Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11099 del 19/04/2019

Cassazione civile sez. I, 19/04/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 19/04/2019), n.11099

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19616/2018 proposto da:

O.F.J., alias F.J., domiciliato in Roma,

piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Di Tommaso

Alessandra, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, – Commissione Territoriale per il

Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, del 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1.- Il Tribunale di L’Aquila ha respinto l’opposizione proposta da O.J., cittadino del (OMISSIS), avverso la decisione con la quale la Commissione territoriale di Ancona gli aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria.

Contro il decreto del Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese nel presente grado di giudizio.

2.- Il primo motivo di ricorso assume, in particolare, violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, commi 4 e 5 per “nullità del provvedimento impugnato e degli atti presupposti e conseguenti per omessa traduzione degli stessi in lingua conosciuta allo straniero”; violazione della L. n. 15 del 1968, art. 14 come modificato dal D.P.R. n. 445 del 2002, art. 18 e violazione dell’art. 137 c.p.c.; nullità del provvedimento per mancanza di sottoscrizione”.

Nel concreto, il ricorrente assume che il provvedimento della Commissione territoriale non è stato integralmente tradotto in lingua a lui nota ovvero in una delle c.d. lingue veicolari; che gli è stata consegnata solo una copia libera del medesimo, nonchè priva dell'”attestazione di conformità all’originale”; che l’atto consegnato è “carente della sottoscrizione in originale” e in calce porta la mera dicitura della sussistenza della firma del presidente della Commissione, come apposta digitalmente.

3.- Il motivo non può essere accolto.

In proposito, va prima di tutto rilevato che, secondo l’orientamento di questa Corte, “in tema di protezione internazionale, l’obbligo di tradurre gli atti del procedimento davanti alla commissione territoriale, nonchè quelli relativi alle fasi impugnatorie davanti all’autorità giudiziaria ordinaria, è previsto dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 10,commi 4 e 5 al fine di assicurare al richiedente la massima informazione e la più penetrante possibilità di allegazione. Ne consegue che la parte, ove censuri la decisione per l’omessa traduzione, non può genericamente lamentare la violazione del relativo obbligo, ma deve necessariamente indicare in modo specifico quale atto non tradotto abbia determinato un vulnus all’esercizio del diritto di difesa” (cfr., ad esempio, Cass., 27 maggio 2014, n. 11871).

D’altro canto, va pure rilevato – anche con riferimento agli altri vizi dedotti dal ricorrente, che comunque non contesta l’esistenza del procedimento avanti la Commissione territoriale e l’esistenza del provvedimento di rigetto – che l’astratta nullità dell’atto amministrativo effettuato dalla Commissione “non esonera il giudice adito dall’esaminare il merito della domanda poichè oggetto della controversia non è il provvedimento negativo ma il diritto soggettivo alla protezione internazionale invocata, sulla quale il giudice deve statuire, non rilevando in sè la nullità del provvedimento impugnato ma solo le eventuali conseguenze di essa sul pieno dispiegarsi del diritto di difesa” (Cass., 12 novembre 2018, n. 28990).

4.- Il secondo motivo di ricorso assume che è errata la decisione del Tribunale di non concedere la protezione internazionale al richiedente, nè la protezione umanitaria.

Facendo promiscuo riferimento al provvedimento del Tribunale (inspiegabilmente indicato, peraltro, anche quale “Corte territoriale”) e a quello precedente della Commissione, il ricorrente assume che la motivazione addotta “appare insussistente”: “infatti vengono utilizzate delle frasi che costituiscono delle cosi dette clausole di stile”; che “evidente è l’erronea interpretazione dei fatti, delle dichiarazioni rese da richiedente e dei documenti allegati, di cui la Corte omette ogni valutazione”; che “non può essere certo sufficiente l’affermazione da parte della Commissione che la zona di provenienza del richiedente, il (OMISSIS), non è caratterizzata da violenza generalizzata”; che “lacunosa appare la motivazione adottata dal Tribunale suddetto per decretare il diniego del riconoscimento della protezione sussidiaria e ancor più evidente è l’omessa motivazione in relazione alla dichiarazione che non emergono gravi motivi di carattere umanitario”.

5.- Il motivo non può essere accolto.

Esso in fatti non viene a confrontarsi con le rationes decidendi adottate dal Tribunale aquilano.

Posto di fronte a un racconto del ricorrente, basato sugli “scontri tra i sostenitori del partito (OMISSIS) e (OMISSIS) del gennaio 2015”, il Tribunale ha particolarmente approfondito la più recente evoluzione politica di questo Paese, anche con riferimento alle elezioni politiche tenutesi nel dicembre 2016 (il provvedimento fa specifico riferimento a reports del gennaio 2017).

D’altro canto, in punto di protezione umanitaria, il Tribunale ha constatato che “il ricorrente non pone vicende personali diverse da quella narrata”: come appunto relativa al verificarsi, nel gennaio 2015, di scontri tra partiti politici presenti nel territorio del Paese africano.

6.- In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.

Il ricorrente risulta ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019

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