Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11093 del 05/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2017, (ud. 18/01/2017, dep.05/05/2017),  n. 11093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2219-2016 proposto da:

P.M.C., P.G., in qualità di eredi del

Sig. Pa.Gi., elettivamente domiciliati in ROMA 00193, VIA

CRESCENZIO 14, presso lo studio DI TANNO E ASSOCIATI STUDIO LEGALE

TRIBUTARIO, rappresentati e difesi dagli avvocati ENRICO PAULETTI,

ROSAMARIA NICASTRO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 3742/35/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 27/05/2015, depositata il 26/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 18/01/2017 dal Consigliere Dott. CIRILLO ETTORE.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), osserva con motivazione semplificata:

Gli Eredi P. ricorrono per la cassazione della sentenza della CTR – Lazio che il 26 giugno 2015, riformando la decisione della CTP – Roma, ha rigettato la domanda di rimborso dell’IRAP versata, per gli anni d’imposta dal 2004 al 2008, dal de cuius Pa.Gi. L’avvocatura erariale non spiega difese.

I ricorrenti legittimamente censurano – per violazione di norme di diritto sostanziali (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2; art. 2195 c.c.) e correlato deficit motivazionale (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – la sentenza d’appello laddove questa asserisce semplicemente che “l’appellato non ha provato che sussistono elementi tali da non far prefigurare l’esistenza di un’autonoma organizzazione” e tenta di giustificare tale asserzione richiamando genericamente il contenuto delle dichiarazioni fiscali e in particolare quello del quadro RF, del quale si dice semplicemente che “sono stati riportati ai fini delle determinazione di eventuali utili o perdite, tutti i ricavi ed i costi inerenti l’esercizio dell’attività esercitata, elementi questi ultimi propri dell’attività di impresa”. Osservano gli Eredi P. che il contribuente svolgeva unicamente attività di mero promotore finanziario della Cassa Lombarda in assenza di propri dipendenti e/o collaboratori e con ammortamenti di beni strumentali modestissimi dal 2004 al 2007 ed assenti nel 2008, come dedotto e documentato sin dal primo grado e accertato dalla CTP.

Orbene, esaminando congiuntamente i due motivi di ricorso, la Corte rileva che il giudice regionale avrebbe dovuto verificare nel dettaglio il requisito impositivo dell’autonoma organizzazione che ricorre quando il contribuente: a) sia responsabile dell’organizzazione; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure impieghi più di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive (Cass. s.u. n. 9451 del 2016). Per far sorgere l’obbligo di pagamento del tributo è necessaria, dunque, “l’esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid plutis che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista”; ovverosia “si deve… trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perchè capace… di rendere più efficace o produttiva l’attività” (s.u. 2016, cit.).

Più in dettaglio, con riguardo specifico alla figura del promotore finanziario, il giudice d’appello avrebbe dovuto considerare che “l’autonoma organizzazione sussiste quando il contribuente sia anche responsabile dell’organizzazione, e quindi non inserito in una struttura facente capo ad altri”, per cui “non sono soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata” (Cass. s.u. n. 21111 del 2009; conf. Cass. n. 22535 del 2016), Nè rilevano di per se stessi i dati reddituali contenuti nelle dichiarazioni fiscali, poichè l’entità dei ricavi conseguiti è irrilevante al fine della ricorrenza del presupposto dell’autonoma organizzazione (Cass. n. 22705 del 2016).

Tali parametri orientativi non risultano globalmente rispettati nè concretamente valutati, ove si consideri che, con ragionamento del tutto anapodittico, il giudice di appello trascura gli indicatori offerti dalla difesa privata circa lo stabile rapporto di collaborazione con la Cassa Lombarda, l’apporto di modestissimi ausili strumentali e l’assenza di personale dipendente. Il che rende indispensabile un’indagine, invece, completamente omessa dal giudice regionale. Egli, nell’esaminare i fatti di prova, si è limitato ad enunciare il suo giudizio sfavorevole alla parte contribuente; però questo è solo il contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, dovendo il giudicante anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale passa dalla sua situazione d’iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa (Cass. n. 15964 del 2016).

La sentenza d’appello – puramente figurativa, sostanzialmente elusiva e praticamente omissiva – deve, pertanto, essere cassata con rinvio al giudice competente che, sulla scorta degli enunciati principi e in diversa composizione, procederà a nuovo e motivato esame e regolera anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza d’appello e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2017

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