Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1111 del 18/01/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 18/01/2017, (ud. 09/11/2016, dep.18/01/2017),  n. 1111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9953-2010 proposto da:

F.LLI BUSA DI B.C. & C. SNC in persona del Socio Amm.re e

legale rappresentante pro tempore, B.C. in proprio e nq di

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA

VIALE PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA

VALVA, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato UMBERTO

SANTI giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BASSANO DEL GRAPPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 9/2009 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 18/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2016 dal Consigliere Dott. FASANO ANNA MARIA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato SANTI che ha chiesto l’accoglimento

e deposita n. 3 cartoline di ricevimento A/R;

udito per il controricorrente l’Avvocato CAMASSA che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, con sentenza n. 9/8/09, depositata il 18.02.2009, respingeva l’appello, proposto da F.lli. Busa di B.C. & C. s.n.c. avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza n. 143/5/07, depositata il 16.1.2008, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla medesima società con riferimento all’atto di contestazione (n. (OMISSIS)), notificato il 12.5.2007, emesso ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 16, con il quale l’Ufficio, a seguito di revoca dell’agevolazione la L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3, con separato avviso di liquidazione dell’imposta, irrogava una sanzione del 120% per omessa denuncia dei fatti causativi della sopravvenuta decadenza dei benefici fiscali. L’Agenzia delle Entrate, rilevato che la F.lli Busa di B.C. & C. s.n.c. non aveva denunziato, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, l’avvenuta cessione del diritto di superficie dalla stessa acquisito, con atto del 21.4.2004, dal Comune di Asiago, per la realizzazione di un insediamento produttivo, per il quale aveva ottenuto il beneficio L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3, procedeva alla irrogazione della sanzione. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la società F.lli Busa di B.C. & C. s.n.c., affidando l’impugnazione a nove motivi di censura. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate. La società ricorrente ha presentato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, recando in rubrica “l’illegittimità della sanzione irrogata: violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 19, comma 1, alla perdita dei benefici fiscali”. A tal fine, si argomenta che l’art. 19 cit. stabilisce l’obbligo, per i contraenti e per i loro aventi causa, di denunciare all’Ufficio, entro venti giorni, il verificarsi di eventi che danno luogo ad ulteriore liquidazione dell’imposta e non già la perdita dei benefici.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata, per l’illegittimità della sanzione irrogata in violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 19, comma 1, e art. 69, deducendo che, nella denegata ipotesi in cui si intenda seguire l’orientamento dell’Ufficio, la ulteriore liquidazione di imposta non avviene a norma del D.P.R. n. 131 del 1986, ma a norma della L. n. 388 del 2000.

3. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, si deduce l’illegittimità della sanzione irrogata, per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 19, comma 1, in quanto la vendita era stata registrata presso l’Ufficio di Bassano del Grappa dell’Agenzia delle Entrate, sicchè l’obbligo di denuncia dell’evento causativo della decadenza dell’agevolazione poteva ritenersi soddisfatto con la registrazione dell’atto.

4. I suddetti primi tre motivi, per evidente connessione logica, vanno trattati unitariamente. Il primo motivo è fondato. All’accoglimento del primo motivo di censura, consegue l’assorbimento del secondo e del terzo. Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, comma 1, dispone: “L’avveramento della condizione sospensiva apposta ad un atto, l’esecuzione di tale atto prima dell’avveramento della condizione e il verificarsi di eventi che, a norma del presente testo unico, diano luogo ad ulteriore liquidazione di imposta devono essere denunciati entro venti giorni, a cura delle parti contraenti o dei loro aventi causa e di coloro nel cui interesse è stata richiesta la registrazione, all’ufficio che ha registrato l’atto al quale si riferiscono”. La L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, dispone che: “I trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale, sono soggetti all’imposta di registro dell’i per cento e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento”. Secondo l’indirizzo espresso da questa Corte, a cui si ritiene di dare continuità, l’interpretazione letterale di tali disposizioni porta ad escludere che l’alienazione dell’immobile entro il quinquennio, prima che si sia proceduto alla edificazione, costituisca “avveramento di una condizione e evento che dia luogo ad ulteriore liquidazione di imposta”, in quanto si tratterebbe di una circostanza che comporta soltanto la revoca di un beneficio precedentemente concesso (Cass. Sez. 6-5 n. 22874 del 28.10.2014; Cass. 6-5 n. 3446 del 22.2.2016). Pertanto, il contribuente non è tenuto ad effettuare alcuna comunicazione della sopravvenuta decadenza dai benefici fiscali di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3, obbligandolo il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 19, esclusivamente alla comunicazione degli eventi che danno origine ad una ulteriore liquidazione dell’imposta, sicchè non è sanzionabile, del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 69, l’omessa denuncia della mancata utilizzazione edificatoria o dell’alienazione entro il quinquennio, che non danno luogo ad una ulteriore liquidazione dell’imposta, ma solo alla perdita del beneficio originariamente concesso.

