Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11098 del 27/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 27/04/2021), n.11098

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8040-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.P.M., D.P.G.P., elettivamente 2021 domiciliata

in ROMA, Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di

Cassazione rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE LAI;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA SARDEGNA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 349/2016 della COMM. TRIB. REG. della

SARDEGNA, depositata il 24/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. L’Agenzia delle entrate notificava a D.P.G.P. avviso di liquidazione di imposta di successione calcolata sui valori dichiarati, previo disconoscimento di poste passive in quanto non documentate ed aumento della base imponibile per poste attive forfettariamente calcolate ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 9, comma 2. Il contribuente impugnava l’avviso davanti alla CTP di Cagliari sostenendo fosse carente di motivazione e nel merito infondato. La CTP rigettava il ricorso. In pendenza del termine per l’appello, il contribuente presentava istanza di definizione della lite ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16. L’istanza veniva parzialmente accolta in riferimento alle passività in contestazione e respinta per la parte restante. Il rigetto era motivato con ciò che l’atto impugnato era, per questa parte, un atto meramente liquidatorio e quindi insuscettivo di formare oggetto di condono. Il contribuente impugnava il diniego parziale chiedendo dichiararsi la condonabilità integrale della pretesa impositiva, la nullità del diniego per difetto di motivazione e la decadenza dell’Agenzia dal potere di negare il condono per non avere l’Agenzia dato alla CTP di Cagliari la comunicazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8. Il contribuente e la coerede D.P.M. ricorrevano poi contro le intimazioni di pagamento conseguenti alla notifica di cartelle basate sulla iscrizione a ruolo delle somme per le quali il condono era stato rifiutato. Chiedevano dichiararsi l’illegittimità delle intimazioni per vizi propri e per illegittimità del diniego di condono. I ricorsi di D.P.G.P. contro il diniego e i ricorsi di G.P. e D.P.M. contro le intimazioni venivano riuniti e respinti dalla CTP. Con la sentenza in epigrafe, l’appello dei contribuenti è stato accolto. L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione di questa sentenza con tre motivi, il terzo dei quali articolato in cinque “profili”. I contribuenti resistono con controricorso. L’ente di riscossione, Equitalia Sardegna spa, non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con i primi due motivi di ricorso e con il primo dei cinque profili del terzo motivo, l’Agenzia lamenta, come difetto di pronuncia, come difetto di esame di fatti rilevanti e controversi e come violazione dell’art. 1306 c.c., che la CTR non abbia dichiarato inammissibile il ricorso di D.P.M. avente ad oggetto (anche) il diniego di condono sebbene, come essa Agenzia aveva fatto rilevare, la ricorrente non avesse chiesto il condono e non fosse stata destinataria del relativo diniego parziale;

2. con il secondo profilo del terzo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16 e del D.Lgs. n. 346 del 1992, art. 27, comma 7, per avere la CTR ritenuto che la controversia sull’avviso di liquidazione fosse compresa tra quelle suscettive di condono anche per la parte che invece essa Agenzia aveva ritenuto non condonabile dato che l’avviso aveva contenuto meramente liquidatorio di imposte su valori risultanti dalla dichiarazione (la ricorrente richiama in proposito Cass. 2962/2006);

3. con il terzo profilo del terzo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta la violazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, per avere la CTR affermato che, data la mancata comunicazione ai sensi dell’art. 16, comma 8, da parte dell’ufficio, non poteva essere posta in dubbio la persistente pendenza del rapporto “alla data del condono e quindi l’ammissibilità della domanda e la legittimazione all’impugnazione dei suo diniego”. L’Agenzia eccepisce che tale affermazione è distonica rispetto a ciò che era in contestazione: non la decadenza del contribuente dal diritto di partecipare al condono ma la decadenza dal potere di negare il condono, in cui, secondo il contribuente, sarebbè incorsa essa Agenzia per non aver dato la comunicazione di cui alla L. n. 289 del 2002, comma 8. Quanto alla omessa comunicazione, l’Agenzia aggiunge che, da un lato, per essa “non è prevista sanzione”, da un altro lato e ancora prima, che, nel caso di specie, la comunicazione non poteva essere effettuata posto che non vi era una commissione di fronte alla quale la causa pendesse essendo stata già emessa la sentenza di primo grado e non essendo stato ancora incardinato l’appello;

