incorsa la corte, valutando i benefici conseguiti dalla azienda per effetto del brevetto solo con riguardo al criterio delle royalties (pag. 38 sentenza impugnata, conformemente all’impostazione del collegio peritale, che a sua volta non avrebbe erroneamente dato conto del fattore spazio temporale), nonostante la difesa della società avesse fornito elementi (tavole sinottiche integrate anche nel ricorso per cassazione) che evidenziavano importanti profili spazio temporali incidenti, nella prospettazione difensiva, sui vantaggi competitivi conferiti dal brevetto all’azienda (come la circostanza che all’estero il brevetto, per i paesi ove non attribuiva esclusiva, non aveva conferito alcun vantaggio, aspetto di cui la sentenza avrebbe dovuto dare conto per la determinazione dell’equo premio v. pag. 46 contro ricorso).

14. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la controricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione del R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) per omessa valutazione della mancanza di novità e/o “inventività” di talune delle invenzioni per cui è causa, rispetto alla tecnica esistente, anche alla luce del fatto che già dalla CTU di primo grado fosse emerso che talune invenzioni mancavano di tali caratteri.

15. Sia il ricorso principale che quello incidentale sono infondati, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

16. Appare opportuno premettere, in termini generali che, risultando la domanda proposta il 13.5.1994 il dato normativo applicabile è il R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, nel suo testo originario.

L’originario testo della legge invenzioni, che disciplinava le invenzioni dei dipendenti, e in particolare le c.d. invenzioni di azienda, si limitava a disporre che “Se non è prevista e stabilita una retribuzione, in compenso dell’attività inventiva, e l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, ma all’inventore, salvo sempre il diritto di esserne riconosciuto autore, spetta un equo premio, per la determinazione del quale si terrà conto dell’importanza dell’invenzione” (art. 23.2 l.i.).

In tale originaria formulazione la norma lasciava dunque aperti il problema della necessità o meno della brevettazione, ai fini della spettanza dell’equo premio, e la questione relativa ai parametri per la sua determinazione, risolti poi dalla normativa successiva (il cd. Codice della Proprietà IndustrialeD.Lgs. n. 10 febbraio 2005, n. 30, ed il decreto correttivo n. 131 del 13 agosto 2010), conformemente alla giurisprudenza formatasi sul testo originario dell’art. 23 cit., che aveva ritenuto come la brevettazione e non la mera brevettabilità costituisca condicio iuris per l’esigibilità del premio (ex plurimis, Cass., 27.6.1961, n. 1547; Cass., 5.10.1964, n. 2517; Cass., 10.1.1989, n. 30; Cass., 13.4.1991, n. 3991) sostenendo anche che “pur nella equivocità della locuzione ‘diritti derivanti dall’invenzionè devesi ragionevolmente ritenere tali siano quelli di sfruttamento patrimoniale in regime di esclusiva nel territorio dello Stato considerati dall’art. 1, del medesimo R.D. e che vengono a costituirsi solo al compimento del procedimento di brevettazione (art. 4 R.D. cit.; Cfr., anteriormente all’adozione del Codice, Cass., 19 luglio 2003, n. 11305, Cass., 6 dicembre 2002, n. 17389, II, 259; Cass., 5 giugno 2000, n. 7484, Cass., 2 aprile 1990, n. 2646, 2470; Cass., 10 gennaio 1989, n. 30, 2365; Cass., 16 gennaio 1979, n. 329, 1128).

Del resto, l’imprenditore, nel momento in cui effettua la brevettazione, determina in ragione del meccanismo normativo vigente pro-tempore, la conseguenza rilevante per la quale “i diritti chi non dall’invenzione” sono sottratti al lavoratore/inventore cui non resta altra possibilità di sfruttamento degli stessi, situazione compensata con un equo premio, per la determinazione del quale si terrà conto dell’importanza dell’invenzione.

Pertanto) in tale quadro normativo e interpretativo devono essere valutate le dedotte violazioni di legge, e segnatamente quelle, proposte sia dal ricorrente che dalla controricorrente, che contestano la determinazione della importanza dell’invenzione ai fini della determinazione dell’equo premio.

17. Il primo motivo del ricorso principale, con il quale il ricorrente deduce ex art. 360 comma 1, n. 3, il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte di appello in relazione all’art. 429 c.p.c., comma 3, ed al R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, per erronea individuazione della data di decorrenza della rivalutazione del credito dalla sentenza di primo grado invece che alla data di deposito della CTU precedente di oltre un anno e mezzo, è infondato poichè solo al momento della pronuncia giurisdizionale il credito è stato determinato e accertato dal giudice, conformemente al calcolo operato dal consulente, e quindi liquidato, di talchè solo da tale momento la somma può essere rivalutata (risultando l’obbligazione, per il periodo precedente alla liquidazione, di valore e non di valuta cfr. Cass. 24 settembre 1997, n. 9376).

18. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente ha dedotto la violazione

e/o falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., comma 3, e del R.D. n. 1127 del 1939, art. 23, comma 2, per erronea individuazione della data di decorrenza degli interessi legali in cui sarebbe incorsa la corte di appello, ancorandoli alla data della messa in mora del 28 gennaio 1994, fino alla data di deposito della sentenza di primo grado (6 luglio 2010)1invece che alla data di rilascio di ciascun brevetto, così fraintendendo il senso dell’art. 429 c.p.c.) considerando come interessi moratori quelli che invece dovevano ritenersi compensativi (e che avrebbe dovuto riconoscere nel caso di specie dalla data del rilascio del brevetto).

Il motivo è infondato.

In termini generali è opportuno ribadire come gli interessi moratori, il cui presupposto è costituito dal ritardo imputabile, rivestano una funzione risarcitoria, costituendo una liquidazione fortettaria del danno da ritardo nelle obbligazioni pecuniarie, mentre gli interessi compensativi, assolvono la funzione remunerativa, rappresentando un compenso dovuto in cambio del vantaggio della disponibilità di una somma di denaro spettante al creditore.

Quanto alle obbligazioni di valore, tuttavia, come quella in esame (fino alla data della sentenza di primo grado), costituisce tralaticio insegnamento di questa corte, quello per cui il riconoscimento di interessi costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall’impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell’illecito (cfr. ex multis Cass. n. 22347 del 24/10/2007 e n. 3355/2010, conformi alle più risalenti Cass., n. 748/2000, Cass., nn. 490/1999 e 10751/2002).

Nel caso di specie, dunque, la corte di appello, sia pur con sintetica motivazione sul punto, ha riformato la sentenza di primo grado in senso più favorevole al ricorrente, individuando nella data della messa in mora il criterio per pervenire alla liquidazione equitativa degli interessi compensativi, cosi uniformandosi alla citata giurisprudenza che, peraltro, ha avuto anche modo di escludere che il giudice del merito sia tenuto a motivare il mancato riconoscimento degli interessi compensativi a meno che non sia stato espressamente sollecitato mediante l’allegazione della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo (Cass. n. 22347 del 24/10/2007).

19. Il terzo ed il quarto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente al primo e al secondo motivo del ricorso incidentale, poichè tutti vertono sul giudizio del parametro dell’importanza, formulato dai giudici di merito, propongono come vizi di violazione di legge doglianze che, in realtà, si pongono in contrasto con la motivazione adeguatamente e logicamente fornita dalla corte di appello, formulando così censure inammissibili in grado di legittimità.

In particolare:

– con il terzo motivo, il ricorrente si duole dell’esercizio dell’equità da parte della corte nella valutazione dell’importanza dell’invenzione, che la corte avrebbe valutato in concreto, con riguardo ai risultati economici conseguiti con l’invenzione e non in astratto con riguardo alle massime potenzialità di sfruttamento conseguibili.

– con il quarto motivo, deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la corte di appello per avere proceduto alla indebita applicazione, nella determinazione dell’equo premio, della cd. formula tedesca avvalendosi di parametri incompatibili con le invenzioni “di azienda” (e applicabili invece alle invenzioni “di servizio”).

– con il primo motivo del ricorso incidentale, invece, la controricorrente pone in discussione la valutazione operata dai giudici di merito del parametro dell’importanza del brevetto, che sarebbe erronea poichè la corte, valutando i benefici conseguiti dalla azienda per effetto del brevetto solo con riguardo al criterio delle royalties (pag. 38 sentenza impugnata), nonostante la difesa della società avesse fornito elementi (tavole sinottiche integrate anche nel ricorso per cassazione) che evidenziavano importanti profili spazio temporali incidenti, nella prospettazione difensiva, sui vantaggi competitivi conferiti dal brevetto all’azienda (come la circostanza che all’estero il brevetto, per i paesi ove non attribuiva esclusiva, non aveva conferito alcun vantaggio, aspetto di cui la sentenza avrebbe dovuto dare conto per la determinazione dell’equo premio, quanto meno in “via equitativa”, v. pag. 46 contro ricorso, pag. 17 mem. Ex art. 378 c.p.c., anche tenendo conto del fatto che i brevetti di alcune invenzioni, quelle relative alle bramme sottili, non erano stati mai utilizzati poichè giudicati dalla società datoriale inidonei alla applicazione industriale).

– con il secondo motivo di ricorso incidentale, la controricorrente deduce la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte per aver determinato l’importanza dell’invenzione senza considerare la mancanza di novità e/o “inventività” di talune delle invenzioni rispetto alla tecnica esistente (circostanza di fatto che emergeva anche dalla CTU di primo grado).

