Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11102 del 10/06/2020

Cassazione civile sez. III, 10/06/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 10/06/2020), n.11102

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25321/2018 proposto da:

HDI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata ex lege in ROMA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONIO FERRI;

– ricorrente –

contro

F.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI

N. 3, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA PALLADINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO PALLADINO;

– controricorrente –

e contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, C.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 221/2018 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

In riforma della decisione di primo grado, che aveva rigettato per prescrizione del diritto la domanda di condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro stradale, proposta da F.T. nei confronti di C.F. e di HDI Assicurazioni s.p.a. – rispettivamente conducente ed assicuratore della RCA del motoveicolo sul quale la F. era trasportata -, nonchè nei confronti di FONDIARIA SAI s.p.a., n.q. di impresa designata per conto del FGVS, la Corte d’appello di Campobasso, con sentenza in data 5.6.2018 n. 221, ha accolto l’appello principale proposto da F.T., con assorbimento dell’appello incidentale sul capo delle spese proposto da HDI Assicurazioni s.p.a., che ha condannato a risarcire il danno, liquidato in complessivi Euro 68.234,96 oltre interessi legali. La Corte territoriale ha, invece, rigettato l’appello principale volto ad ottenere la condanna anche di Fondiaria SAI s.p.a. n.q. di impresa designata FGVS.

La sentenza di appello, notificata il 5.6.2018, è stata impugnata per cassazione da HDI Assicurazioni s.p.a. con ricorso affidato a due motivi, notificato in data 29.8.2018 al C. e in data 28.8.2018 ad UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a. (incorporante di Fondiaria Sai s.p.a. per atto di fusione in data 31.12.2013).

Ha resistito F.T. con controricorso illustrato da memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Non ha svolto difese UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La società assicurativa ha impugnato la sentenza di appello:

per violazione dell’art. 2947 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e per vizio di omessa insufficiente ed apparente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto sarebbe stato omesso del tutto l’accertamento degli elementi soggettivo ed oggettivo della fattispecie penale sovrapponibile all’illecito civile, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2947 c.c., comma 3 e del prolungamento del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno; nonchè per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., avendo deciso la Corte territoriale senza che la parte danneggiata avesse offerto alcuna prova del fatto controverso (primo motivo)

– per vizio di nullità per carenza o illogicità assoluta della motivazione ex art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) e violazione dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè per vizio di omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte territoriale affermato la responsabilità esclusiva del C. e per avere invece immotivatamente escluso la responsabilità del conducente del veicolo rimasto non identificato, in difetto di qualsiasi accertamento in concreto del fatto storico; nonchè per violazione della L. n. 990 del 1969, art. 18, artt. 2054 e 2697 c.c. e dell’art. 141 Codice Assicurazioni Private, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo ritenuto la Corte territoriale che non occorresse la prova in concreto della colpa esclusiva o concorsuale del conducente del motoveicolo assicurato (secondo motivo).

Sostiene la ricorrente (primo motivo) che il prolungamento del termine di prescrizione di cui all’art. 2947 c.c., comma 3, richiede non solo che la prospettazione della domanda risarcitoria contenga tutti gli elementi descrittivi della fattispecie penale individuata dalla norma incriminatrice, ma altresì che il Giudice di merito, alla stregua degli elementi a disposizione (tra cui anche gli atti depositati dalle parti dell’eventuale procedimento penale, anche se ancora pendente o nel quale sia stato emesso decreto di archiviazione), con propria valutazione di merito ritenga sussistere gli elementi psicologico e materiale del fatto-reato. La sentenza di appello dovrebbe ritenersi affetta dai vizi di legittimità indicati in rubrica in quanto, nella specie, tale accertamento sarebbe mancato del tutto: la Corte territoriale ha, infatti, ritenuto “indifferente”

l’accertamento della responsabilità penale in capo all’uno piuttosto che all’altro conducente, erroneamente considerando sufficiente ad integrare il fatto-reato il solo fatto delle riscontrate lesioni personali subite dalla trasportata non assumendo rilievo a tal fine la presunzione legale di concorrente responsabilità prevista dall’art. 2054 c.c., comma 2, e dunque il termine di prescrizione breve di cui dell’art. 2947 c.c., comma 2, non poteva essere prolungato ai sensi del successivo comma 3, essendosi pertanto prescritto il credito risarcitorio vantato dalla F. in quanto il sinistro si era verificato in data 21.5.2001 e la richiesta di risarcimento era stata inviata dalla danneggiata soltanto in data 27.11.2003.