4. con il quarto profilo del terzo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta la violazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 27, per avere la CTR affermato che l’imposta oggetto di controversia fosse da qualificarsi in parte come principale e in parte come complementare (e che “da ciò derivava che il contribuente aveva diritto a beneficiare del condono con conseguente illegittimità del diniego”). Sostiene l’Agenzia che, al contrario, trattavasi, “nella totalità, di imposta principale… determinata ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 33, comma 1”. Non erano state ammesse al condono – rileva ancora l’Agenzia – passività dichiarate e risultate “non idoneamente documentate” nonchè l’importo, frutto, “di attività di mera liquidazione” pari al 10% sul valore dichiarato, D.Lgs. n. 346 del 1990 ex art. 9, comma 2;

5. con il quinto profilo del terzo motivo di ricorso l’Agenzia lamenta la violazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 9 e dell’art. 2728 c.c. per avere la Ctr affermato che, essendo mancata la prova della sottrazione di beni dalla base imponibile, dovevasi ritenere che l’ufficio avesse errato nel maggiorare la base imponibile dichiarata del 10% ai sensi del suddetto art. 9. Sostiene l’Agenzia che l’art. 9 impone la quella maggiorazione del valore netto imponibile salvo il caso – incontestatamente non verificatosi – di analitico inventario attestante la sussistenza di presupposti per una percentuale diversa;

6. i contribuenti resistono con controricorso.

considerato che:

1. merita ricordare che in base a(lla parte che interessa de)lla L. n. 289 del 2002, art. 16, “1. Le liti fiscali pendenti, ai sensi del comma 3, dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle seguenti somme….3. Ai fini del presente articolo si intende: a) per lite pendente, quella in cui è parte l’Amministrazione finanziaria dello Stato avente ad oggetto avvisi di accertamento, provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge, è stato proposto l’atto introduttivo del giudizio, nonchè’ quella per la quale l’atto introduttivo sia stato dichiarato inammissibile con pronuncia non passata in giudicato. Si intende, comunque, pendente la lite per la quale, alla data del 29 settembre 2002, non sia intervenuta sentenza passata in giudicato… 8. Gli uffici di competenti trasmettono alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello nonchè’ alla Corte di cassazione, entro il 15 giugno 2004, un elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata domanda di definizione. Tali liti sono sospese fino al 31 dicembre 2004 ovvero al 30 aprile 2006 per le liti definite con il pagamento in un massimo di dodici rate trimestrali. L’estinzione del giudizio viene dichiarata a seguito di comunicazione degli uffici di cui al comma 1 attestante la regolarità’ della domanda di definizione ed il pagamento integrale di quanto dovuto. La predetta comunicazione deve essere depositata nella segreteria della commissione o nella cancelleria degli uffici giudiziari entro il 31 dicembre 2004 ovvero il 30 aprile 2006 per le liti definite con il pagamento in un massimo di dodici rate trimestrali. Entro la stessa data l’eventuale diniego della definizione, oltre ad essere comunicato alla segreteria della commissione o alla cancelleria degli uffici giudiziari, viene notificato, con le modalità’ di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, all’interessato, il quale entro sessanta giorni lo può’ impugnare dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite. Nel caso in cui la definizione della lite è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la sentenza può essere impugnata unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla sua notifica”. Questo essendo il quadro normativo di riferimento, va poi richiamata la recente sentenza di questa Corte n. 31804/2019 che ricostruisce l’evoluzione e definisce rassetto della giurisprudenza di legittimità in tema di ambito applicativo dell’art. 16 riguardo, specificamente, alle liti su avvisi di liquidazione di imposte di successione. dell’imposta principale di successione. In detta sentenza viene ricordato la precedente n. 8196 del 2011 secondo cui: “In tema di condono fiscale, esulano dal concetto normativo di lite pendente e, quindi, dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, soltanto le controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni, con la conseguenza che rientra nell’ambito applicativo del beneficio, la controversia conseguente all’impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di successione il quale partecipi nella sostanza alla funzione propria dell’accertamento, in quanto emesso previa valutazione e rettifica, da parte dell’ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell’effettiva esistenza delle passività dichiarate, derivandone, in tal caso, la persistente controvertibilità del presupposto della materia imponibile”. Viene poi evidenziato che “in questa prospettiva non sembra certamente più vero che l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione contenga “necessariamente una valutazione di congruità, e non sia finalizzato alla mera o automatica liquidazione e riscossione dell’imposta, in base a valori incontestati ed a parametri prestabiliti”. Viene aggiunto che “l’orientamento espresso sembra preludere a quanto più recentemente affermato da questa Corte circa la possibilità che l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione esuli dal concetto normativo di lite pendente se emanato sulla base di dichiarazione proveniente dagli eredi, senza rettifica di valori e senza irrogazione di sanzioni”(Cass. n. 20898 del 2014)”. In riferimento al caso di specie, l’avviso di cui trattasi era stato emanato sulla base della dichiarazione proveniente dagli eredi, ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 33, con disconoscimento di passività in quanto non documentate e con calcolo dell’imposta sul restante dichiarato, previo relativo incremento del valore del dichiarato nella misura del 10%, ai sensi del medesimo D.Lgs., art. 9, comma 2, (“Si considerano compresi nell’attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico redatto a norma degli artt. 769 c.p.c. e ss. non ne risulti l’esistenza per un’importo diverso”). La controversia, per quanto concerne la parte ritenuta con l’impugnato provvedimento di diniego di condono esulante dal novero delle controversie suscettive di condono, era effettivamente da ritenersi tale;

2. da quanto precede consegue che il secondo, il terzo e il quinto profilo del terzo motivo – che, tutti, veicolano doglianze inerenti l’affermata (dalla CTR) illegittimità del parziale diniego di condono – sono fondati e devono essere accolti;

3. i primi due motivi di ricorso e il primo dei cinque profili del terzo motivo restano assorbiti;

4. il quarto dei profili del terzo motivo è inammissibile. L’Agenzia rileva che la CTR, chiamata a decidere dell’eccezione sollevata dai contribuenti riguardo alla decadenza dal potere di negare il condono, in cui essa Agenzia sarebbe incorsa per non avere dato alla CTP di Cagliari (giudice dell’originario avviso di liquidazione) la comunicazione di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, invece di pronunciarsi su quella eccezione ha dichiarato che il contribuente D.P.G.P. non era decaduto dal potere di chiedere il condono. Data la circostanza rilevata, l’Agenzia non ha interesse alla doglianza veicolata con il profilo -ora in esame- del terzo motivo di ricorso. Dacchè la sua l’inammissibilità ex art. 100 c.p.c.;

5. in ragione dei motivi accolti la sentenza impugnata deve essere cassata. Resta da decidere delle eccezioni sollevate dai contribuenti in riferimento a dedotti vizi propri delle cartelle di pagamento. Per questo motivo occorre rimettere la causa alla CTR della Sardegna in diversa composizione;

6. il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese dell’intero processo.

PQM

la Corte accoglie il secondo, il terzo e il quinto profilo del terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il primo e il secondo motivo di ricorso e il primo profilo del terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il quarto profilo del terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti del terzo motivo di ricorso e rinvia la causa, anche per le spese, alla CTR della Sardegna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio svolta con modalità da remoto, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2021

 

 

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