5. Con il quarto motivo, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che qualora l’ente pubblico preposto all’interesse pubblico tutelato dalla norma agevolativa muti il progetto edificatorio agevolato, con richiesta di modifica del soggetto attuatore, la puntuale realizzazione, entro il termine quinquennale, del progetto edificatorio come modificato “in corso d’opera” dall’ente pubblico costituisce la “avvenuta utilizzazione edificatoria” richiesta dalla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, consentendo la conservazione dell’agevolazione.

6. Con il quinto motivo, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’illegittima introduzione nell’ordinamento di una causa di decadenza da agevolazioni non prevista dall’art. 33, comma 3, quale la rivendita senza avvenuta utilizzazione edificatoria del terreno ben prima dei cinque anni consentiti dalla legge.

7. Con il sesto motivo, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata, lamentando la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’illegittimità dell’introduzione nell’ordinamento di una causa di decadenza da agevolazioni non prevista dall’art. 33, comma 3, quale la rinuncia a realizzare la condizione della utilizzazione edificatoria, rinuncia necessariamente collegata alla rivendita senza utilizzazione edificatoria del terreno ben prima dei cinque anni.

8. Con il settimo motivo, la ricorrente denuncia la sentenza impugnata per la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per illogicità della nuova causa di decadenza, in quanto la vendita non rende impossibile la realizzazione della condizione direttamente dalla società F.lli Busa, la quale avrebbe potuto nel quinquennio comunque riacquistare il bene e realizzare l’edificazione.

9. Con l’ottavo motivo, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata per la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la legge richiede espressamente che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro i cinque anni dal trasferimento, e non che il cessionario personalmente edifichi l’area entro i cinque anni dal trasferimento.

10. Con il nono motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia la sentenza impugnata per la violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 33, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’utilizzazione edificatoria sarebbe stata realizzata dall’acquirente a mezzo di una società da essa partecipata e regolarmente ultimata entro in quinquennio.

11. I suddetti motivi di doglianza, per evidente connessione logica, vanno trattati congiuntamente. Le censure non sono fondate e vanno tutte rigettate.

