Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11096 del 19/04/2019

Cassazione civile sez. I, 19/04/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 19/04/2019), n.11096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11851/2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Roma, via Barnaba Tortolini

n. 30, presso lo studio del Dott. Placidi Alfredo, rappresentato e

difeso dall’avvocato Romiti Daniele, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2318/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

pubblicata il 09/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2019 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con sentenza depositata il 9 ottobre 2017, la Corte di Appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto da C.M., cittadino del Mali, avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 30 maggio 2016, che, confermando il provvedimento della Commissioni territoriale, gli aveva negato sia il diritto alla protezione internazionale (status di rifugiato e protezione c.d sussidiaria), sia pure il diritto alla protezione per motivi umanitari.

2.- A supporto della decisione adottata. La Corte territoriale ha posto, in specie, la formulazione di un “giudizio di non piena attendibilità delle dichiarazioni” del richiedente, “molto vaghe e su alcuni aspetti anche contraddittorie”, e di “pretestuosità” delle medesime, pure aggiungendo di ravvisare, tra le “ragioni principali” dell’espatrio compiuto del richiedente, la motivazione di “ordine economico”.

Sulla base di ciò, la Corte ha ritenuto essere “evidente che non sussistono i presupposti per il riconoscimento di qualsiasi forma di protezione internazionale non ravvisandosi in capo all’appellante nessuna effettiva situazione di pericolo”; “e neppure una condizione di particolare vulnerabilità, non potendosi questa identificare nell’esigenza, abbastanza comune, di fare fortuna”.

3.- Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso C.M., sviluppando due motivi di cassazione.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese in questo grado di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il primo motivo di ricorso assume violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,comma 1, lett. c), D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 5 e art. 19, comma 1 nonchè omesso esame di fatto storico decisivo per il giudizio. Il secondo motivo di ricorso assume, a sua volta, violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5,comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, come pure omesso esame di fatto storico decisivo per il giudizio”.

5.- I due motivi vanno esaminati in modo congiunto, in ragione della sostanziale omogeneità della prospettiva che i due motivi vengono ad assumere.

6.- Il primo motivo rimprovera alla Corte di Appello di essersi “limitata a escludere, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero di quella umanitaria, il pericolo in caso di rientro nel Paese di origine”, “senza alcuna considerazione della situazione oggettiva del Paese di origine”.

Il secondo motivo, dal canto suo, viene a censurare la pronuncia della Corte territoriale per “avere escluso il riconoscimento della protezione umanitaria”, “senza considerare nè la situazione di analfabetismo e di indigenza del richiedente nel Paese di origine, nè il suo inserimento sociale e lavorativo in Italia”.

7.- Di frequente, la giurisprudenza di questa Corte ha segnalato la forte peculiarità della ripartizione dell’onus probandi nei giudizi di protezione internazionale.

Come ebbe a rilevare, in particolare, già la sentenza delle Sezioni Unite 17 novembre 2008, n. 27310 (con diretto riferimento alla Direttiva 2004/83/CE), in questa materia il giudice deve “svolgere un ruolo attivo nell’istruzione della domanda, disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario e libero da preclusioni e da impedimenti processuali, oltre che fondato sulla possibilità di assumere informazioni e acquisire tutta la documentazione necessaria”: in proposito deve dunque “ravvisarsi un dovere di cooperazione del giudice nell’accertamento dei fatti rilevanti… e una maggiore ampiezza dei suoi poteri istruttori officiosi”.

8.- Secondo i più recenti svolgimenti dell’orientamento così sviluppato da questa Corte, il dovere di attivazione del giudice ha come presupposto che “il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi della sua personale esposizione al rischio”.

All’assolvimento di tale onere della parte è in via diretta conseguente “il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, e in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si verifichino fenomeni” tali da giustificare l’applicazione della protezione internazionale (entrambi i passi appena riportati sono stati tratti da Cass., 31 gennaio 2019, n. 3016).