Orbene è evidente, dalla mera lettura della articolata motivazione sul punto, che la corte ha svolto il giudizio di equità in maniera corretta, avvalendosi, pur nell’applicazione della formula tedesca, che privilegia i fattori economici, di numerosi correttivi volti a determinare adeguatamente, sia pure nella complessità della vicenda, l’importanza delle invenzioni, analiticamente valutate, e considerando il valore delle stesse sotto diversi profili comunque a prescindere dall’utilizzo concreto (cfr. pag 42 della sentenza impugnata ove si evidenzia, conformemente alla valutazione del CTU, come “il fatto che la D. abbia realizzato gli impianti sulla base di altri brevetti non “azzera” di per sè l’importanza dell’invenzione”).

La corte di appello in particolare, dopo aver chiarito come “nella specie, non si tratta di valutare trovati realizzati nell’ambito della ricerca pura, ma trovati realizzati nell’ambito del settore industriale” ha richiamato la giurisprudenza di questa corte che ha stabilito come, per determinare le potenzialità di sfruttamento economico dell’invenzione, “occorre ricorrere ad una valutazione equitativa in funzione correttiva, discostandosi dal c.d. “metodo tedesco”, onde evitare il risultato di una quantificazione parametrata sul solo valore commerciale dell’invenzione (cfr. Cass. 27.2.2001 n. 2849; Cass. 2.4.1990 n. 2646)”, evidenziando tuttavia come, in primo grado tale valutazione commerciale fosse stata carente e provvedendo conseguentemente a ripetere le operazioni peritali.

La corte ha, in particolare, in maniera precisa, paragonato le invenzioni brevettate con quelle di produzione D., per individuarne il valore, evidenziando altresì la difficoltà di considerare autonomamente il valore dell’equo premio per ciascun brevetto, proprio in ragione della complessità degli impianti realizzati.

Pur applicando il criterio della formula tedesca, dunque, la corte ha dato conto (pag. 55 e 56), disattendendo le valutazioni svolte dal CTU in primo grado, di aver determinato l’equo premio a prescindere dal concreto utilizzo, determinando l’importanza sul dato della “brevettazione” anche a prescindere dalla effettività dello sfruttamento economico, attenendosi ragionatamente ai criteri suggeriti dalla giurisprudenza di questa corte relativamente alle modalità per svolgere la valutazione equitativa (cfr.Cass.

2849/2001) basata sulle potenzialità di sfruttamento economico della invenzione (cfr. pag. 58 ove si considera l’incremento di valore ipotizzando la vendita di ulteriori impianti; cfr. altresì pag. 42 ove si evidenzia, per determinare l’equo premio per brevetti non utilizzati, che,il fatto che D. abbia realizzato gli impianti sulla base di altri brevetti non “azzera” di per sè l’importanza dei trovati di cui è causa, aspetto in relazione al quale la corte si confronta con le critiche, già sollevate in appello e qui reiterate nel secondo motivo di ricorso incidentale).

A fronte di tali corrette e motivate valutazioni, le doglianze formulate nei motivi in esame, lungi dal condurre a ravvisare le dedotte violazioni di legge, finiscono per denunciare critiche alla motivazione e alla formulazione del giudizio equitativo, proponendo una valutazione dei fatti diversa o alternativa a quella fornita nel merito, e risultano pertanto manifestamente infondate.

20. Quanto al quinto motivo, con il quale il ricorrente si duole dell’omesso accoglimento dell’istanza di esibizione di documenti necessari a ricostruire i vantaggi economici conseguiti dall’azienda in relazione alle invenzioni del ricorrente (aspetto in ordine al quale la corte di appello ha ampiamente motivato, v. pag. 37 e 38), esso risulta infondato per genericità, poichè il ricorrente non evidenzia in che misura l’acquisizione di tale documenti avrebbe assunto rilevanza e neppure allega ed indica in maniera precisa la violazione delle norme predicate, dolendosi – in definitiva – di una mancata ammissione di ordine meramente esplorativo come si deduce dalla stessa lettura del ricorso, pag. 49 (ove sostanzialmente si evince come il ricorrente chiedesse di acquisire informazioni su quali impianti facessero uso delle invenzioni), avendo del resto da tempo chiarito, questa corte, come il provvedimento di rigetto dell’istanza di ordine di esibizione non è sindacabile in sede di legittimità, (Cass. 26733/2014, Cass. 24188 2013).

21. Per tutte le considerarsi finora svolte, il ricorso principale e quello incidentale sono respinti e le spese integralmente compensate.

Ricorrono i presupposti per la condanna di entrambe le parti al pagamento del contributo unificato previsto sia per il ricorso principale che per quello incidentale, come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale e incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2020

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