Le censure, formulate con il primo motivo, per errata applicazione dell’art. 2947 c.c. e per violazione della regola del riparto dell’onere probatorio, laddove intendono affermare che il Giudice di merito è tenuto ad indagare in concreto l’elemento soggettivo della colpa della fattispecie penale, mediante la ricostruzione compiuta della dinamica del sinistro, sono infondate.

Occorre premettere che la controversia attiene a domanda di condanna al risarcimento danni proposta dalla persona danneggiata ( F.T.) nei confronti del proprietario e conducente ( C.F.) del motoveicolo sul quale viaggiava come trasportata, e nei confronti della Compagnia HDI Assicurazioni s.p.a. che assicurava la RCA della moto, nonchè anche nei confronti della impresa designata FGVS Fondiaria SAI s.p.a., convenuta in giudizio sull’assunto che il sinistro era stato cagionato dalla collisione della moto con altro autoveicolo rimasto ignoto.

Tanto premesso, osserva il Collegio che è affermazione condivisa nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui “Se il fatto illecito per il quale si aziona il diritto al risarcimento del danno è considerato dalla legge come reato e per questo la legge stabilisce una prescrizione più lunga di quella di cinque anni prevista dall’art. 2947 c.c., comma 1, ai sensi del cit. art. comma 3, prima parte, quest’ultima si applica anche all’azione civile, indipendentemente dalla promozione o meno dell’azione penale, essendo il maggior termine di prescrizione correlato solo alla astratta previsione dell’illecito come reato e non alla sentenza irrevocabile penale, che rileva solo ai fini dell’art. 2947 c.c., comma 3, u.p.” (ex pluribus: Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 1206 del 19/01/2007). Il giudice civile deve cioè accertare ” “incidenter tantum”, con gli strumenti probatori ed i criteri propri del relativo processo, l’esistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto-reato in tutti i suoi elementi costitutivi, sia soggettivi che oggettivi” (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24988 del 25/11/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 12738 del 21/06/2016; id. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2350 del 31/01/2018), “pur non ostando al risarcimento il mancato positivo accertamento della colpa dell’autore del danno se essa, come nel caso di cui all’art. 2054 c.c., debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato” (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4359 del 03/03/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 13972 del 30/06/2005); occorrendo, invece, che tale accertamento si estenda anche ai fatti dimostrativi “in concreto” della condotta colposa, laddove la obbligazione risarcitoria trovi titolo in ipotesi di responsabilità di natura oggettiva. Attesa infatti “l’autonomia tra il giudizio penale e quello civile, in quest’ultimo il giudice deve accertare la fattispecie costitutiva della responsabilità aquiliana con i mezzi di prova peculiari del processo civile. Non è possibile peraltro l’estensione di detto principio alle ipotesi di presunzione di responsabilità oggettiva, in cui il legislatore non ha previsto una presunzione di colpa, essendo la responsabilità del danneggiante fondata solo sull’elemento materiale indipendentemente dal comportamento, pur diligente, del danneggiante. In tal ultimo caso, pertanto, per la risarcibilità del danno non patrimoniale è necessario che il giudice accerti anche la colpa al fine di ritenere sussistente il reato” (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 10482 del 01/06/2004).

L’assunto della ricorrente che imporrebbe in ogni caso sempre e comunque un accertamento “in concreto” degli elementi costitutivi della colpa del conducente non trova, pertanto, riscontro nelle norme – e nella interpretazione delle stesse fornita da questa Corte – di cui si denuncia la violazione.