La L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, come modificato dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, conv. con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, consente le agevolazioni ai trasferimenti di immobili in piani urbanistici particolareggiati, diretti all’attuazione dei programmi prevalentemente di edilizia residenziale convenzionata pubblica, comunque denominati, realizzati in accordo con le amministrazioni comunali per la definizione dei prezzi di cessione e di canoni di locazione, a condizione che l’utilizzazione edificatoria avvenga entro cinque anni dal trasferimento. Questa Corte, con numerose pronunce (ex plurimis v. Cass. sent. n. 16835 del 2008; id. n. 11786 del 2008, id. n. 28010 del 2009, id. n. 829 del 2012; ord. n. 7438 del 2009, sent. n. 29612 del 20119) ha dedotto la ragione della norma nella “inequivoca intenzione del legislatore di agevolare non solo l’attività propriamente edificatoria (per i noti riflessi economici anche collettivi), ma anche di favorire, apprestando un incentivo fiscale, lo sviluppo equilibrato del territorio (Cass. n. 20864 del 2008, ord. n. 7438 del 2009; Cass. 6-5 ord. n. 722 del 16.1.2015). In altri termini, scopo dell’agevolazione fiscale sull’imposta di registro è quello di favorire l’armonica urbanizzazione di lotti inutilizzati attraverso l’attuazione di piani edilizi convenzionati, e, dunque, incentivare lo sviluppo del territorio secondo i parametri e gli schemi individuati dall’ente locale nello strumento urbanistico. Orbene, sulla base di tali premesse, le questioni poste in ricorso, possono essere risolte in base al principio secondo cui: “il beneficio dell’assoggettamento dell’imposta di registro nella misura dell’i per cento ed alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, per i trasferimenti di immobili situati in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, si applica a condizione che l’utilizzazione edificatoria avvenga, ad opera dello stesso soggetto acquirente, entro cinque anni dall’acquisto. La disposizione agevolativa, ispirata alla “ratio” di diminuire per l’acquirente edificatore il primo costo di edificazione connesso all’acquisto dell’area, appare, infatti, di stretta interpretazione, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, e sarebbe sospetta di incostituzionalità se il predetto beneficio potesse essere ricollegato alla tempestività dell’attività edificatoria di un successivo acquirente (Cass. n. 7438 del 2009, n. 18679 del 2010, n. 722 del 2015)”. Invero, l’argomento principale per disattendere la tesi difensiva è rinvenibile nella “ratio” della legge. Non si comprende, infatti, quali ragioni vi sarebbero nel favorire chi compri e rivenda un bene, in area soggetta a piani particolareggiati, collegando tale beneficio alla tempestività dell’azione edificatoria di un successivo acquirente. La norma, così interpretata, si discosterebbe dai principi di ragionevolezza e di eguaglianza e sarebbe sospetta di incostituzionalità.

Sulla base dei rilievi espressi, va dichiarata la manifesta infondatezza delle tesi avanzate dalla società ricorrente, nè assume rilievo, a sostegno delle argomentazioni difensive, che la realizzazione edificatoria dell’area sia stata eseguita, entro il quinquennio, da una società partecipata dalla società ricorrente (“Asiago Legnami s.r.l. “), a cui è stato ceduto il diritto di superficie, trattandosi di un diverso soggetto giuridico, distinto dal primo acquirente con propria autonomia imprenditoriale. Ne consegue che la necessità di rafforzamento del soggetto privato per la realizzazione dell’intervento edificatorio, che si assume suggerita dall’Amministrazione pubblica, la quale muti il progetto, non costituisce una ragione impeditiva assoluta delle finalità previste dalla norma agevolativa, che è quella della edificabilità tout court, ma si riflette solo sulle finalità soggettive del privato (che tende a realizzare comunque un intervento produttivo), e quindi non rileva ai fini della decadenza del beneficio fiscale, dal momento che non realizza i presupposti per ottenere le condizioni agevolative.

La “ratio” agevolativa trova un suo fondamento logico, che non può essere eluso trasferendo il beneficio ad un soggetto di diritto diverso da quello a cui è stato concesso, che è solo l’acquirente o il titolare del bene. Inoltre, va ricordato che per le norme che riconoscono le agevolazioni e i benefici in deroga al regime ordinario non è consentito dall’art. 14 delle preleggi, il ricorso all’analogia (tra le tante, Cass. n. 13502 del 1991) con la conseguenza che le relative disposizioni sono di stretta interpretazione secondo l’orientamento costante di questa Corte (Cass., n. 4501, n. 5270 del 2009, n. 5394 e n. 7438 del 2010). Ai suddetti consolidati principi si conforma la decisione impugnata, risultando le censure espresse dalla società ricorrente prive di fondamento.

Alla stregua delle considerazioni sopra esposte, la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed il terzo, e rigetta tutti gli altri, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e, ricorrendone le condizioni, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni irrogate. Conferma nel resto la sentenza oggetto di ricorso. Si ritiene equo compensare le spese di lite dell’intero giudizio tra le parti, tenuto conto delle ragioni della decisione e dell’andamento della lite nei precedenti gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo ed il terzo, rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni irrogate. Compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2017

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