Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11099 del 19/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 19/05/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 19/05/2011), n.11099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 10966/2010 proposto da:

P.C. (OMISSIS), nella qualità di coniuge, nonchè

S.G. (OMISSIS), SO.GR.

(OMISSIS), S.R. (OMISSIS), nella

qualità di figli e tutti eredi legittimi di S.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI 4, presso lo

studio dell’avvocato AVALLONE Nunzio, che li rappresenta e difende,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

Clementina, MAURO RICCI, ALESSANDRO RICCIO, giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 5993/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

26/10/09, depositata il 10/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato Pulli Clementina, difensore del resistente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. ELISABETTA CESQUI che ha

concluso per la manifesta infondatezza del ricorso.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Napoli, regolarmente notificato, S.M. chiedeva la condanna dell’Inps alla corresponsione dell’indennità di accompagnamento ai sensi della L. n. 18 del 1980.

Con sentenza depositata il 26.10.2006 il Tribunale adito, disposta ed espletata consulenza medico legale d’ufficio, in parziale accoglimento della domanda, condannava l’Inps alla corresponsione della chiesta prestazione a decorrere dal 1 gennaio 2006.

Avverso tale sentenza proponeva appello l’originario ricorrente lamentandone la erroneità in relazione alla decorrenza della prestazione riconosciuta.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 26.10 – 11.11.2009, rigettava il gravame.

Avverso questa sentenza propongono ricorso per cassazione P. C., So.Gr., S.R. e S.G., nella qualità di eredi di S.M., deceduto nelle more dell’espletamento del giudizio, con un motivo di impugnazione.

Resiste con controricorso l’Istituto intimato.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

Col predetto ricorso gli eredi del S. lamentano omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti (art. 360 c.p.c., n. 5).

In particolare rilevano che erroneamente la Corte territoriale aveva rigettato il proposto gravame omettendo di valutare il referto neurologico rilasciato il 22.1.2004 dall’Università degli Studi di Napoli e quello rilasciato il 29.4.2004 dall’Ambulatorio dell’Università degli Studi di Napoli dai quali emergeva la necessità in capo al paziente di terapie ed assistenza a tempo indeterminato nonchè l’impossibilità dello stesso di deambulare.

Il Consigliere relatore ha depositato relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che è stata comunicata al Procuratore Generale e notificata ai difensori costituiti.

Il ricorso è infondato.

In proposito ritiene il Collegio di dovere innanzi tutto ribadire l’orientamento di questa Corte secondo cui nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell’assicurato, le conclusioni del consulente tecnico di ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità solo qualora le relative censure contengano la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico – legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico – legale e rientra tra i vizi deducibili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5; in mancanza di detti elementi le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità (Cass. sez. lav., 3.4.2008 n. 8654; Cass. sez. lav., 13.8.2004 n. 15796; Cass. sez. lav., 28.10.2004 n. 20974; Cass. sez. lav., 25.6.2004 n. 11894; Cass. sez. lav., 28.10.2003 n. 16223).

Orbene, la valutazione espressa dal giudice di merito si basa su un apprezzamento di fatto congruamente motivato, rispetto al quale le censure della parte, fondate su una certificazione del gennaio e dell’aprile 2004 già prodotta all’epoca della consulenza suddetta, esprimono una mera valutazione difforme rispetto alle conclusioni cui è pervenuto il C.T.U. nella relazione del 2006; le censure proposte non attengono pertanto a vizi del processo logico, e si risolvono in una inammissibile richiesta, in questa sede di giudizio di legittimità, di revisione del merito del convincimento del giudice sulla base delle predette certificazioni asseritamente non esaminate dal C.T.U. (Cass. sez. lav., 27.11.2007 n. 24637).

Nel caso di specie la Corte territoriale, dopo aver rilevato che il C.T.U. nominato nel primo grado del giudizio aveva espresso il proprio giudizio in base ad un accurato esame della situazione sanitaria del S., ha evidenziato che anteriormente al gennaio del 2006 le patologie da cui lo stesso era affetto non comportavano la impossibilità di attendere agli atti quotidiani della vita nè di deambulare autonomamente, avendo il CTU verificato che anteriormente alla visita dallo stesso effettuata l’interessato era discretamente orientato nel tempo e nello spazio e la deambulazione, se pur in una situazione di progressivo peggioramento, era autonoma anche se presentava difficoltà nei cambi di direzione.

Di conseguenza nessuna nullità dell’impugnata sentenza può nel caso di specie ravvisarsi, avendo correttamente il CTU, e conseguentemente la Corte territoriale, fondato il proprio giudizio sulla base degli elementi esistenti in atti, e di una valutazione corretta ed esaustiva degli stessi.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Trattandosi di giudizio introdotto successivamente al 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, u.c., convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, contenente modifiche alla disciplina prevista in materia di spese nei giudizi previdenziali ed assistenziali dall’art. 152 disp. att. c.p.c.), a tale pronuncia segue la condanna dei ricorrenti al pagamento, in favore dell’Inps, delle spese di giudizio che si liquidano come da dispositivo. Nessuna statuizione in materia va adottata nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, non avendo lo stesso svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alla rifusione in solido, nei confronti dell’Inps, delle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 30,00 per esborsi, oltre Euro 2.000,00 (duemila) per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge; nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2011

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