precedenti giurisprudenziali citati nel motivo di ricorso sono tutti risalenti e corrispondono ad un indirizzo da tempo abbandonato dalla ormai uniforme e consolidata giurisprudenza di questa Corte che, nella specifica materia, si è definitivamente allineata ai principi enunciati da Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 27337 del 18/11/2008 secondo cui “Nel caso in cui l’illecito civile sia considerato dalla legge come reato, ma il giudizio penale non sia stato promosso, anche se per mancata presentazione della querela, l’eventuale, più lunga prescrizione prevista per il reato, si applica anche all’azione di risarcimento, a condizione che il giudice civile accerti, incidenter tantum, e con gli strumenti probatori ed i criteri propri del procedimento civile, la sussistenza di una fattispecie che integri gli estremi di un fatto – reato in tutti i suoi elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, e la prescrizione stessa decorre dalla data del fatto, atteso che la chiara lettera dell’art. 2947 c.c., comma 3, a tenore della quale “se il fatto è considerato dalla legge come reato”, non consente la differente interpretazione, secondo cui tale maggiore termine sia da porre in relazione con la procedibilità del reato”, venendo a ribadire le Sezioni Unite, nella motivazione della sentenza che “Attualmente costituisce punto fermo che il Giudice civile si può avvalere nell’ambito dei suoi accertamenti in merito all’esistenza del fatto considerato come reato, di tutte le prove che il rito civile prevede. Il consolidato orientamento giurisprudenziale, che escludeva la risarcibilità del danno non patrimoniale, allorquando la responsabilità dell’autore materiale del fatto illecito fosse stata affermata non già in base all’accertamento concreto dell’elemento psicologico (cioè almeno la colpa), ma in base a presunzioni, quali quelle stabilite dagli artt. 2050 a 2054 c.c., è stato modificato dalla più recente giurisprudenza di questa Corte che ha invece ritenuto che “ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale ex art. 2059 e 185 c.p., non osta il mancato positivo accertamento dell’autore del danno se essa debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge (come l’art. 2054 c.c.) e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato” (Cass. 12.5.2003, n. 7281). Una volta affermata l’autonomia tra il giudizio civile e quello penale, il Giudice civile deve accertare la fattispecie costitutiva della responsabilità aquiliana, posta al suo esame, con i mezzi suoi propri e, quindi, con i mezzi di prova offerti al Giudice dal rito civile per la sua decisione. Tra questi mezzi non solo vi è la presunzione, legale o non, ma addirittura vi sono le c.d. “prove legali”, in cui la legge deroga al principio del libero convincimento del Giudice (art. 239 c.p.c., artt. 2700, 2702, 2705, 2709, 2712, 2713, 2714, 2715, 27120, 2733; 2734, 2735 e 2738 c.c.). La categoria delle prove legali è completamente sconosciuta all’ordinamento penale…..”. E tale principio trova applicazione generalizzata, dunque indipendentemente dal fatto che l’azione penale sia sottoposta a condizione di procedibilità e questa si sia verificata (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 14644 del 23/06/2009) o che il reato sia perseguibile a querela della persona offesa e quest’ultima non abbia inteso proporla (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24988 del 25/11/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 12738 del 21/06/2016; id. Sez. 3 -, Ordinanza n. 2350 del 31/01/2018).

La Corte territoriale, riportando il contenuto dell’atto di citazione, ha rilevato che la F. aveva agito per il risarcimento del danno sia nei confronti del C. e della sua impresa assicurativa della RCA, sia nei confronti della impresa designata dal FGVS, assumendo che il sinistro, ossia lo scontro tra la moto sui cui era trasportata e l’auto poi dileguatasi, si fosse verificato per “responsabilità esclusiva e/o concorrente” di entrambi i conducenti.

Il Giudice di seconde cure ha, quindi, ritenuto che, poichè la F. aveva subito lesioni personali, l’evento era “pacificamente” da considerarsi fatto avente rilevanza penale, specificando che “è indifferente se per colpa del conducente del mezzo su cui era trasportata – per l’eccessiva velocità – e/o di quello del mezzo antagonista dileguatosi – per l’invasione di corsia” (in motivazione, pag. 6), affermando poi la esclusiva responsabilità del C., in quanto quest’ultimo non aveva fornito la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (in motivazione, pag. 8).