Come ha rilevato, per altro verso, la pronuncia di Cass. 28 giugno 2018, n. 17069, “il giudice del merito ha la possibilità e dunque il dovere… di accertare d’ufficio, mediante le informazioni attingibili presso la Commissione nazionale per il diritto di asilo o da altre fonti, se e in quali limiti”, nei luoghi indicati dal ricorrente, “si registrino fenomeni di violenza indiscriminata” o altri comunque destinata a comportare la normativa di applicazione della protezione internazionale.

E’ dunque pure da escludere, tra l’altro, l’eventuale rilevanza di precondizioni ulteriori per l’attivazione del detto dovere di cooperazione istruttoria, quale quella rappresentata dalla ritenuta credibilità del racconto fatto dal ricorrente o anche la constatata specificità del medesimo. Del resto, la figura della cooperazione istruttoria del giudice non risponde a ipotetici intendimenti di ordine premiale, bensì deriva dalla peculiare situazione oggettiva che sta alla base, e giustifica (come riflesso del diritto costituzionale di asilo), l’applicazione della normativa della protezione internazionale.

9.- Alla rilevazione della positiva sussistenza del dovere di approfondimento istruttorio segue che non può ritenersi corretta e adeguata la decisione del giudice del merito che, nel respingere la richiesta di protezione, si limiti a fornire indicazioni generiche e approssimative sulla situazione del Paese interessato dalla domanda del richiedente. Chè ciò equivale, come appare evidente, a negare la stessa sussistenza di un dovere di questo tipo (cfr. Cass., 28 giugno 2018, n. 17075).

L’assolvimento del quale comporta, invece, l’assunzione – e quindi pure la relativa indicazione nell’ambito del tessuto motivazionale – di informazioni specifiche, attendibili e aggiornate, non risalenti rispetto al tempo della decisione (tra le altre, cfr. in particolare Cass., 12 dicembre 2108, n. 28990; nonchè la già richiamata Cass., n. 17069/2018, ove pure ulteriori riferimenti).

Dal che deriva pure, inter alia, la necessità di riportare, nel contesto della motivazione svolta, le fonti di informazione utilizzate, come quelle che per l’appunto stanno a fondamento e giustificazione del convincimento che nel concreto viene espresso dal giudice.

Non potendosi comunque ritenere fatti di comune e corrente conoscenza quelli che vengono via via ad accadere nei Paesi estranei a quelli della Comunità Europea, la mancata indicazione delle fonti specificamente utilizzate dal giudice per fondare la decisione assunta implica, in buona sostanza, che quest’ultima esprima una valutazione meramente soggettiva; e comporta, in via correlata, che la stessa risulta connotata da difetto di motivazione o, comunque, da una motivazione meramente apparente.

10.- Nel caso qui in giudizio, la sentenza della Corte territoriale non ha ritenuto di effettuare alcuna indagine circa la situazione politica, sociale e civile del Paese di origine del richiedente. Essa ha senz’altro ritenuto sufficiente basarsi, in proposito, su una frase generica e risalente nel tempo del richiedente (perchè estrapolata da un’audizione svoltasi nel 2015: “nel mio Paese prima c’era la guerra e anche adesso ogni tanto ci sono problemi verso il Nord”).

Sì che il “deficit istruttorio” risulta, nella specie, del tutto palese. In effetti, la sentenza viene a formulare un giudizio di tratto sommario, non corroborato da fonti oggettive e attendibili e non aggiornato al tempo della decisione (essendo trascorsi più di due anni dal tempo dell’audizione).

Con la conseguenza che la sentenza, oltre a essere affetta da una motivazione solo apparente, viene pure a violare il disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

11.- Il primo e il secondo motivo di ricorso sono pertanto da ritenere fondati.

Di conseguenza, va cassata la sentenza impugnata e la controversia rinviata alla Corte di Appello di Bologna, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Bologna, che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2019

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