La motivazione del Giudice di merito, quanto alla affermazione della sussistenza di tutti gli elementi del fatto-reato (lesioni personali colpose ex art. 582 c.p.), appare conforme ai principi di diritto sopra enunciati, venendo ad essere rimarcata la indipendenza tra l’accertamento penale e quello civile della colpa mediante il richiamo effettuato dalla Corte d’appello ai precedenti di questa Corte che riconoscono applicabili a favore del terzo trasportato le presunzioni legali apprestate dall’art. 2054 c.c., anche nella azione diretta L. n. 990 del 1969, ex art. 18, proposta nei confronti dell’assicuratore della RCA del responsabile del danno (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23918 del 19/11/2007); mentre per quanto concerne l’elemento materiale del reato al terzo trasportato è fatto unico onere di allegare e provare il fatto storico (sinistro stradale), la sua qualità di trasportato, nonchè la riferibilità causale del danno subito alla persona alla responsabilità esclusiva dell’uno o dell’altro conducente ovvero alla corresponsabilità di entrambi (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11270 del 21/05/2014), con la conseguenza che, qualora nessuna delle parti convenute abbia fornito alcuna prova idonea a superare le suddette presunzioni legali di colpa, la struttura della fattispecie penale deve intendersi accertata in relazione a tutti i suoi elementi costitutivi.

Alla Corte territoriale, per ritenere configurabile – nella specie – la fattispecie penale del reato di lesioni personali, non era dunque necessario compiere alcun ulteriore accertamento in concreto per ricostruire la dinamica del sinistro, essendo del tutto sufficienti i fatti allegati ad integrare il fatto-reato di lesioni personali ex art. 582 c.p. imputabile (anche) al conducente della moto, su cui era trasportata la F., in base alla presunzione legale di colpa propria e concorrente di cui all’art. 2054 c.c., commi 1 e 2, (la descrizione del sinistro contenuta nell’atto di citazione – trascritto a pag. 2 ricorso – laddove si imputa al conducente dell’auto sconosciuta di non aver rispettato all’incrocio la precedenza, non rende per ciò solo incompatibile la domanda svolta nel medesimo atto di citazione anche nei confronti del C. e della sua impresa assicurativa, per eventuale corresponsabilità del vettore ex art. 2054 c.c., commi 1 e 2, essendo onerato quest’ultimo – o meglio, nella specie, la sua società assicurativa, costituitasi in giudizio – della prova necessaria a superare la presunzione legale di colpa e degli altri elementi materiali della fattispecie astrattamente integrante il reato di lesioni personali colpose). La Corte di merito ha, infatti, correttamente tenuto conto di tutti gli elementi costituivi della fattispecie illecita: la condotta materiale (determinativa dello scontro tra veicoli); la colpa specifica del conducente dell’auto (omesso rispetto dell’obbligo di dare la precedenza) e la colpa generica del conducente della moto, quest’ultima non superata dalla prova contraria; l’evento lesivo subito dalla F. (lesioni personali); il nesso di causalità materiale tra le condotte dei conducenti e le lesioni personali cagionate alla trasportata sul motoveicolo.

Inconferente è pertanto l’argomento svolto dalla ricorrente volto a scindere il criterio di accertamento della colpa penale dalla colpa civile, così come palesemente inconferente è il richiamo, in tema di nesso causale, al precedente di questa Corte IV sez. penale n. 27735/2011, che in modo del tutto condivisibile, esclude la configurabilità del reato -in quel caso di omicidio colposo- quando sia dimostrata la irrilevanza causale della condotta del conducente violativa delle norme del Codice della strada in quanto l’evento lesivo si sarebbe comunque prodotto.

Fondato è invece il secondo motivo di ricorso. La sentenza impugnata va incontro al vizio di legittimità processuale per carenza assoluta di motivazione (art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) in ordine alla statuizione di accertamento della responsabilità “esclusiva” del C. nella determinazione del danno subito dalla trasportata.

E’ appena il caso di osservare come in caso di scontro tra veicoli, qualora non sia possibile accertare in concreto la responsabilità dei conducenti od anche di uno solo di essi, venga in soccorso la presunzione legale di pari concorso causale nella determinazione del sinistro di cui all’art. 2054 c.c., comma 2 (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 456 del 12/01/2005; id. Sez. 3 -, Ordinanza n. 9353 del 04/04/2019). Peraltro, qualora non sia dato attribuire ad uno dei conducenti la totale ed esclusiva responsabilità, per essere difettata la prova, cui è onerato l’altro, di aver compiuto tutto il possibile per evitare il danno, l’accertamento in concreto della colpa di uno di essi non comporta di per sè il superamento della presunzione di colpa concorrente dell’altro, all’uopo occorrendo che quest’ultimo fornisca la prova liberatoria, con la dimostrazione di essersi uniformato alle norme sulla circolazione e a quelle della comune prudenza (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 15434 del 10/08/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 21056 del 03/11/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 20982 del 12/10/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 23431 del 04/11/2014).

La Corte territoriale, pur ricorrendo nella fattispecie la ipotesi di scontro tra veicoli, ha disatteso la applicazione di tale norma, ritenendo di riconoscere il C., nonostante la ribadita inefficacia probatoria dell’interrogatorio formale reso da quello, quale esclusivo responsabile delle conseguenze dannose e riversando quindi esclusivamente sulla società che assicurava la RCA di quello, la relativa obbligazione risarcitoria.

Ed infatti, una volta esclusa la efficacia probatoria delle dichiarazioni rese dal C. – avendo condiviso la Corte d’appello la valutazione di inattendibilità delle stesse compiuta dal Tribunale – ed escluso quindi che il conducente della moto avesse assolto all’onere probatorio contrario alla presunzione legale di colpa, il Giudice di appello, in assenza di altri elementi istruttori idonei a fornire una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro, bene avrebbe dovuto applicare la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 c.c., comma 2. Viceversa dalla mancata prova liberatoria del C. la Corte territoriale ha inteso, del tutto immotivatamente, inferire la colpa “esclusiva” del vettore, verosimilmente equivocando nel richiamare a supporto della soluzione adottata la massima tratta dal CED di questa Corte, relativa al precedente di cui a Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11270 del 21/05/2014, nel quale non veniva in questione lo scontro tra veicoli, ma veniva in rilievo soltanto la responsabilità del conducente e del proprietario dell’unico veicolo su cui viaggiava il trasportato che aveva riportato lesioni a causa del sinistro (non essendo quindi estendibile al di fuori di tale ipotesi un diverso risultato di “accertamento automatico” della “esclusiva” responsabilità del conducente nella causazione del danno). Nè consente di individuare quale sia la eventuale “ratio” della decisione impugnata, la successiva statuizione che sottrae, invece, dall’obbligo risarcitorio Fondiaria-SAI s.p.a., n.q. di impresa designata dal FGVS, “alla luce della accertata difficoltà della prova della esistenza ed identità del veicolo (come rinvenibile dall’archiviazione dell’azione penale a seguito di denuncia dello stesso C. in atti)” (cfr. sentenza appello, in motivazione pag. 9).

Indipendentemente dalla obiettiva difficoltà di comprensione della proposizione sopra riportata, atteso che la impossibilità di provare la identità del veicolo coinvolto nel sinistro costituisce lo stesso presupposto legale richiesto per l’azione diretta nei confronti della impresa designata dal FGVS, osserva il Collegio che, anche qualora si intendesse riconoscere a detta statuizione – come sembra ipotizzare la difesa della controricorrente – una applicazione del principio “vulneratus ante omnia reficiendus” (ma anche tale ipotesi appare insostenibile, in quanto trascura che la F. aveva proposto espressamente domanda di condanna anche nei confronti della impresa designata, sul presupposto della concorrente responsabilità del veicolo rimasto ignoto), la stessa sarebbe egualmente inficiata dal vizio di legittimità denunciato, atteso che il principio in questione, che ha trovato fondamento nell’ordinamento comunitario (D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 141, ha infatti introdotto l’azione diretta nei confronti dell’impresa assicurativa della RCA del veicolo sul quale il trasportato viaggiava al momento del sinistro: come è noto tale norma ha previsto un innovativo regime speciale agevolato, a tutela dei terzi trasportati, individuando l’assicuratore tenuto all’immediato risarcimento del danno, indipendentemente dal successivo accertamento della colpa esclusiva o del riparto delle colpe tra gli autori del danno coinvolti nel sinistro ed i loro assicuratori RCA. La norma, contenuta nel Codice delle Assicurazioni Private – D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, entrato in vigore dall’1 gennaio 2006 -, non trova applicazione alla presenta causa, in quanto sopravvenuta alla lite introdotta con atto di citazione notificato in data 11.10.2004: consegue che le diffuse argomentazioni svolte dalla difesa della controricorrente, in quanto fondate su una norma inapplicabile e della quale la Corte d’appello non ha fatto applicazione, non risultano pertinenti al “thema controversum”, tanto più considerando che la norma dell’art. 141 CAP non assume alcun rilievo ai fini del prolungamento del termine prescrizionale ex art. 2947 c.c., comma 3), non deve intendersi come una tutela del diritto del trasportato danneggiato automatica ed assoluta, indifferente cioè al modo in cui è regolato il sistema della responsabilità civile, ma, pur prevedendo una tutela rafforzata, condiziona tale diritto al regime proprio del tipo di responsabilità civile, per colpa od oggettiva, che ciascuno Stato membro può disciplinare in modo diverso. Come è stato, infatti, rilevato dal Giudice di Lussemburgo “In assenza di una normativa comunitaria che precisi il tipo di responsabilità civile riguardante la circolazione dei veicoli che deve essere coperta dall’assicurazione obbligatoria, la scelta del regime di responsabilità civile applicabile ai sinistri derivante dalla circolazione degli autoveicoli rientra, in linea di principio, nella competenza degli Stati membri…. Ne consegue che, allo stato attuale del diritto comunitario, gli Stati membri restano liberi di stabilire il regime della responsabilità civile applicabile ai sinistri derivanti dalla circolazione degli autoveicoli, ma sono obbligati a garantire che la responsabilità civile applicabile ai sensi del loro diritto nazionale sia coperta da un’assicurazione conforme alle disposizioni delle tre direttive citate” (cfr. CGUE, sentenza 14.9.2000, causa C-348/98, Vitor Manuel Mendes Ferrea ed altri c/ Companhia de Seguros Mundial Confianca SA; id. sentenza 30.6.2005, causa C-537/03, Katja Candolin e altri c/ Vahinkovakuutusosakeyhtio Pohjola; id. sentenza 1.12.2011, causa C- 442/10, Churchill Insurance Company Ltd c/ Benjamin Wilkinson).

Ne segue che il principio comunitario invocato, è invocato a sproposito in quanto l’art. 141 del CPA non trova applicazione alla fattispecie, e comunque è insuscettibile di spiegare la soluzione palesemente illogica adottata dalla Corte d’appello di fondare l’accoglimento della domanda della trasportata danneggiata a causa dello scontro tra i veicoli sulla presunzione di pari responsabilità ex art. 2054 c.c., comma 2, poi però attribuendo la responsabilità esclusiva del danno al conducente del motoveicolo, in quanto non aveva dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitarlo.

Nella specie la domanda originaria era stata proposta nei confronti di entrambi i conducenti dei veicoli (uno dei quali rimasto ignoto, rispondendo per esso la impresa designata dal FGVS anch’essa convenuta nel giudizio in primo grado), e dunque – ferma la integrale risarcibilità del danno a favore della trasportata – oggetto della controversia era anche l’accertamento della responsabilità concorrente del conducente del veicolo rimasto ignoto: orbene, nel caso in cui si accerti la responsabilità del sinistro per presunzione legale, il Giudice di merito non può – se non insanabilmente contraddicendo tale accertamento, che presuppone la impossibilità di verificare nel concreto le singole colpe – attribuire ad uno soltanto dei conducenti coinvolti nello scontro la responsabilità esclusiva delle conseguenze pregiudizievoli subite dal terzo trasportato.

Il secondo motivo è dunque fondato quanto alla censura di nullità processuale di carenza assoluta di motivazione, risultando pertanto superfluo l’esame delle altre censure prospettate.

Il Giudice del rinvio dovrà, pertanto, conformandosi ai principi di diritto sopra richiamati, esplicitare le ragioni per le quali il conducente del veicolo rimasto sconosciuto e, dunque, UNIPOLSAI Assicurazioni s.p.a. (quale incorporante Fondiaria – SAI s.p.a.) n. q. di impresa designata per il FGVS, debba o meno ritenersi corresponsabile del danno.

In conclusione il ricorso trova accoglimento quanto al secondo motivo, infondato il primo. La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Campobasso che provvederà ad emendare il vizio riscontrato, liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Campobasso in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, riconvocata, il 16 aprile 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2020

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